CONSIGLIO PAT * TERZA COMMISSIONE: «PETIZIONE SUL LAGO D’IDRO, CONSULTAZIONE CON I REFERENTI»

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17.18 – martedì 25 febbraio 2025

Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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In Terza commissione i referenti della petizione sul lago d’Idro. Due i temi affrontati questa mattina dalla Terza commissione, presieduta da Vanessa Masè della Civica. Si è iniziato con la consultazione con i referenti della petizione 4 relativa alla gestione dell’acqua del lago d’Idro. Poi è stata la volta delle audizioni sulla gestione e sull’attività degli enti parco e delle reti di riserve e sulla gestione naturalistica del territorio provinciale.

La petizione 4 sul lago d’Idro
La petizione 4 chiede di fare il possibile per bloccare l’intervento previsto dalla Regione Lombardia di rifacimento della traversa di chiusura del lago che regola il livello d’acqua. In particolare i referenti chiedono si blocchino il procedimento di Via e le procedure per l’affidamento degli appalti. Oggi prima dell’inizio dei lavori la presidente Vanessa Masè ha fatto riferimento alle dichiarazioni lette sulla stampa e precisato che non c’è stata nessuna irritualità nella gestione della Commissione: semplicemente per poter procedere si deve calendarizzare il punto all’ordine del giorno.

Nello stendere la convocazione si deve, pena l’invalidità della Commissione, ha precisato, includere l’assessore competente. Masè ha quindi ricordato che la tematica è a cavallo tra gli assessorati di Zanotelli e Gottardi e che alla scorsa seduta era stata invitata Zanotelli: al suo posto era presente il dirigente Romano Masè che, in quella sede, non ha fatto interventi di natura politica, ma fornito semplicemente ai commissari un riassunto storico dello stato dell’arte.

Nessuna irritualità, dunque, nessuna presa di posizione della struttura, né dei commissari, ma un passaggio fatto solo per poter sentire oggi gli auditi con consapevolezza. Sempre Masè si è detta dispiaciuta per il fraintendimento che si è creato e, per evitarne di ulteriori, ha spiegato come è l’iter della petizione. Nella relazione conclusiva dei lavori, ha precisato, la Commissione può prendere delle posizioni rispetto ai punti presentati, ma la Commissione non ha potere né legislativo, né impositivo rispetto alle fasi successive.

La parola è passata quindi agli auditi, arrivati accompagnati all’esterno di palazzo Trentini da una quarantina di persone intervenute a supporto dei referenti della petizione. Gianluca Bordiga, presidente dell’Associazione amici della terra lago d’Idro valle Sabbia, ha auspicato un pronunciamento dei commissari. Ha parlato dell’attività dell’Associazione, di 20 anni di battaglie fatte con il filo di ferro e in mezzo alle difficoltà, snobbati dalle istituzioni, derisi dalla Regione Lombardia, al termine dei quali si è vinta la battaglia facendo uscire dal lago il deflusso minimo vitale.

Pur di non alzare il lago si diede ordine di aprire una galleria chiusa da anni non più collaudata, quella degli Agricoltori, che tutt’ora è chiusa: una violenza, ha detto il referente. Bordiga ha ricordato i sacrifici fatti per amore del lago, economici e non solo. Ha chiesto rispetto per l’amore per il territorio e ha chiesto una spiegazione dalla Provincia: è d’accordo o meno con il progetto? E perché il lago d’Idro non deve meritare la stessa salvaguardia degli altri territori? Perché il lago d’Idro non può avere un’escursione massima di un metro e mezzo come tutti gli altri laghi? Ha chiesto risposte in merito ai commissari e all’assessore Giulia Zanotelli, presente ai lavori.

Si provi a proporre al lago di Garda, di Como, d’Iseo un’escursione di tre metri, ha aggiunto. Ancora: non ci si aspetta che si risolva la questione, ma un pronunciamento in coscienza, se ci sarà silenzio sarà una risposta negativa. Perché per un progetto del 2013 di regolazione del lago viene prorogata la Via per dieci anni? ha chiesto Bordiga. E riferito a Zanotelli: in val di Non si sono fatti impianti encomiabili per l’irrigazione, perché nella pianura bresciana si irriga ancora come nell’Ottocento? Perché il lago d’Idro non può avere la stessa dignità degli altri laghi? ha concluso. La presidente Masè ha ricordato che la fase di oggi è di interlocuzione, di ascolto e di approfondimento.

