Sassari, Parrocchia San Giovanni Bosco: iniziata la Visita pastorale | Arcidiocesi di Sassari

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Sabato 22 febbraio, la comunità parrocchiale San Giovanni Bosco, di Sassari, guidata da don Francesco Marruncheddu, ha accolto l’arcivescovo Gian Franco Saba in occasione della Celebrazione Eucaristica d’apertura della Visita pastorale.

Prima celebrazione, alla quale hanno partecipato anche altri sacerdoti, don Francesco Marruncheddu, ha rivolto queste parole di saluto: «Oggi, davvero, per me è un onore e una grande gioia accogliere l’arrivo del nostro Arcivescovo, che ha già fatto visita alla nostra comunità in diverse occasioni, l’ultima per l’amministrazione del sacramento della Confermazione. Oggi è nuovamente qui, in questa forma così bella di cura pastorale, ossia nella Visita che il Pastore della Diocesi compie in ogni comunità. Il mio benvenuto va a Lei, che circa un anno e mezzo fa mi affidò l’amministrazione di questa comunità, e le sono ancora grato. Camminiamo insieme!

Il mio benvenuto è anche a nome del Consiglio pastorale parrocchiale appena ricostituito e di tutti gli altri che gravitano in questo luogo. Nella nostra parrocchia è presente un bel laicato, una comunità ricca di particolarità che, in questi giorni, l’aiuteremo a conoscere meglio.

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Oggi si uniscono a noi anche gli amici di Comunione e Liberazione, che celebrano il ventesimo anniversario della morte del loro grande fondatore, don Luigi Giussani»

 Si riporta di seguito l’omelia dell’arcivescovo Gian Franco:

«Questa sera, mentre viviamo l’esperienza della Visita pastorale nella comunità di San Giovanni Bosco – coinvolgendo anche le parrocchie di San Vincenzo, San Paolo e Cristo Redentore – il Signore, attraverso la Parola che è stata proclamata, ci consegna la chiave per comprendere il suo sogno riguardo alla comunità dei suoi discepoli, in particolare relativamente all’identità del discepolo.

“Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34

In questo tempo, da più fronti, ci si domanda: che cos’è la Chiesa? Qual è la sua identità, la sua missione, il compito che Gesù le ha affidato?

Gesù non ci ha lasciato tanto un testamento esteriore, quanto un testamento interiore, cioè di legare il nostro cuore al Suo e renderlo simile al Suo. In questa dimensione essenziale della fede scopriamo, dunque, la missione e la vocazione della Chiesa: essere discepoli del Messia, del servo sofferente, di Colui che manifesta il volto misericordioso di Dio.

 

L’Evangelista Luca pone bene in luce questo percorso, conducendoci attraverso un percorso che va a gradini, che va sempre più in alto.

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“A voi che ascoltate io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia, benedite coloro che vi maledicono, pregate per chi vi tratta male” (Lc 6,27).

Il fondamento della sequela si centra sul mistero dell’amore, di un amore che è a caro prezzo, ha un prezzo molto alto, ha la dimensione della oblatività, della donazione.

Le prime comunità cristiane percepivano le ostilità nei loro confronti e la fatica di entrare nella logica di Gesù, che era una logica di amore. Tale fatica è la fatica di tutta l’umanità, di tutti itempi. È quella fatica che già nella prima lettura questa sera ci è stata presentata dall’autore del primo libro di Samuele, davanti alla figura di Davide in rapporto a Saul.

Davide, pur trovandosi in condizione di uccidere Saul che, con ostilità, agiva contro di lui, sceglie la via della misericordia. Di fronte ad Abisai, che lo esortava ad eliminarlo, Davide dice di non ucciderlo. Qui si rivela il cuore di Davide, il cuore di colui che nella tradizione cristiana è cantato e presentato come prefigurazione del Messia, il santo profeta Davide. Il segno e il simbolo di colui che canta la misericordia di Dio, pur essendo egli stesso un uomo fragile, un uomo peccatore, ma che passerà attraverso la purificazione nella via della misericordia di Dio,

Davide risparmia colui che lo vuole far fuori. È la logica di Gesù. Gesù porta a compimento questa logica: non eliminare colui che si presenta con ostilità, ma vincere l’ostilità con la mitezza, con la mansuetudine e con la misericordia. È l’eroismo dell’amore, dell’amore cristiano, di un amore che ha uno sguardo più largo, ha lo sguardo fissato sul volto di Dio su Cristo.

