Le ultime elezioni comunali di Bari si sono concluse nel giugno 2024 con la vittoria del candidato del centro sinistra Vito Leccese. Tuttavia nel Comune capoluogo pugliese in precedenza era stata nominata una commissione di accesso antimafia determinata da un procedimento penale che ha portato all’esecuzione di oltre 130 misure cautelari, tra cui una riguardante una consigliera comunale sottoposta alla misura della custodia cautelare degli arresti domiciliari oltre al commissariamento della municipalizzata del trasporto pubblico AMTAB. Successivamente, in data 7 febbraio 2025, il governo, sulla base delle risultanze della relazione della Commissione di accesso, ha deciso di non procedere allo scioglimento del Comune, anche se il ministro dell’interno ha disposto provvedimenti restrittivi nei confronti di tre aziende partecipate e ha irrogato delle sanzioni per alcuni dipendenti. Tale vicenda, comunque, ha riacceso il dibattito sull’attuale normativa in materia di scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, l’art. 143 del TUEL, che si basa su elementi meramente cautelari e sintomatici, l’applicazione dei quali talvolta può mortificare il principio democratico dello svolgimento delle libere elezioni.
1. Il caso Bari e lo scioglimento dei Comuni per mafia
Il Ministro dell’Interno in data 19 marzo 2024, a pochi mesi dalle elezioni comunali, ha nominato, per la seconda volta in un capoluogo di Regione, dopo l’inchiesta “Mafia Capitale” del 2014, una commissione di accesso finalizzata a verificare un’ipotesi di scioglimento del Comune di Bari legata all’inchiesta c.d. “codice interno”.[1]
Tale provvedimento è stato adottato in conseguenza dell’indagine che aveva portato a Bari all’arresto di oltre 130 persone, tra cui la ex consigliera comunale Maria Carmen Lorusso, eletta con il centro destra e poi passata con il centro sinistra, suo marito Giacomo Olivieri avvocato ed ex consigliere regionale, il padre di lei l’oncologo Vito Lorusso.[2]
Già nell’ottobre 2022 un’altra consigliera comunale di Bari Francesca Ferri, sempre eletta nel centrodestra, era stata arrestata e poi rinviata a giudizio con il suo compagno e l’ex consigliere regionale Nicola Canonico per presunto voto di scambio nella stessa tornata elettorale a Bari e nel vicino Comune di Valenzano. Gli imputati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale per le elezioni di Bari e di voto di scambio elettorale politico-mafioso per quelle di Valenzano.
L’inchiesta di Bari ha, inoltre, determinato il commissariamento della municipalizzata del trasporto pubblico AMTAB nella cui sede si sarebbero svolti incontri tra esponenti della criminalità organizzata, anche se si deve rilevare che il Procuratore della Repubblica, in sede di conferenza stampa, ha riferito di ritenere sostanzialmente estranea l’amministrazione comunale all’indagine.
In relazione al provvedimento di accesso ispettivo nei confronti del comune di Bari, il Ministero dell’Interno ha precisato che “lo stesso si è reso necessario in esito ad un primo monitoraggio disposto dal Viminale circa i fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziaria che ha portato a più di cento arresti nel capoluogo pugliese e alla nomina da parte del Tribunale, ai sensi del codice antimafia, di un amministratore giudiziario per l’Azienda Mobilità e Trasporti Bari spa, interamente partecipata dallo stesso comune”.
Il Viminale ha poi riferito che “l’accesso ispettivo, disposto ai sensi di precise disposizioni di legge, a Bari come in diversi enti locali per analoghe circostanze, non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del Comune, bensì ad una approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali che potranno offrire, in quella sede, ogni utile elemento di valutazione”.
In questo clima di strisciante incertezza si sono svolte la campagna elettorale e le elezioni nel Comune in questione. In conseguenza del ballottaggio, il candidato Vito Leccese è stato eletto sindaco di Bari; il predetto sostenuto da una coalizione di centrosinistra ha ottenuto il 70,27% dei voti, superando il candidato di centrodestra Fabio Romito, fermo al 29,73% L’affluenza definitiva è stata del 37,53%; al primo turno aveva votato il 58,17% degli aventi diritto.
