Rapporto Accenture, l’AI spinge fiducia e autonomia » inno3

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L’intelligenza artificiale acquisisce livelli sempre più avanzati di autonomia, ridisegna i modelli di sviluppo tecnologico, le esperienze dei clienti, i processi operativi e persino la gestione della forza lavoro. Al centro di questa rivoluzione si colloca un tema cruciale: la “fiducia” che le persone e le organizzazioni ripongono nell’AI. Se i benefici promessi dall’intelligenza artificiale – ottimizzazione, efficienza, innovazione – devono ‘realizzarsi’ su larga scala, occorre porre le basi di un sistema in cui gli algoritmi siano non solo performanti, ma anche trasparenti, equi e comprensibili. E’ il messaggio chiave della venticinquesima edizione del rapporto Accenture Technology Vision che smarca un punto di svolta nell’evoluzione digitale. Il rapporto, il cui tema quest’anno è declinato in New Age of AI to Bring Unprecedented Autonomy to Business, sottolinea come l’AI sia pronta a diventare un vero e proprio agente decisionale in molteplici aree aziendali, dai processi di sviluppo software alla customer experience, dalla progettazione di robot nel mondo fisico alla collaborazione uomo-macchina. Nel contesto di questa indagine, la parola chiave “autonomia” si declina in una serie di nuove opportunità, ma anche di responsabilità: più le macchine imparano, infatti, più bisogna assicurarsi che operino in modo affidabile e allineato agli obiettivi e ai valori aziendali.

La metodologia di questa edizione 2025 prevede una sistematica esplorazione del mercato e delle innovazioni, corroborata da un’ampAI base di dati raccolti tramite: un advisory board esterno composto da esperti del mondo accademico, dell’industria e del settore pubblico, con l’obiettivo di apportare diversi punti di vista nella fase di definizione degli ambiti di indagine; due sondaggi paralleli con il primo di essi che ha coinvolto oltre 4.000 dirigenti d’azienda, provenienti da 21 settori e distribuiti in 28 Paesi ed il secondo, invece, che ha preso in esame oltre 12.000 consumatori, con lo scopo di cogliere sia le percezioni dei decision maker sia quelle delle persone comuni sull’impatto dell’AI e delle tecnologie correlate. Accenture ha quindi studiato applicazioni reali di AI, soluzioni di robotica e progetti di software development di nuova generazione, con particolare attenzione alle tecnologie di agentic AI (sistemi multi-agente autonomi) e alle dinamiche di fiducia/adozione che ne derivano. L’obiettivo centrale è quello di individuare le direttrici che guideranno l’adozione dell’AI e le sue ripercussioni in diversi ambiti: dalla programmazione di software alla customer experience, dagli scenari di robotica alla collaborazione uomo-macchina e, in ultima analisi, all’impatto che tutto ciò avrà sui modelli organizzativi. Entriamo quindi nei dettagli.

Accenture, i numeri di New Age of AI

Il dato numerico più rilevante da cui partire è relativo alla portata della diffusione dell’AI, che si sta espandendo a una velocità superiore rispetto a qualsiasi altra tecnologia precedente. Non a caso, il 69% degli intervistati fra i dirigenti dichiara di avvertire la necessità di ripensare urgentemente i sistemi informatici e i processi sottostanti, per cogliere appieno le potenzialità dell’AI di nuova generazione.

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I ricercatori di Accenture hanno incrociato questi dati quantitativi con informazioni di carattere qualitativo, provenienti da interviste e focus group, per trarre indicazioni puntuali su come le aziende intendono utilizzare, regolamentare e “educare” l’AI nei contesti più disparati. Questa metodologia mista, che combina sondaggi su larga scala e analisi approfondite, consente di delineare un quadro credibile e completo, capace di guidare le imprese nell’individuare le priorità tecnologiche e organizzative.

Uno dei temi metodologici chiave è la misurazione della fiducia che le persone ripongono nelle tecnologie basate su AI. Il rapporto segnala infatti che il 77% degli executive intervistati ritiene che i benefici dell’AI possano davvero realizzarsi soltanto su basi di fiducia solida e trasparente. La fiducia non è più un fattore collaterale, bensì una metrica fondamentale, che le aziende dovranno tenere in considerazione in modo strutturale, dalle prime fasi di progettazione di modelli AI fino alla gestione operativa e al monitoraggio continuo dei risultati.