La tentazione può esserci anche dentro la vita della Chiesa, oltre che nella società nella quale assistiamo ad uno scenario di violenza sempre più rilevante. Non a caso, nel IV secolo, un grande Padre della Chiesa, San Giovanni Crisostomo, dedicò ben tre omelie su Davide e Saul per porre in evidenza come vivere la vita in una comunità cristiana, qual è la via da seguire in una Chiesa chiamata a confrontarsi anche con una società dove l’amore eroico non faceva parte del lessico abituale di tutta la società. E allora, in cosa si distingue il cristiano? Il cristiano si distingue per questa misericordia che non ha un confine, che non ha un limite.

L’Evangelista Luca ci riconduce, dunque, alla via della misericordia – “come il Padre vostro è misericordioso” – e la misericordia interpella la vita su dimensioni molteplici dell’esistenza.

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Alla luce del Magistero di Papa Francesco – che in quest’Eucaristia ricordiamo con affetto e in spirito orante – ci chiediamo e siamo chiamati a chiederci qual è la conversione della Chiesa.

Il Papa ce la indica in una Chiesa dalle porte aperte, una Chiesa della Misericordia. Nel 2016 egli ci ha fatto vivere l’esperienza dell’Anno Santo della Misericordia, “Misericordiae Vultus”, e quest’anno ci ha aperto alla prospettiva dell’Anno Santo della Speranza, perché ogni persona possa trovare in Cristo, volto d’amore e di misericordia, la speranza.

Ecco, il compito della Visita pastorale è, sostanzialmente, proprio quello di invitare le comunità cristiane a compaginarsi nella via del discepolato, nella via di questo discepolato, per essere segno della misericordia di Dio, una Chiesa dalle porte aperte. Una Chiesa che annuncia un amore, la cui sorgente scaturisce dal cuore di Cristo, dalla vita di Cristo, che ha donato sé stesso proprio per tutti, proprio per i peccatori, proprio per chi apparentemente non aveva merito da vantare.

E qui diventa grande l’eroismo della misericordia, proprio quando ci si trova davanti alla sfida di una gratuità che va oltre il gratis della vita umana, che può essere un valore sociale importante, ma vi è la gratuità della grandezza del cuore di Dio che ci interpella per un’oltre.

Questa sera ricordiamo una figura significativa del cattolicesimo italiano, don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione. Preghiamo per lui e invochiamo la sua intercessione affinché la sua testimonianza continui a essere per la Chiesa un dono prezioso e fruttuoso. Il Santo Padre, parlando di don Giussani, ha sottolineato tre dimensioni importanti che desidero riconsegnare alla fraternità, al movimento che vive la propria esperienza nella Chiesa Turritana.

Don Giussani, come uomo carismatico. E questo carisma –sottolinea il Papa – proveniva da qualcosa che egli aveva vissuto in prima persona. Aveva sperimentato qualcosa che aveva folgorato il suo cuore. Era stato folgorato, ricorda Papa Francesco, dalla scoperta del cuore del mistero di Cristo. Aveva intuito non solo con la mente e con il cuore – prosegue il Santo Padre – che Cristo è il centro unificatore di tutta la realtà, è la risposta a tutti gli interrogativi umani, è la realizzazione di ogni desiderio di felicità, di bene, di amore, di eternità, presente nel cuore umano. È quell’Incontro con Cristo. E questo è un atto importante da custodire, poiché tutti noi sappiamo che l’incontro con Cristo va sempre rinnovato e va sempre attivato. È un’esperienza sempre nuova.

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E poi il Papa dice che don Giussani fu un educatore. Egli sentì l’urgenza di comunicare l’incontro con la persona di Gesù che lui stesso aveva sperimentato. E questa è un’altra dimensione della fede, che sente il desiderio di essere comunicata.

E poi, egli fu un figlio della Chiesa, un uomo di Chiesa, fu un presbitero. È stato un sacerdote – ci ricorda Papa Francesco – che tanto ha amato la Chiesa. E cita una sua espressione: “Tu hai incontrato questa compagnia. Questa è la modalità con cui il mistero di Gesù ha bussato a casa tua”. La compagnia: questo mi pare importante perché il movimento è la compagnia di persone con Cristo. Questo fa la differenza, perché ogni gruppo che è radunato con Cristo è radicalmente e fondamentalmente una Chiesa aperta.

È una realtà illuminata dalla luce della Chiesa. E in questo tempo, nel quale c’è il percorso di rilettura del carisma e di riannuncio di questo carisma, credo che davvero questa ricchezza, questo dono, possa diventare un buon seme per la trasmissione del Vangelo di Cristo e di quello stile e quello spirito che viene posto in evidenza proprio nel Vangelo odierno. Non una Chiesa ripiegata su sé stessa, ma una Chiesa aperta agli altri. Non un discepolato ripiegato su sé stesso, ma un discepolato estroverso. E il Santo Padre Francesco indica che la via della Chiesa è per tutti: la via e la garanzia dell’unità e la garanzia della comunione, sia nella Chiesa universale che nella Chiesa particolare».



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