A marzo ci sono almeno due appuntamenti da segnare in rosso sul calendario: il primo è per chi è già in pensione e nel pagamento atteso i primi del mese subirà una nuova trattenuta sul cedolino, mentre il secondo riguarda chi in pensione deve ancora andarci e vuole approfittare di uno dei canali di flessibilità previsti dalla normativa.
Analizziamo quindi singolarmente questi due appuntamenti, facendo chiarezza su cosa aspettarsi per le pensioni e come prepararsi nel caso in cui siano stati raggiunti i requisiti per andarci in anticipo già nel 2025.
Pensioni, a marzo torna l’addizionale comunale in acconto
Oltre all’Irpef, i pensionati devono pagare anche le addizionali regionali e comunali, che vengono calcolate in base al reddito e stabilite dalle amministrazioni locali.
Nel dettaglio, le addizionali regionali vengono trattenute in saldo nell’anno successivo a quello di riferimento, con prelievi da gennaio a novembre: oggi, quindi, i pensionati stanno già pagando quanto dovuto per il 2024.
Le addizionali comunali, invece, vengono trattenute sia a saldo per l’anno precedente che in acconto per l’anno in corso. Nello specifico, il 30% dell’imposta dovuta viene trattenuto già nell’anno di riferimento, mentre il restante 70% viene prelevato l’anno successivo. Il saldo segue le stesse regole delle addizionali regionali (gennaio-novembre), mentre l’acconto viene trattenuto da marzo a novembre.
Per questo motivo, a partire dalla pensione di marzo verrà decurtato il 30% dell’importo dovuto per l’addizionale comunale. Ad esempio, un pensionato residente a Roma, dove l’aliquota è dello 0,9%, con una pensione lorda di 1.500 euro paga 162 euro di addizionale annua, con una riduzione di circa 5,40 euro mensili a partire dal prossimo cedolino.
Un pensionato residente a Milano, dove l’aliquota è dello 0,8%, con una pensione di 1.500 euro lordi paga 144 euro di addizionale annua. Tuttavia, con una pensione di 2.500 euro lordi, l’addizionale annua ammonta a 240 euro, con una trattenuta mensile di circa 8 euro a partire da marzo.
Pensione, attenzione alla scadenza del 31 marzo per chi vuole andarci in anticipo
Il 31 marzo 2025, invece, rappresenta una scadenza fondamentale per chi vuole accedere alla pensione anticipata nel corso dell’anno, soprattutto per evitare il rischio di dover attendere il 2026 a causa dell’esaurimento delle risorse finanziarie disponibili.
A tal proposito, l’Inps con il messaggio n. 598 del 17 febbraio 2025 ha recepito le novità introdotte dalla legge n. 203/2024 (il cosiddetto “Collegato lavoro”) e ha chiarito che i termini per la presentazione della domanda di riconoscimento del diritto alla pensione anticipata per lavoratori precoci (Quota 41) e per l’Ape Sociale sono stati unificati. Nel dettaglio, le nuove date fissate per presentare la richiesta sono:
- 31 marzo
- 15 luglio
- 30 novembre
Tuttavia, nonostante le tre finestre disponibili, il 31 marzo è l’unica data certa per chi vuole accedere alla pensione nel 2025. Questo perché le norme che disciplinano queste due misure stabiliscono che le domande vengono accolte solo se nel caso in cui le risorse finanziarie risultino ancora disponibili. Chi attende le finestre successive potrebbe vedersi negare l’accesso alla pensione per mancanza di fondi, pur avendo i requisiti richiesti.
Ricordiamo che la pensione anticipata per lavoratori precoci – Quota 41 appunto – consente l’uscita dal lavoro con 41 anni di contributi, a condizione che il lavoratore abbia versato almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni di età e rientri in una delle categorie tutelate (invalidi, caregiver, lavoratori con mansioni gravose o disoccupati di lungo corso). Almeno un contributo settimanale, inoltre, deve risultare versato entro il 31 dicembre 1995.
L’Ape Sociale, invece, è riservata agli stessi profili, ma cambiano i requisiti: 63 anni e 5 mesi di età, dai 30 ai 36 anni di contributi a seconda della categoria di appartenenza.
E attenzione, perché per i lavoratori della scuola il 31 marzo è un termine ancora più rigido. La loro unica finestra di uscita è il 1° settembre, e per accedere alla pensione devono presentare la domanda di cessazione dal servizio entro il 31 agosto, ma solo dopo aver ricevuto l’ok dall’Inps. Pertanto, se non si presenta la richiesta di riconoscimento del diritto alla pensione entro il 31 marzo si rischia di perdere l’uscita a settembre, con conseguente slittamento al 2026.
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