Molestie, spionaggio e favori: il prezzo da pagare per lavorare come rider

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“Meriterebbero una legnata, ma io non picchio le donne”. Minacce, insulti sessisti e telefoni che squillano per ore. È partita la solita macchina di intimidazioni e offese ai danni delle due vittime di coercizione e mobbing, se così si possono definire. Accade alle (ex) rider Simona e Kyrila

“Meriterebbero una legnata, ma io non picchio le donne”. Minacce, insulti sessisti e telefoni che squillano per ore. È partita la solita macchina di intimidazioni e offese ai danni delle due vittime di coercizione e mobbing, se così si possono definire. Accade a Simona e Kyrila le due, ormai, ex fattorine (rider) di Torino colpevoli di aver denunciato a Repubblica l’intricato e corrotto contesto lavorativo in cui si trovavano. Qui, la presenza di un gruppo di “veterani” ha innestato un vero e proprio Governo ombra che gestiva sottobanco un “racket” di consegne sicure in cambio di favori, “spionaggio” e, talvolta, avance sessuali. Dopo la denuncia degli abusi subiti, la piattaforma ha preso provvedimenti tagliando qualche testa e le donne sono state investite da una shitstorm. Da anni il settore delle consegne a domicilio dà adito a svariate polemiche proprio sulle pratiche poco cristalline messe in atto dai soggetti che le popolano. Piattaforme che concorrono su un terreno dove regna una competitività tossica. Non a caso, i sistemi di assegnazione del lavoro vengono affidati a degli algoritmi che in realtà incoraggiano una sorta di selezione naturale basata sulle performance

Kyrila che dal 2016 pedala per le strade di Torino e prima ancora a Londra, lo conferma: “Mi svegliavo di notte per scrollare lo schermo, prendere delle ore che altri lasciavano libere. Si innescano dinamiche simili a quelle dei videogame, accumulare punti e non perdere posizioni, è una sorta di ludopatia, una specie di Black Mirror in cui non distingui più la realtà dal virtuale”. Tutto si basa sull’algoritmo che concede più ordini e premia quei rider che si rivelano più performanti. Fino a qui niente di scandaloso, se non fosse che gli stessi si approfittano della propria posizione per creare una sorta di “cartello” e usare le consegne come merce di scambio. Nel caso di Torino questa “élite” si è manifestata nel gruppo “Veteran”. Una chat di whatsapp nella quale, in cambio di favori, smerciavano il loro privilegio ai lavoratori che non erano stati baciati dall’algoritmo. “Ti ho inserito nella chat dei “Veteran”. Come motivazione, oltre a essere rider già dai tempi di Foodora, ho messo che ci dai una mano con Druetta come infiltrata” si legge in uno dei messaggi ricevuti da Kyrila. In passato la stessa aveva partecipato alla prima causa contro Foodora e, avendo contatti, le era stato chiesto di fare da talpa per riferire ai responsabili le possibili mosse dei legali. Una scelta che poi si è rivelata nefasta, dal momento in cui l’avv. Giulia Druetta è la stessa che adesso porta avanti la causa delle due donne che le hanno fornito tutta la documentazione necessaria a procedere.

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Un lavoro che diventa prigione, dove se si desidera portare a casa uno stipendio di duemila euro si è costretti a lavorare 60 ore a settimana sette giorni su sette, racconta Simona (nome di fantasia) che la mattina lavorava dalle 6 alle 10 come inserviente e passava il resto della giornata a fare consegne in macchina, spesso con al seguito i suoi bambini. Ritmi da sfruttamento e abuso di potere da parte di quella mano invisibile che si approfittava della sua situazione elemosinandole slot orari. Oggi Simona è un corriere con contratto regolare, ma ricorda con angoscia il periodo trascorso sotto l’egida di quei responsabili che arrivavano a ostentare il loro potere con approcci sessisti “guarda il calendario, non mi spiego come sia possibile che tu ancora non me l’abbia data”. Per il momento, Glovo non si esprime e sulla vicenda vige il silenzio stampa. Una vicenda che getta molte ombre sulle pratiche concorrenziali messe in atto dallo spietato mondo delle piattaforme online, che spesso naviga ai confini della legalità. Intanto, la società in Italia ha raggiunto la media di 1 ordine al secondo con un incremento del 23% del numero di utenti. Fare leva sulle fragilità della forza lavoro precaria può essere considerato un modello di crescita accettabile? Viene da chiedersi, dunque, se siano questi i metodi con cui la piattaforma si è assicurata, o meno, questi risultati.

di Angelo Annese





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