Un partner intelligente per lo sviluppo tecnologico

Il rapporto mette in luce come l’AI stia smettendo di essere semplicemente uno strumento di supporto per diventare un partner capace di contribuire in modo attivo alla progettazione e allo sviluppo di nuove soluzioni. Con il diffondersi di modelli di AI generativa (GenAI) che superano la barriera del linguaggio naturale, la stesura di codice subisce un’accelerazione notevole. Non è un caso che Accenture parli di un passaggio significativo per i programmatori: “da sviluppatori a ingegneri di sistema”.

Le piattaforme come GenWizard, SynOps e AI Refinery (citate da Accenture) abilitano la creazione rapida di sistemi multi-agente, facilitando lo sviluppo di custom systems che rispondono in modo più preciso alle esigenze di ciascuna organizzazione. L’architettura, di conseguenza, non è più statica, ma intention-based, ovvero orientata a raggiungere obiettivi specifici tramite agenti autonomi capaci di apprendere, collaborare e gestire interi processi, dal procurement alla pianificazione logistica.

Accenture Technology Vision 2025

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Accenture Technology Vision 2025

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I numeri di Accenture Technology Vision 2025

L’AI nuovo touchpoint per la customer experience

Un altro aspetto centrale è la transizione dell’AI da semplice interfaccia a vero e proprio ambasciatore del brand. Se in passato i chatbot e gli assistenti virtuali sono stati spesso percepiti come risorse “generiche”, ora l’esigenza delle aziende è di personalizzarli perché riflettano valori, stile e persino il tone of voice del marchio.

Secondo il rapporto, l’80% dei dirigenti teme che l’uso indiscriminato di chatbot basati su Llm (Large Language Models) possa appiattire l’identità di brand, generando esperienze troppo simili tra loro. Per evitare questo rischio, il 77% degli stessi dirigenti è convinto che si debbano generare “personified AI experiences”, in cui la tecnologia non risulti anonima, ma sappia incarnare lo spirito, la cultura e i valori dell’azienda. Le implicazioni di questo passaggio sono considerevoli: le imprese dovranno investire nella costruzione di “cervelli digitali” (digital brains) in cui riversare le competenze e le caratteristiche del proprio brand, per restituirle al cliente in forma di interazioni sempre più personalizzate e distintive.

Un ulteriore risultato rimarchevole concerne l’arrivo imminente di robot generalisti, in grado di imparare e riconfigurarsi in base ai compiti da svolgere. L’indagine evidenzia che, entro il prossimo decennio, molte aziende potranno avvalersi di robot capaci di acquisire competenze nuove molto velocemente, passando da mansioni relativamente semplici a processi specializzati.

Un esempio concreto citato nel rapporto è la collaborazione di Accenture con Kion Group e Nvidia per l’ottimizzazione della gestione dei magazzini: l’obiettivo è far interagire robot autonomi con gli operatori umani, garantendo un flusso di lavoro sicuro e fluido. Ecco, l’80% dei dirigenti intervistati ritiene, infatti, che la collaborazione e il “continuo apprendimento” tra persone e robot possano rafforzare non solo la produttività, ma anche la fiducia reciproca.

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L’alleanza virtuosa tra persone e AI

A differenza della tradizionale automazione, l’AI di nuova generazione favorisce un ciclo di apprendimento continuo: più le persone la utilizzano, più l’AI si affina; più essa si affina, più le persone tendono a servirsene in modi creativi e sofisticati.

Questo circolo virtuoso, evidenzia Accenture, non è un vantaggio puntuale, ma potenzialmente continuo: l’AI cresce “insieme” ai dipendenti, accompagnandoli in un processo di evoluzione professionale. Il 80% dei leader ritiene prioritario consolidare un buon rapporto tra AI e forza lavoro, a partire da una comunicazione chiara su obiettivi e implicazioni dell’adozione tecnologica, per dissipare i timori legati alla sostituzione dei lavoratori con macchine intelligenti.

Un esempio citato è il Generative AI Scholars Program lanciata da Accenture in collaborazione con Stanford Online, iniziativa che mira a potenziare le competenze dei clienti in materia di AI generativa. In parallelo, le aziende possono offrire a ogni dipendente un assistente digitale in grado di aiutare, formare e potenziare l’efficacia operativa. I dati mostrano che chi ha già familiarità con l’AI generativa, infatti, ha una percezione del suo impatto cinque volte più positiva rispetto a chi non ne ha.

Fiducia e governance, due aspetti strategici

Secondo gli analisti di Accenture il tema della fiducia si intreccia nel profondo con le sfide di governance e di responsabilità nell’uso dell’AI. Lo sottolinea così Julie Sweet, chair e Ceo di Accenture: “sbloccare i benefici dell’AI sarà possibile solo se i leader sapranno costruire e rafforzare la fiducia nelle sue prestazioni e nei relativi risultati”.

