Porto di Trieste prossimo ad essere “porto franco”

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Il futuro del porto di Trieste e di Monfalcone è stato al centro dell’incontro “Priorità nei Porti di Trieste e Monfalcone-Prospettive, scenari di mercato e riflessi sul territorioorganizzato da Confcommercio Trieste.

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«Il porto franco arriverà per forza a Trieste. Nella sua forma massima possibile, il porto franco è nato in un periodo di conflitti totali – ha detto l’ex presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Adriatico orientale e già presidente dei porti europei, Zeno d’Agostino -. E durante i conflitti totali si ha bisogno di spazi franchi in cui poter fare le cose. In una situazione caotica dal punto di vista politico e geopolitico servono spazi franchi per fare attività industriale. Questa cosa, anche inconsciamente, è già entrata nell’agenda di qualcuno. Rispetto ad altri territori qui c’è tanto da fare, tante attività».

Parlando dei progetti in corso per lo sviluppo dello scalo giuliano, il commissario straordinario dell’Autorità portuale, Vittorio Torbianelli, ha spiegato come «il bilancio del loro avanzamento è assolutamente positivo». Per quanto riguarda in particolare i progetti Pnrr, ha aggiunto, per la stazione ferroviaria di Servola – «ovvero il progetto più cospicuo, di 180 milioni, Invitalia sta per aggiudicare finalmente i lavori». Per il Molo VIII «abbiamo già messo sulla rampa di lancio le procedure che dobbiamo fare», una prospettiva di sviluppo che si integra alla stazione di Servola, perché, ha sottolineato Torbanelli, «non si fa il molo se non c’è ferrovia a Trieste».

La spartizione politica delle nomine di segretario generale e presidente di un Porto «non ha nessun senso» ed è «un’usanza barbara che si vede solo sugli scali italiani – ha sottolineato D’Agostino -. Se c’è una cosa che in Porto va fatta è che nel momento in cui si sceglie il presidente, questo deve essere libero di scegliersi il segretario generale. Io rimango basito, se non schifato, quando sui giornali leggo che il presidente lo sceglie l’uno e il segretario l’altro e rimango schifato perché i giornalisti non denunciano mai questa cosa, la prendono come qualcosa di normale. A Genova è la normalità. E’ una cosa che mi fa schifo che si possa pensare che nella gestione manageriale di un Porto il presidente non sia libero di scegliersi il segretario generale».

Una situazione incresciosa, quella genovese, che a Trieste non è accaduta: «a me questo non è successo – ha precisato D’Agostino -. Ho sempre avuto la libertà di scegliere e ne sono felice. Questa cosa è importantissima: è importante che ci sia una fiducia fortissima fra presidente e segretario e che si lascino liberi i presidenti di scegliere i segretari. Se qualcuno vuole fare il bene dei porti italiani, oltre a scegliere i presidenti, li lasci liberi di scegliere i segretari».

Per il presidente di Confcommercio Trieste, Antonio Paoletti, per il porto di Trieste «sarebbe auspicabile che diventasse una base Nato, essendo posto in una regione cruciale per il contenimento cinese, sia in termini economico-commerciali sia in caso di un eventuale conflitto mondiale».

Porto Trieste-Porto Nato inteso come base logistica, ha precisato Paoletti, «è un argomento di cui si sta già parlando: potrebbe essere un’opportunità, perché vorrebbe significare una base di sicurezza per trasporto di merci, logistiche, forniture di armi qualora ce ne fosse bisogno. Nelle grosse difficoltà del momento geopolitico, con le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, ci si apre la possibilità, vista la collocazione geografica e geopolitica del porto di Trieste, che questo diventi una base Nato di sicurezza. Si stanno attrezzando un po’ tutti per creare con un porto importante vicino questi scenari dell’Est Europa pronto a intervenire, a fornire merci e armi, qualora ce ne fosse bisogno in caso di escalation».

Tra i temi affrontati anche la “Via del cotone” per unire le economie europee a quella indiana in forte espansione: «in questo contesto – ha spiegato Paoletti – il Porto di Trieste assume sempre di più un ruolo strategico. Il suo futuro dipende dagli interessi degli attori coinvolti e dall’equilibrio che l’Italia dovrà trovare. Di sicuro c’è l’interesse degli Usa affinché il Porto rimanga indipendente da ogni ingerenza, soprattutto nella ricerca di partner per progetti di sviluppo. Ma affinché la “Via del cotone” venga realizzata sarà opportuno che vi sia una maggiore attenzione alle politiche che favoriscono la crescita di industrie locali e relazioni commerciali sostenibili».

 

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