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Il socio storico dell’Associazione amici della terra lago d’Idro val Sabbia Alex Marini ha ricordato che petizione è stata presentata anche al Consiglio regionale della Lombardia ed ha auspicato un iter analogo a quello di questa sede. Marini ha trattato della modifica della natura del progetto: nel 2011 venne presentato come galleria di bypass della paleofrana, oggi il monitoraggio sulla frana ha messo in luce il fatto che non rappresenta un pericolo imminente, si è quindi modificato quindi il progetto con denominazione “nuove opere di regolazione”. passando da un’opera sulla sicurezza del territorio a un’opera di regolazione delle acque.

Nel 2023, ha ricordato poi, scadeva il progetto della galleria di bypass, per rinnovare il provvedimento di Via è stata siglata una convenzione che è scaduta e che prevedeva un protocollo operativo di coordinamento istituzionale degli enti territoriali coinvolti. È venuto meno un elemento fondamentale della convenzione, ha sottolineato, l’informazione e la partecipazione informata della popolazione. Si è riscontrata inoltre durante l’iter ministeriale l’assenza di informazione agli enti territoriali interessati dall’opera, ha dichiarato. Marini ha ricordato sul punto che, interpellata con un’interrogazione, la Commissione europea ha risposto che il diritto alla partecipazione pubblica deve essere garantito prima della decisione, soprattutto nel momento in cui si verifica un cambio di progetto, che deve essere garantito il coinvolgimento degli enti senza eccezione e che va rispettata la Convenzione di Aarhus sui processi decisionali.

In virtù dell’autonomia, ha aggiunto Marini, la Pat ha proprie norme per disciplinare la questione e voce in capitolo perché il lago è collocato anche in Trentino dove insiste pure un biotopo protetto. Quindi il riferimento all’impatto ambientale dei lavori: il lago subirà un abbassamento per un totale di 20 mesi per il lavoro, poi gli sbalzi dei livelli diverranno sistematici con un’escursione prevista di 3 metri. E le richieste: si chiede che la Provincia si esprima a favore della petizione, che si solleciti l’invalidazione del provvedimento di Via evidenziandone le anomalie, gli strumenti ci sono e non ci sono scuse per non usarli. Ha proposto un parallelismo con la diga del Vanoi. Ancora, ha chiesto pro futuro, di garantire che le future decisioni sul lago vengano fatte coinvolgendo le popolazioni locali, della valle del Chiese e del Sabbia e i turisti.

Maurizio Siligardi, ecologo fluviale e docente dell’Università di Trento, ha illustrato il funzionamento del lago, un ecosistema bagnato di cui fa parte una fascia riparia. Quest’ultima ha una funzione tampone delle sostanze organiche e protegge il lago. Il lago di Idro è un lago meromittico, al di sotto di una certa quota – 32 metri – non ha ossigeno, il lago è morto, ha spiegato, per mancanza del fenomeno del ribaltamento delle acque che produce ossigenazione. Il lago di Idro è fragile, ha aggiunto, l’abbassamento del lago incide sulla fascia riparia e produce la scopertura di una fascia dove vivono individui in gran parte sessili che sono l’alimento preferito dei pesci. Viene quindi a mancare una fascia trofica di alimentazione per i pesci. Abbassando l’acqua del lago si abbassa quella del biotopo, ha aggiunto Siligardi, che non diviene più un biotopo umido, ma secco.

Il sindaco di Idro Aldo Armani ha proposto un’immagine: sembra di essere davanti a un grande malato che rischia di morire, con un’escursione di 3 metri e 25 ci si troverebbe di fronte a un cadavere. Verrebbero meno per il sindaco l’aspetto ecologico, quello politico, quello umano, ma anche la vita del territorio: dalla fine degli anni Cinquanta, ha spiegato, il territorio vive per un 80-90% di un’economia turistico-ricettiva. Ci sono glamping a 5 stelle che vedono un turismo di elevatissima qualità, si parla di operatori che vogliono lavorare per 12 mesi all’anno. Ciò significa economia, non si può pensare di veder retrocedere il territorio per un regio decreto del 1917 e per una regola sperimentale che ha portato l’escursione a 3 metri e 25, ha affermato Armani che ha ricordato il sostegno delle persone intervenute fuori da palazzo Trentini. Il lago è un bene comune, ha aggiunto, e abbiamo il dovere di mantenerlo per l’intera comunità e per le future generazioni; l’uomo è bravo a distruggere, ma non sa ricostruire ciò che ci hanno dato l’ambiente e la natura, sarebbe un grave peccato e una responsabilità collettiva distruggere il lago di Idro.

