Esenti gli interessi pagati al fondo che eroga indirettamente il prestito

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La sentenza della Corte di Cassazione n. 4427 depositata ieri ha stabilito che, ai fini dell’esenzione da ritenuta per gli interessi sui finanziamenti a medio-lungo termine corrisposti a imprese ed enti non residenti di cui all’art. 26 comma 5-bis del DPR 600/73, i requisiti soggettivi di tali imprese ed enti non vanno necessariamente verificati in capo al percipiente diretto; al contrario, se tale percipiente diretto riversa gli interessi ad un soggetto che, di fatto, rappresenta il sostanziale erogatore del prestito e il beneficiario finale dei redditi, è in capo a quest’ultimo che va accertato il possesso di tali requisiti soggettivi.

Si tratta di una pronuncia di una certa rilevanza, la quale va a smentire la prassi dell’Agenzia delle Entrate sin qui intercorsa sul tema.
Per ripercorrere brevemente i termini della problematica, l’art. 26 comma 5-bis del DPR 600/73 esenta da ritenuta gli interessi sui finanziamenti a medio-lungo termine alle imprese erogati dai soggetti individuati dalla norma stessa:
– enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea;
– enti individuati all’art. 2 § 5 numeri da 4) a 23) della direttiva 2013/36/Ue sulle banche e imprese di investimento;
– imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell’Unione europea;
– investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, sottoposti a forme di vigilanza nei Paesi esteri nei quali sono istituiti.

La lite approdata in Cassazione è proprio riferita a una situazione nella quale il finanziamento era stato erogato alla società italiana dalla propria controllante lussemburghese (società che non rientrava nell’elencazione sopra riportata dei soggetti titolati all’esenzione), la quale aveva però reperito le risorse necessarie a finanziare la società operativa italiana dal proprio socio unico, un fondo di investimento anch’esso lussemburghese (soggetto, quest’ultimo, che rappresentava il sostanziale erogatore del prestito e che invece rientrava tra i soggetti “esenti”, ricadendo tra gli investitori istituzionali vigilati).

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La decisione della Suprema Corte, che ha confermato il responso dei due gradi di merito, si è fondata su due ordini di motivazioni.
Il primo di essi è teso a valorizzare un approccio look-through che, invece, la prassi dell’Agenzia delle Entrate (risposte a interpello n. 125/2021 e n. 569/2021) ha storicamente respinto nelle casistiche “triangolari” di cui trattasi.
Secondo la Cassazione, al contrario, ancorché l’art. 26 comma 5 del DPR 600/73 (di cui il comma 5-bis in analisi rappresenta un’eccezione) menzioni gli interessi “corrisposti” alla propria controparte, sottintendendo un rapporto diretto tra finanziatore e finanziato, occorrerebbe invece interpretare il comma 5-bis in una logica di beneficiario effettivo del flusso reddituale, andando a verificare i requisiti soggettivi previsti dalla norma in capo al fondo lussemburghese.

La Suprema Corte argomenta, così:
– che anche l’art. 11 del modello OCSE, pur avendo ad oggetto gli interessi “pagati ad un residente dell’altro Stato”, subordina i benefici convenzionali alla circostanza per cui la persona che riceve gli interessi ne sia il beneficiario effettivo;
– che, traslando il ragionamento in un’ottica meramente nazionale, lo stesso art. 1 del TUIR vincola la tassazione al “possesso” del reddito (cosa che non avviene se il reddito è traslato in capo al beneficiario finale).

Il secondo ordine di motivazioni attiene alle finalità che hanno ispirato l’inserimento nell’art. 26 del DPR 600/73 dell’ipotesi di esenzione di cui al comma 5-bis, rappresentata dall’esigenza di facilitare il ricorso al credito da parte del mondo imprenditoriale nazionale, soddisfatta proprio attraverso l’eliminazione dell’imposizione italiana sugli interessi pagati al finanziatore “qualificato” non residente.

La Cassazione evidenzia che, se il rapporto di finanziamento è connotato da un’interposizione, in capo al soggetto interposto (nel caso considerato, la società intermedia lussemburghese tenuta a riversare gli interessi al fondo di investimento) non può verificarsi alcun fenomeno di doppia imposizione che giustifichi l’esenzione dalle ritenute italiane (la doppia imposizione – eliminata proprio dall’art. 26 comma 5-bis del DPR 600/73 – graverebbe invece in linea teorica proprio sul fondo, soggetto in capo al quale a questo punto andare a verificare i requisiti soggettivi posti dalla norma).

La tesi dell’Agenzia delle Entrate andrebbe quindi a minare la stessa ratio di quest’ultima e a incentivare il ricorso a strutture potenzialmente artificiose in cui, al fine di vedersi riconosciuta l’esenzione, si interponga quale percipiente diretto un soggetto estero in possesso dei requisiti soggettivi, anche se poi quest’ultimo retrocede gli interessi a favore di un terzo che, se li avesse incassati direttamente, non avrebbe potuto usufruire dell’esenzione.



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