Neverhack in Italia via Innovery per puntare su incident response, servizi e midmarket

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Immagine generata con l”AI

Nel panorama complesso e affollato della cybersecurity, un’operazione di consolidamento è già di per sé un segno di consapevolezza e semplificazione da osservare con attenzione. Ancor più se essa coinvolge una realtà italiana presente sul mercato da quasi venticinque anni. È accaduto alla fine del 2024 con Innovery, acquisita in via definitiva dalla francese Neverhack e oggi a tutti gli effetti operativa con questo nuovo brand.

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Per comprendere meglio i contorni dell’operazione e valutarne gli effetti sul mercato, abbiamo incontrato Gianvittorio Abate, fondatore di Innovery e oggi managing partner per la Southern Region di Neverhack.

Qual è stata la genesi che vi ha spinto a compiere questo passo?

Siamo presenti sul mercato dal 2000, ma già dal 2018 abbiamo maturato la consapevolezza di dover fare massa critica. In un primo tempo, abbiamo puntato sul rafforzamento della struttura e della presenza internazionale, cedendo parte delle nostre quote al fondo Wise Equity.  In quel frangente, ci eravamo dati l’obiettivo di passare dalla classica azienda di stampo familiare a un’organizzazione più strutturata e, soprattutto, di far crescere il fatturato da 25 a 100 milioni di euro. Nel tipico ciclo quinquennale di investimento di un fondo, siamo riusciti nel nostro intento, anche grazie ad alcune acquisizioni e contiamo oggi su 500 persone. Nel frattempo, però, anche la concorrenza, soprattutto dei telco operator e delle società di consulenza, è cresciuta ancora e, quindi, abbiamo provato a capire come rafforzarci ulteriormente. Anziché ragionare solo con un’ottica locale, abbiamo preferito scegliere un consolidamento di tipo internazionale, entrando in un gruppo paneuropeo giovane, ma già forte e reso solido dalla presenza del fondo Carlyle.


Gianvittorio Abate, managing partner per la Southern Region di Neverhack


Gianvittorio Abate, managing partner per la Southern Region di Neverhack



Come cambiano le prospettive e gli obiettivi?

Intanto, siamo entrati nel board di una realtà con una presenza importante in Europa, in rapida espansione nel Middle East e pronta a crearsi spazio anche negli Usa e in Sudamerica. Possiamo contare su una struttura globale di oltre 1.200 persone e facciamo leva su ricavi per 250 milioni di euro, pur continuando a produrre liquidità. Vogliamo soprattutto crescere e collaborare con vendor e realtà locali, con occhio di riguardo soprattutto verso le medie aziende, dove sta crescendo la consapevolezza verso la cybersecurity.

Qual è il vostro posizionamento di mercato e quali rapporti avete con i principali vendor del settore?

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Non siamo vendor di prodotto ma sviluppiamo soluzioni per gestione rischio e offriamo servizi gestiti e system integration specializzata nella cybersecurity, che per noi rappresenta il core business, mentre non è e non deve essere altrettanto per i nostri clienti. L’incident response rappresenta il nostro storico ambito di focalizzazione, ma ci occupiamo anche di analisi forense, social engineering, asset management, attività di testing sui Soc, supporto alla corretta implementazione dei dettami di normative come Nis2 e Dora. La volontà di crearci spazio nel mondo delle medie imprese nasce da una domanda oggi crescente, ma anche dalla propensione di queste realtà ad andare in direzione del full outsourcing con infrastrutture gestite in cloud. Lavoriamo con diversi vendor, da Trend Micro a Palo Alto, da Crowdstrike a Netskope, ma in Europa anche con nomi come Nutanix e Zscaler. Non abbiamo legami specifici e valutiamo caso per caso quali tecnologie meglio si adattano alle necessità dei nostri clienti.

Dove pensate di poter crescere in termini di mercati verticali?

Tutto il comparto è in crescita e le opportunità sono molteplici. Noi copriamo tutti gli ambiti, ma puntiamo a migliorare soprattutto nell’automotive e nei trasporti. I budget ci sono, per cui occorre abilità e chiarezza di proposta per riuscire a intercettarli. Sul piano tecnologico, è ovvio pensare di poter monetizzare sugli sviluppi in direzione dell’intelligenza artificiale, potenziando l’automazione di task e lavorando in ambiti come la verifica della correttezza delle risposte, la voice e face recognition, l’analisi di pattern o di fonti non strutturate. Ci rafforzeremo non solo per via organica, ma anche procedendo a nuove acquisizioni, con l’obiettivo di raggiungere in quattro anni una valorizzazione pari a 2,5 miliardi di euro.





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