Un mese fa il neo presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, ha firmato gli ordini esecutivi per la sospensione temporanea di tutti i programmi di assistenza estera per 90 giorni, depotenziando di fatto l’organo che, dagli anni Sessanta, si occupa di cooperazione internazionale per gli Stati Uniti, la United States Agency for International Development – Usaid. «Un mese che ha messo in discussione molte certezze, che sta mettendo in crisi gli assetti internazionali e che richiede ogni sforzo per non arretrare in materia di salute globale», commenta Guglielmo Micucci, direttore di Amref Health Africa-Italia. L’associazione, che opera in Africa dal 1957 e ha il suo quartier generale in Kenya, traccia un bilancio degli ultimi 30 giorni, partendo da un fatto assodato: buona parte degli aiuti Usaid erano diretti al continente nero.
Un momento di discussione, su questo tema, sarà l’Africa Health Agenda International Conference – Ahaic 2025, che si terrà dal 2 al 5 marzo prossimi a Kigali, organizzata da Amref Health Africa, Oms Africa, Unione Africana, Africa Cdc e ministero della Salute del Ruanda. «Quello della Conferenza che sarà presente a Kigali sarà un passaggio cruciale, per affrontare i nodi di questa sfida, che rientra in una più grande, quella di un’Africa più forte», sottolinea Micucci.
Nel 2024 i fondi stanziati da Usaid ai Paesi stranieri per sviluppo, crisi umanitarie e sicurezza sono stati pari a 40 miliardi di dollari. A causa degli ordini esecutivi dell’Amministrazione Usa, l’Africa rischia di essere la regione del mondo più danneggiata: negli ultimi cinque anni, infatti, un terzo di quei fondi sono stati destinati al continente africano. Nel 2023 tra i venti primi beneficiari degli aiuti statunitensi c’erano dodici Paesi africani. Dei 38 miliardi di dollari che Usaid ha speso nel 2023, quasi 20 sono stati destinati a programmi sanitari (come quelli che combattono la malaria, la tubercolosi, l’Hiv/Aids e le epidemie di malattie infettive) e all’assistenza umanitaria per rispondere alle emergenze e aiutare a stabilizzare le regioni devastate dalla guerra.
«Stiamo monitorando gli impatti, perché anche le comunità supportate da Amref ne stanno risentendo», spiega Micucci. «Al momento sono 20 i progetti dell’organizzazione che hanno dovuto sospendere le attività. In Malawi circa 20mila donne incinte sono a rischio di trasmettere l’Hiv ai loro nascituri a causa del limitato accesso ai servizi di prevenzione. In Tanzania, più di mezzo milione di test di screening per la tubercolosi potrebbero non essere effettuati, rischiando così un’ulteriore trasmissione all’interno delle comunità. In Etiopia saranno particolarmente colpiti i giovani. Per fare solo uno dei tanti esempi, tra il dicembre 2024 e il marzo 2025, ci siamo prefissati di dotare oltre 12mila giovani di competenze fondamentali, imprenditorialità e preparazione al lavoro. Questi piani sono stati interrotti, con un impatto diretto sulle potenzialità occupazionali di cinquemila giovani».
Il mondo della cooperazione e gli organismi sovranazionali, come l’Organizzazione mondiale della Salute – Oms, vivono un momento difficile. «I fondi per lo sviluppo, messi a disposizione dagli Stati stanno diminuendo – si pensi ai recenti provvedimenti di Olanda, Francia e Regno Unito – ma quello arrivato con gli ordini esecutivi per Usaid rischia di essere uno scossone troppo forte nonostante a quegli ordini siano seguite alcune deroghe», avverte Micucci. «Un altro ordine esecutivo, contemporaneo a quello per Usaid, ha annunciato l’uscita degli Usa dall’Oms. Dopo le guerre mondiali abbiamo creato degli organismi e alleanze tra Paesi, dove i colossi potevano sedere accanto ai piccoli Stati, dove la potenza negoziale era data dallo stare insieme. Sebbene sia doveroso aprire un dibattito sulla riforma di tali consessi internazionali, è bene ricordare che oggi è a rischio anche questo valore, che è alla base del multilateralismo».
Il direttore di Amref Italia, che ricopre anche il ruolo di acting group director, fundraising and development presso il quartiere generale di Nairobi, ricorda anche che «una misura del genere può impattare sull’infrastruttura sanitaria governativa di interi Stati africani, con potenziali ripercussioni globali di lungo periodo. Per questo diventa sempre più strategico lavorare a stretto contatto con i governi africani, per esempio, rilevando e prevenendo la diffusione di malattie infettive come l’Ebola e l’Mpox, attraverso il lavoro degli operatori sanitari delle comunità che formiamo. Epidemie e pandemie ci dovrebbero ricordare che, in tema di salute, viviamo in un mondo interconnesso. Amref sta facendo ogni sforzo possibile per dare continuità a progetti che improvvisamente hanno visto mancare fondi essenziali, ma questo momento ci ricorda quanto sia fondamentale costruire delle economie sostenibili. Da sempre abbiamo creduto che il protagonismo dell’Africa, nel Continente e nel mondo, dipendesse in primis dall’Africa stessa. Questa nuova sfida, non solo ce lo ricorda con forza, ma impone un’accelerazione a quel processo che, come organizzazione africana, da anni abbiamo avviato».
Un’occasione cruciale per discutere e continuare a costruire un futuro sostenibile, sarà la Conferenza internazionale sull’Agenda della salute africana, che Amref organizza insieme a Unione Africana, Oms Africa, Africa Cdc e ministero della Salute del Ruanda. Dal 2 al 5 marzo 2025 a Kigali (Ruanda), si terrà uno degli appuntamenti più importanti per discutere il futuro della salute pubblica in Africa. L’evento riunirà leader e professionisti della sanità, policy-makers, giovani attivisti e rappresentanti del settore privato, da tutto il mondo, per affrontare le sfide sanitarie più urgenti e promuovere soluzioni locali e sostenibili. Soluzioni che richiedono alleati globali, per una salute che non è solo dell’Africa, ma del mondo intero.
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