L’assessore Giulia Zanotelli ha ringraziato Vanessa Masè per aver dato spazio alla relazione del dirigente Romano Masè, che è stata tecnica, ha sottolineato. Ha ricordato la competenza condivisa con l’assessore Gottardi e proposto alcune precisazioni. Al netto delle posizioni, ha affermato, bisogna partire dalle competenze di ciascuno: spiace sentire che rispetto ad altre azioni di altri territori vengano usate espressioni molto forti. La Via è di competenza nazionale e le risorse sono statali/della Regione Lombardia, ha aggiunto: la Provincia autonoma di Trento, per quante azioni possa fare, non può impedire di impegnare le risorse sul progetto. La struttura sta seguendo la questione analizzando una serie di elementi, ha assicurato Zanotelli rilevando poi inesattezze importanti nella petizione su ciò che la Provincia di Trento può fare. Ha quindi ricordato la tutela del Sic e il lavoro con Aipo. Sulla procedura di proroga, essendo il tema nazionale, non è prevista una partecipazione pubblica, ha aggiunto, ma i documenti sono pubblici sul sito del Ministero. Sul tema irriguo ha ricordato di non aver competenza sul territorio della Provincia di Brescia, mentre il Trentino lavora e continuerà a farlo anche grazie alle competenze degli istituti di ricerca.

Walter Zecchi, ex vicesindaco, ha parlato del Sic e ripercorso l’iter che ha portato all’attuale Via, individuando un’anomalia delle procedure. Speriamo si possa procedere tassativamente al fatto che ci sia un’ulteriore Via a giustificazione degli anni trascorsi e sul fatto che la stabilizzazione del lago a 1 metro e 30 ha portato a una situazione di equilibrio sul territorio, ha detto.

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Il dibattito
Vanessa Masè ha chiesto chiarimenti relativamente al cambio di denominazione e scopo del progetto e chiesto un approfondimento sulla necessità di contemperare le necessità idroelettriche e di mantenimento del lago. Ha risposto il sindaco Armani a partire dalla paleofrana, il cui monitoraggio ha portato al cambio di denominazione del progetto. Evidente è che il progetto, ha affermato, è nato perché le opere non erano più idonee. Ha fatto riferimento alle dighe: uno dei compiti essenziali di fronte a una concessione idroelettrica è di laminare le piene e garantire l’acqua per uso umano e irriguo.

Chi ha gestito i bacini a monte ha fatto in modo eccellente il proprio lavoro perché non ci sono state esondazioni, ma Aipo ha creato nella sua gestione due rischi di esondazione nel 2023 e nel 2024. Ha poi indicato una differenza sostanziale tra il progetto di messa in sicurezza a quello di rifacimento delle opere. Se l’escursione del lago non è necessaria per laminare le piene si spieghi perché si vuole ancora fare un’escursione di 3 metri e 25, ha detto. Marini ha aggiunto che in estate, quando gli agricoltori hanno bisogno di acqua, chiedono di prelevarne di più. Sono stati siglati accordi con la Pat per obbligare Dolomiti Energia per maggiori rilasci per compensare i prelievi per soddisfare le esigenze degli agricoltori; sarebbe interessante sapere come si è realizzato l’accordo e gli indennizzi per i rilasci. Ha precisato che si è consapevoli sulle competenze di Stato, Regioni e Province, ma ha rimarcato l’assenza di informazione e partecipazione.

Michela Calzà (Pd) ha rilevato un tempo scarso per la trattazione del punto in Commissione e detto di aver piacere di approfondire l’aspetto tecnico: il punto meritava almeno la mattinata, lo si è fatto anche per questioni più localistiche. Ha chiesto di programmare un nuovo incontro in modo da poter anche preparare e porre domande alla parte tecnica. Ha raccolto l’invito dei referenti a un sopralluogo della Commisione sul lago d’Idro e sul Sic. Ha quindi affermato che l’aspetto della biodiversità riguarda la vita di tutti noi, non solo la fascia riparia, e meriterebbe un approccio sistemico e trasversale. Oggi la discussione è alimentata dalle questioni amministrative, ma sul lago va fatto per Calzà un ragionamento di tutela sull’escursione perché a rischio c’è la vita del lago, del fiume e del Sic, dove la Pat ha responsabilità di mantenimento. Masè ha parlato di una critica fuori luogo, sulla petizione oggi si è solo al primo passaggio, in apertura. Come è stato fatto per le altre petizioni trattate in Terza commissione, ha aggiunto, si dedicherà a questa petizione tutto il tempo necessario all’approfondimento.