Julie Sweet, chief executive officer di Accenture
Julie Sweet, chair e chief executive officer di Accenture

Questo implica un cambiamento culturale, che richiede di affiancare all’adozione tecnologica un vero e proprio percorso di sviluppo e integrazione dei principi di responsible AI. Non basta garantire la conformità a standard etici e di privacy: occorre fornire prove di accuratezza, coerenza e prevedibilità, affinché dipendenti e consumatori possano affidarsi all’AI con tranquillità.

La fiducia, infatti, deve essere misurata e coltivata su più livelli. Un livello tecnico con la validazione degli algoritmi, trasparenza dei modelli, riduzione dei bias; un livello organizzativo, con chiari processi di governance e audit, con responsabilità ben definite ed infine un livello umano, attraverso una comunicazione efficace, formazione del personale e coinvolgimento dei consumatori su come e perché l’AI prenda determinate decisioni.

La corsa verso i sistemi multi-agente

Accenture sottolinea inoltre il progressivo passaggio dai software monolitici ai sistemi “intention-based” e multi-agente. Così spiega Karthik Narain, group chief executive – Technology e Cto di Accenture: “Questo è un momento generazionale di transizione in cui le organizzazioni avranno l’opportunità di progettare soluzioni più flessibili, in grado di evolvere in tempo reale”.

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Karthik Narain, group chief executive  Technology e Cto di Accenture

I sistemi multi-agente, dotati di AI generativa e capaci di interagire fra loro, potranno assumere ruoli diversi all’interno dell’impresa: dal supporto alle attività di front-end (ad esempio i customer care chatbot) a quelle di back-end (come l’ottimizzazione degli inventari).

Sarà però necessaria un’architettura tecnologica aperta e dinamica, che permetta ai diversi agenti di imparare dagli errori, ridefinire i propri parametri di volta in volta e comunicare con le piattaforme centrali in modo sicuro e tracciabile.

Le prospettive sulla forza lavoro

Un altro fronte di analisi riguarda l’impatto sulla forza lavoro. Gli analisti evidenziano come l’AI, se ben implementata, possa trasformarsi in un alleato prezioso per i dipendenti, liberandoli dalle mansioni ripetitive e permettendo loro di focalizzarsi su attività a maggiore valore aggiunto. Le implicazioni di questo processo, però, non sono immediate: occorrono investimenti in formazione e aggiornamento delle competenze, per evitare che l’automazione avanzata sfoci in un senso di insicurezza o resistenza da parte del personale.

Qui, la responsabilità manageriale è fondamentale. I dirigenti dovranno saper comunicare con trasparenza le ragioni di certe scelte, mettere a disposizione strumenti formativi adeguati e, soprattutto, disegnare percorsi di sviluppo professionale che tengano conto delle nuove abilità richieste dall’era dell’AI. Solo in questo modo la forza lavoro potrà diventare protagonista attiva della transizione tecnologica, anziché subirla passivamente.

Robotica e nuove frontiere di… Fisicità

Se fino a pochi anni fa si pensava alla robotica soprattutto come a un insieme di macchine programmate per compiti ripetitivi, oggi l’AI promette di “dar vita” a robot generici, capaci di specializzarsi rapidamente. Gli esperti di Accenture intravedono in questa evoluzione l’opportunità di rivoluzionare interi settori: dalla logistica all’healthcare, dalla manifattura all’agrifood. Un punto critico su cui gli analisti insistono riguarda la sicurezza e l’interazione uomo-robot. Lavorare fianco a fianco con macchine autonome richiede nuovi protocolli, non solo tecnici (sensori, controlli) ma anche di fiducia reciproca e di design dell’esperienza. Sarà essenziale definire standard internazionali di certificazione, aggiornare le normative sul lavoro e promuovere la collaborazione tra diverse discipline—dall’ingegneria all’antropologia—affinché l’innovazione in questo campo non crei barriere sociali o problemi etici.

L’AI è pronta a diventare un vero motore di trasformazione continua, ma il successo dipenderà dalla capacità di guidarla con consapevolezza, responsabilità e una visione di lungo periodo. Siamo all’alba di un’era in cui la tecnologia non è più soltanto “abilitante”, bensì “partecipativa” e, in un certo senso, “creativa”: se si riesce a coniugare lo sviluppo di strumenti sempre più potenti con una governance illuminata, è possibile davvero inaugurare una fase di autonomia positiva e di sinergia tra uomini e macchine

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