Mai così male dal dopoguerra. Elezioni in Germania, e il paese si presenta all’appuntamento elettorale di domenica 23 febbraio in uno stato di profonda incertezza che va ben oltre la semplice crisi politica. Il più importante Stato europeo sta attraversando una trasformazione radicale che mette in discussione i pilastri su cui ha costruito il suo successo: il modello industriale è in crisi, con la produzione crollata del 10% rispetto ai livelli pre-pandemia, l’inflazione erode il potere d’acquisto delle famiglie e la disoccupazione torna a crescere per la prima volta dal 2015. Una tempesta perfetta che ha portato alla caduta del governo Scholz nei mesi scorsi e all’ascesa nei sondaggi dell’estrema destra di Alternative für Deutschland, data al 20% delle preferenze, il doppio rispetto alle elezioni del 2021.
Il crollo del modello tedesco
La crisi tedesca affonda le radici in un cambiamento strutturale dell’economia che nessuno aveva previsto così rapido e drammatico. I numeri raccontano la portata dello shock: il prodotto interno lordo è calato dello 0,2% nel 2024, dopo una contrazione dello 0,3% nel 2023, segnando la prima recessione consecutiva dal 2002-2003. Un dato ancora più preoccupante se si considera che per il 2025 gli economisti prevedono al massimo una crescita dello “zero virgola”, con la Confindustria tedesca che teme addirittura una terza contrazione consecutiva se si materializzerà la minaccia di Trump di imporre dazi del 25% su auto, semiconduttori e prodotti farmaceutici.
Il sistema industriale tedesco, che rappresenta circa un quarto del pil nazionale, sta vivendo la sua crisi più profonda dal dopoguerra. Il modello basato su energia russa a basso costo e forte export è entrato in crisi dopo l’invasione dell’Ucraina. I prezzi dell’energia sono triplicati rispetto ai concorrenti americani, mentre la produzione industriale rimane al di sotto dei livelli del 2020. Un gruppo di economisti e giornalisti, incaricato di scegliere la “parola dell’anno” per l’economia nel 2024, ha selezionato “deindustrializzazione”, un termine che fotografa perfettamente lo stato d’animo del paese. Particolarmente grave la situazione del settore automobilistico, che occupa direttamente 800mila persone. La transizione verso i veicoli elettrici, imposta dalle normative europee, ha colto impreparati i costruttori tedeschi che ora devono fronteggiare una doppia sfida: gli elevati costi di produzione in Germania e la concorrenza delle auto cinesi, che grazie ai sussidi di Pechino costano fino al 20% in meno. Non a caso a gennaio oltre cento associazioni imprenditoriali hanno organizzato una protesta nazionale davanti alla Porta di Brandeburgo, un evento senza precedenti che ha visto la partecipazione di migliaia di imprenditori.
Elezioni in Germania, la sfida politica dell’immigrazione
Il malessere economico ha trasformato profondamente anche il panorama politico tedesco. La “coalizione Semaforo” guidata dal cancelliere Scholz è implosa lo scorso novembre sulla gestione del bilancio federale, dopo che la Corte costituzionale ha rilevato un buco da 60 miliardi nei conti pubblici. Il governo di minoranza formato da Spd e Verdi ha guidato il paese per tre mesi, ma le tensioni sono esplose dopo l’attacco di fine gennaio in un asilo della Baviera, dove un cittadino afghano ha ucciso un bambino e un passante. L’episodio ha portato alla ribalta il tema dell’immigrazione, offuscando ogni altra discussione della campagna elettorale. Friedrich Merz, leader dei cristianodemocratici (Cdu) e favorito per la cancelleria, ha presentato una proposta per controlli più severi alle frontiere che ha ottenuto il sostegno dell’ultradestra di Alternative für Deutschland. Un’alleanza che ha provocato un terremoto politico e aperto un dibattito sulla tenuta democratica del paese. Sul fronte opposto, i socialdemocratici e i Verdi propongono di accelerare le procedure di asilo e facilitare l’arrivo di lavoratori qualificati attraverso accordi bilaterali con i paesi di origine. Una posizione che si scontra con quella del movimento di Sahra Wagenknecht, ex leader della sinistra radicale che ha fondato un nuovo partito su posizioni anti-immigrazione, e dell’ultradestra di Alternative für Deutschland che chiede il ripristino dei controlli permanenti alle frontiere tedesche, in aperta violazione delle regole di Schengen. Le elezioni in Germania possono riservare ancora sorprese.
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