Lucia Coppola (AVS) ha interpretato le parole di Calzà non come una critica, ma come un invito a approfondire un tema così importante. Quando si parla di un territorio con una preziosità così significativa da tutti i punti di vista merita approfondimento. Troppo sbrigativo per Coppola l’intervento dell’assessora che rimanda tanto ad altri responsabilità anche nostre. Serve oggi per la consigliera di AVS una visione di insieme che va oltre i confini amministrativi, una visione globale condivisa. Qui alla Pat, ha concluso, non si danno responsabilità, ma si chiede di fare la sua parte nell’ottica di un’attenzione alle necessità che la zona ha, in particolare sul tema delle acque. Sul Vanoi c’è stata tanta attenzione, ha concluso, ma sul lago di Idro le cose non sono tanto differenti: come si è stati in grado di alzare la voce nei confronti della Regione Veneto ci compete di farlo anche con la Regione Lombardia.

Bordiga ha concluso ricordando che tutti devono essere consapevoli che il lago si sta soffocando se non lo si prende per i capelli. Si è detto deluso dall’intervento di Zanotelli: la Provincia ha competenza sul biotopo che è interamente suo, se si fanno queste opere va in secca.

Il quadro della gestione naturalistica del territorio provinciale
L’approfondimento condotto dalla Terza commissione permanente è legato alla richiesta, avanzata lo scorso novembre a seguito dell’approvazione del bilancio consolidato, dei consiglieri Michela Calzà (Pd), Lucia Coppola (AVS) e Roberto Stanchina (Campobase) di ricostruire il quadro della gestione naturalistica del territorio e in particolare degli enti parco e delle reti di riserva. Dopo l’intervento dell’assessora Giulia Zanotelli, oggi è stata la volta delle consultazioni.

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Parco naturale Adamello Brenta
Walter Ferrazza, presidente del Parco, presente assieme al direttore Matteo Viviani, ha ricordato che il Parco naturale Adamello Brenta a 30 anni dalla sua istituzione non vede ancora la piena consapevolezza della popolazione locale rispetto alla presenza dell’area protetta. Si sta lavorando perciò nel senso della consapevolezza, a partire dalle convenzioni con gli enti locali per la gestione e manutenzione del territorio. Insieme a ciò, sulla scorta dell’impegno della competenza sulla coesistenza con i grandi carnivori, si è posta un’accelerazione importante del processo di ricerca scientifica e sulla comunicazione: si è predisposto un impianto comunicativo e gestionale per portare consapevolezza per le popolazioni sulla convivenza con i grandi plantigradi. Due le attività citate poi da Ferrazza: lo studio sullo stambecco e il progetto BioMiti.

Ha posto ancora l’attenzione sulla comunicazione sull’orso, quella per far capire alle persone come comportarsi in caso di incontro e la rubrica di debunking di fake news, “I fogli dell’orso”. Continuativi gli impegni relativi ai programmi per le malghe che ha descritto, ha parlato di incentivi finanziari annuali sui 250.000 euro per la manutenzione delle malghe e le infrastrutturazioni (compresa la viabilità di accesso alle strutture). L’investimento sui social: i contatti sono cresciuti e hanno dato una visibilità al Parco che ora conta 104.000 followers su Instagram e 51.000 su Facebook.

Sono 20.000 gli ingressi all’anno, ha affermato sempre il presidente, ricordando lo svecchiamento del sistema delle case del parco (due foresterie e sette centri visitatori) in corso. Si investe molto sulle attività didattiche: nella programmazione si prevede di arrivare a coinvolgere 10.000 alunni a fine 2025. Si sta rivedendo la pianificazione del Parco, ha raccontato poi Ferrazza, si sono censiti tutti gli edifici in area protetta e si stanno identificando in termini di destinazione d’uso. Si sono individuati due piani specifici: uno sulla viabilità dell’Anaunia per i percorsi forestali che meglio si adattano al territorio e la RS4 Val Brenta. Interventi di breve e lungo termine, ha concluso, guidati tutti dalla consapevolezza ecologica che passa dalla conservazione attiva del territorio.

