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una commissione del Tesoro per controllare la spesa #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Fino a oggi ai governatori bastava semplicemente rispettare il pareggio di bilancio. Facendo quadrare entrate ed uscite in egual misura. Dall’anno prossimo, nella gestione della loro spesa, rischiano di fare i conti con una sorta di organismo di vigilanza sotto l’egida del Mef, istituito con il decreto fiscale approvato in prima lettura giovedì scorso in Senato. 

La commissione – più precisamente un tavolo tecnico – è nata con un duplice obiettivo: non soltanto evitare gli sprechi, ma monitorare costantemente le politiche finanziarie delle Regioni, per evitare che su loro spinta l’intero Paese sfori il tetto annuo dell’1,3 per cento di crescita alla spesa primaria per il 2025, concordato da Giancarlo Giorgetti con l’Unione europea e inserito nel Piano strutturale di bilancio (Psb).

LE TENSIONI
Nuova puntata nella guerra fredda tra il governo e gli enti locali. Che nelle ultime settimane ha registrato picchi di tensione dopo che era trapelata l’ipotesi di inserire un tetto di spesa (pari guarda caso all’1,3 per cento) ai budget regionali. Senza dimenticare le polemiche sugli accantonamenti alla spesa corrente previsti in manovra, gli stessi che dovrebbero portare i governatori a spaccarsi (in base al colore politico delle singole giunte) sul parere da dare alla legge di bilancio in Conferenza unificata. A fine ottobre Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia ed esponente della Lega, non a caso aveva spiegato: «Non credo ci sarà l’intesa sulla manovra, perchè per l’intesa serve l’unanimità e certe posizioni non riusciamo a conciliarle». Per poi aggiungere: «Comunque, la maggioranza delle Regioni ha dato assenso all’accordo, però necessitando dell’unanimità non possiamo dare l’intesa».

Tra gli emendamenti al decreto fiscale ispirati dall’esecutivo, ne è stato approvato anche uno che, «al fine di osservare l’andamento delle grandezze finanziarie delle Regioni e delle Province autonome alla luce della nuova governance europea» prevede l’istituzione di «un tavolo tecnico presso il ministero dell’Economia e delle Finanze». Al suo interno due tecnici del Mef, due dirigenti del Dipartimento Affari regioni e altri due in rappresentanza degli enti.

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Per la cronaca, la spesa regionale vale oltre 160 miliardi, dei quali 130 sono impegnati sulla sanità. Materia che gli enti finanziano Il resto delle risorse sono concentrate soprattutto sul trasporto pubblico locale, sulle agevolazioni alle imprese (in primis i contratti di sviluppo), sulla formazione e sulle altre politiche attive dei lavoratori, sulla promozione turistica, sulle infrastrutture, sui costi del personale e sull’acquisto di beni e servizi. Il futuro tavolo tecnico controllerà tutte queste voci presenti nei bilanci, nel timore che un ente impegni più fondi rispetto al tetto nazionale dell’1,3 per cento. Mentre in passato il monitoraggio ha riguardato – di fatto – soltanto la parte destinata all’assistenza medica. 

Giorgetti ha sempre riconosciuto alla “periferia” dello Stato (Comuni, Province e Regioni) gli sforzi fatti in questi anni dal punto di vista finanziario. Ma come ha ripetuto in più occasioni, con l’ultima manovra «è stato necessario richiedere sacrifici sia nel settore pubblico sia in quello privato. E le necessità di coordinamento della finanza pubblica impongono il contributo di tutti. Quindi anche delle amministrazioni». A maggior ragione dopo l’accordo stretto a Bruxelles – e approvato dal Parlamento italiano votando il Psb – per far uscire l’Italia dall’extradeficit nel 2026 e per invertire la dinamica sul nostro debito dal 2027. 

In manovra il governo ha inserito accantonamenti alla spesa corrente per i bilanci delle Regioni pari a 280 milioni di euro nel 2025, a 840 milioni nel 2026 (che sfioreranno gli 1,2 miliardi con quelli già decisi in passato), ed altri 840 milioni nel 2026. Quasi due miliardi, che si aggiungono al miliardo chiesto sempre nel triennio alle realtà a Statuto speciale. Ma a dividere le parti c’è anche il nodo del finanziamento sanitario, con l’esecutivo che per il prossimo anno messo 1,3 miliardi in più, ai quali ne seguiranno altri 5 nel 2026. I governatori, invece, ne chiedono ulteriori 20 miliardi da qui a 5 anni. Eppoi sono fresche le polemiche per il blocco al 75 per cento del turnover dei dipendenti pubblici o lo slittamento delle assunzioni di nuovi medici. Senza dimenticare quelle legate all’Autonomia differenziata.

LA TRATTATIVA
Come detto, nelle scorse settimane si era anche ventilata l’ipotesi di inserire un tetto secco dell’1,3 per cento sulla spesa. Ma a quanto pare il Mef avrebbe un passo indietro proprio in cambio dell’istituzione del tavolo tecnico. Ufficialmente l’organismo dovrà monitorare l’evoluzione della spesa regionale, capire se gli enti rispettano la direttrice concordata con la Ue e se ci sono le coperture necessarie. Ma in caso di sforamento il governo ha la moral suasion sufficiente per spingere i governatori a essere più virtuosi: cambiare gli obiettivi per l’anno successivo arrivando in estrema ratio a porre il famigerato tetto. Intanto sempre nel dl fiscale, sono passati due emendamenti che garantiscono 50 milioni per il trasporto pubblico locale e un alleggerimento nella ripartizione del payback farmaceutico.


 

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