Calzà ha ricordato il disavanzo sul bilancio evidenziato nella discussione del consolidato e chiesto le ragioni. Ha chiesto precisazioni anche in relazione all’accesso ai fondi Psr. La precisazione sul bilancio è stata fornita da Viviani: il direttore ha ricondotto il dato al processo di armonizzazione dei bilanci. La perdita è apparente, ha rassicurato: emerge dal fatto che gli interventi sul territorio non costituiscono patrimonio fisico ed erroneamente si capitalizzavano e contribuivano a creare utili elevati. Dal 2020 le somme sono state trasferite nel conto economico ed hanno portato a una perdita fittizia. L’ente è stabile, ha rassicurato. Sui fondi Psr Viviani ha detto che l’accesso è stato importante fino all’ultima edizione del bando: ad oggi gli enti gestori non hanno accesso. Annualmente si parlava di investimenti di qualche centinaio di migliaia di euro, ora i fondi non sono più accessibili ma sono compensati con nuove assegnazioni dirette dal Servizio aree protette.

Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino
Il presidente Valerio Zanotti, intervenuto con il direttore Cristiano Trotter, ha incentrato il proprio intervento sulle linee gestionali. La storia del Parco è trentennale, ha raccontato, il Parco è ora ben accettato. Si è ribaltata l’opinione iniziale: in principio le popolazioni locali pensavano un ente parco come un’ulteriore burocrazia. Si è comunicato che il parco non è un vincolo, ma un’opportunità, una necessità. Importante è spiegare trent’anni di ricerche, ha proseguito, e per farlo si cerca di usare un linguaggio di facile comprensione. Zanotti ha ricordato che tra le prime richieste della popolazione a cui si risponde c’è il chiarimento sui confini del parco, segue poi quella sul lavoro di ricerca. Si sta dotando San Martino di un centro visitatori degno di questo nome, ha proseguito il presidente. Si sta cercando di far capire ai turisti il senso di rispetto profondo necessario per le aree protette, l’ente sta infine procedendo con la variante del Piano di parco. Si è portata avanti la prima fase, durata di fatto un anno, si è arrivati alla pubblicazione del documento preliminare. Nessuno ad oggi ha espresso esigenze particolari, ha rilevato Zanotti, i temi scaturiscono dall’esperienza del personale dell’ente. La previsione è arrivare tra due-tre anni a destinazione in forma compiuta.

Rete delle riserve
Michele Caldonazzi, coordinatore tecnico della Rete di riserve della Val di Cembra-Avisio, ha introdotto il funzionamento delle Reti di riserve, un esempio di sussidiarietà attiva: la Pat affida agli enti territoriali la gestione delle aree protette, un’iniziativa che nasce come bottom up. Ha ricordato la stabilità data alla Rete da 9 anni di continuità, la programmazione però è sui 3 anni, ha precisato, evidenziando una problematica legata alla programmazione su lungo periodo e di governance in questo senso (si rendiconta ogni tre anni). Caldonazzi ha parlato quindi dei confronti e dei rapporti con gli enti a livello territoriale: potrebbe essere utile sviluppare i rapporti in maniera organica.

Parco fluviale Alto Noce
Michele Bertolini, presidente del Parco e sindaco di Vermiglio, ha ricordato che il bilancio triennale ammonta a 520.000 euro. Bisogna riuscire a cambiare la percezione da vincolo a opportunità, ha detto, ma farlo con meno di 200.000 euro all’anno è difficile. Non serve per forza poi andare a ragionare a livello di impiego di denaro pubblico, ma si può ragionare a livelli di crediti di biodiversità.

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Rete di riserve Bondone
Il presidente Federico Zappini ha parlato di una Rete dalla componente montana e urbana assieme. Come Bertolini, ha sottolineato l’importanza di raccontare le reti non come vincoli, ma come opportunità: significa descrivere il territorio come unico asset non riproducibile. Si parla di luoghi fragili, ha precisato, indicando la necessità di volgere lo sguardo non solo dentro le riserve, ma di cercare di contaminare verso l’esterno con i comportamenti. Bisogna trovare il modo di andare oltre alla normale amministrazione: si avrà così un effetto moltiplicatore importante, ha detto. Poi ha posto il tema della protezione che la cittadinanza non deve percepire come limitante. Prisca Rizzoli, coordinatrice, ha ricordato che è in corso il primo triennio della Rete, con un bilancio di 413.000 euro. Sono comprese 8 zone speciali di conservazione e la convenzione è incardinata sulle 4 P, percezione del territorio, protezione, partecipazione e promozione.

Parco fluviale della Sarca
Il coordinatore Stefano Zanoni ha ricordato il budget triennale di 1,3 milioni di euro. Il territorio, ha detto, è molto vasto e complesso nelle dinamiche, l’ente è capofila del riconoscimento Unesco gestito da un accordo di programma che raccoglie dieci Comuni. Tra le attività svolte ha collocato il monitoraggio ambientale, la conservazione attiva, le iniziative con la comunità e di comunicazione, l’educazione ambientale, gli interventi di valorizzazione e i progetti mirati di sviluppo sostenibile. Luisa Ferrazza ha parlato di una gestione impegnativa, vista la vastità della Rete, ma che funziona bene. Ha indicato però la necessità pensare alla possibilità di assumere il personale, salvaguardando la contrattazione collettiva, in modo prorogabile in modo da garantire continuità nella gestione almeno nel novennio. Il punto è stato rilevato anche da rappresentanti di altre Reti (tra cui Alessandra Tanas – Alta Noce – e Sara Zucal- val Cembra-Avisio). L’alternativa su cui si ripiega, hanno raccontato, è quello degli incarichi a liberi professionisti.

Rete di riserve fiume Brenta
Giancarlo Orsingher ha raccontato che le aree protette sono 48, 25 le riserve locali, sulle quali bisognerebbe trovare uno strumento per comunicarle e farle comprendere. 684.000 euro il bilancio, ha detto. Sarebbe importante, ha auspicato riprendendo le parole di Caldonazzi, un coordinamento generale per capire quali sono le programmazioni dei vari servizi provinciali.

Rete di riserve Val di Cembra-Avisio
Sara Zucal ha raccontato della genesi della Rete, composta da 9 Comuni (della val di Cembra più Capriana e Valfloriana). I finanziamenti: 1 milione e 45.000 euro. La coordinatrice ha sottolineato l’interesse dei Comuni a entrare nella Rete e a superare timori locali. Ottime campagne di comunicazione sono state fatte, ha detto, ricordando il buon esito. Ha quindi elencato le attività svolte (tra cui il recupero di castagneti).

Rete di riserve Alpi Ledrensi
Il sindaco di Ledro Renato Girardi ha parlato di un bilancio triennale di 591.000 euro, e ricordato come il coordinamento rispetto al finanziamento costi tanto, importante è l’incidenza dei costi amministrativi. La Rete è parte della biosfera Alpi Ledrensi e Judicaria, ha aggiunto elencando l’attività (tra cui il progetto delle rivoltatrici per la movimentazione del letame). Sul turnover dei coordinatori: è un problema che c’è sempre stato e spesso non consente di concludere dei progetti. Sui fondi Psr: sono scomparsi, è un po’ un peccato.

Parco naturale locale Monte Baldo
Il sindaco di Brentonico Dante Dossi ha parlato di un problema legato al finanziamento: la convenzione precedente prevedeva un finanziamento di 1,1 milione di euro, ora passato a 700.000 euro complessivi. I Comuni dovrebbero partecipare in più e anche la Provincia, ha detto. Cinque sono i Comuni coinvolti, Nago Torbole, Brentonico, Ala, Avio, Mori: quando è partito il Parco nel 2013 c’erano molte attese, molto è stato fatto, ora c’è un po’ di preoccupazione sul futuro, in relazione al calo di risorse. Gli uffici provinciali danno una mano, ha aggiunto e ha auspicato una sburocratizzazione sulle rendicontazioni. Sulle assunzioni: trovare dipendenti è davvero difficile in questo periodo, avere contratti a tempo determinato vuol dire non dare continuità alla Rete.

Il dibattito
Lucia Coppola ha evidenziato situazioni differenti ma omogenee sotto alcuni punti di vista: ci dovrebbero essere parti comuni e altre caratterizzanti del territorio, ha detto. Si è detta colpita dal tema della permeabilità dei confini (solo con essa si supera quello che viene inteso come un limite) e da quello dei crediti ambientali. Ha chiesto se sia possibile istituire una rete stretta tra le Reti per poi portare all’attenzione altrui i temi condivisi. Calzà ha parlato di una realtà che si distanzia dagli annunci trionfalistici. La rete delle Reti, ha detto, è un ente di relazioni, capace di dialogo e di portare a terra il senso delle aree protette, che sconta però una fragilità. Ha sottolineato le istanze comuni rappresentate, la necessità di una trasversalità di visione e intenti, di finanze e di collaborazione e capacità di dialogo e confronto trasversale con i servizi.

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