Potrebbero interessarti anche:
2. Cenni sulla normativa in materia e le decisioni del governo
Preliminarmente si osserva che la normativa vigente (art. 143 TUEL) ha una funzione preventiva e cautelare e non punitiva e la Corte costituzionale[1] ha ritenuto legittimo l’istituto; successivamente la legge di riforma n. 94/2009 ha fornito adeguate indicazioni sui presupposti dello scioglimento, sulla scansione procedimentale, sulle attività da svolgere e sulla tempistica.[2]
Tale strumento si può considerare un’extrema ratio di prevenzione e di contrasto della criminalità organizzata, come sintesi tra i principi di libertà, garantiti dalle libere elezioni democratiche e quelli di imparzialità e buon andamento della vita amministrativa.
Infatti, lo Stato, con valutazione altamente discrezionale, attraverso Commissari straordinari, si sostituisce per un tempo determinato agli organi elettivi al fine del ripristino della legalità, del buon andamento e della trasparenza della gestione pubblica e la salvaguardia della corretta funzionalità dell’Amministrazione. In questo modo, le esigenze di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata prevalgono sui risultati delle libere consultazioni elettorali.
In base alla sua ultima formulazione, l’art. 143 del TUEL n. 267/2000, prevede “la possibilità di scioglimento dei consigli comunali (e provinciali)[3] in presenza di elementi concreti (valenza fattuale), univoci (non contradditori) e rilevanti (indicativi della presenza mafiosa), che rivelino collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare, ovvero forme di condizionamento degli stessi soggetti”.[4]
Ovviamente, poiché il D.Lgs. n.29/1993 ha attribuito anche all’apparato amministrativo la gestione dei Comuni, vi è l’estensione del controllo in presenza contestuale dei tre elementi anche ai segretari comunali, ai direttori generali e ai dipendenti dell’ente locale.
Viene, quindi, effettuata un’indagine ad ampio spettro in ambito preventivo e di difesa sociale che si realizza con l’accesso presso l’ente locale, gli enti pubblici e le società partecipate (nel caso in esame l’AMTAB di Bari) ed altri enti (come quelli sottoposti a controllo per il contrasto al riciclaggio); la relazione conclusiva deve essere redatta entro 3 mesi, prorogabili di altri 3 mesi come nel caso in questione.
La procedura prevede che, entro 45 giorni dalla trasmissione della relazione della Commissione di accesso, deve essere redatta da parte del Prefetto la relazione destinata al Ministero dell’Interno.
È stabilito anche l’obbligo di convocare il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica ed è prevista l’acquisizione non obbligatoria di informazioni dal Procuratore della Repubblica anche in deroga all’art. 329 c.p.p. (segreto d’ufficio).
Il decreto di scioglimento e di nomina della Commissione straordinaria da parte del Presidente della Repubblica avviene su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro tre mesi dalla data della trasmissione della relazione prefettizia. Successivamente, il Presidente della Repubblica nomina un collegio composto da tre membri scelti tra funzionari dello Stato e magistrati ordinari e amministrativi, che di solito non prestano servizio nella stessa provincia.
L’incarico ha una durata da 12 a 18 mesi, con possibilità proroga a 24 mesi disposta almeno 50 giorni prima della scadenza dello scioglimento; tali termini devono considerarsi perentori.
Il lavoro della Commissione a Bari si è concentrato sulla gestione delle aziende municipalizzate e partecipate del Comune; e poi anche su alcune figure gestionali delle stesse società pubbliche e sui loro presunti rapporti con ambienti della criminalità organizzata della città.[5]
Nella relazione del prefetto di Bari, tuttavia, sulla base dei lavori della commissione di accesso, non sono stati rilevati i presupposti per lo scioglimento del Comune e il Viminale non si è discostato da queste indicazioni. E ciò anche perché, in seno al Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, il Procuratore di Bari aveva confermato di ritenere sostanzialmente estranea l’amministrazione comunale all’indagine. Pertanto, un eventuale scioglimento avrebbe avuto il vulnus di questo parere nell’eventuale giudizio instaurato a seguito del probabile ricorso giurisdizionale
Pertanto, il governo in conseguenza dell’istruttoria, non ha propostoal Presidente della Repubblica lo scioglimento del Comune, ma ha proceduto al controllo di due aziende comunali, AMIU e MULTISERVIZI, che hanno mostrato alcune criticità, in aggiunta all’AMTAB già commissariata.
Infatti, secondo il Viminale, “Non si è realizzata l’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi, sia passati che attuali e non risultano compromessi il buon andamento l’imparzialità dell’amministrazione comunale e il regolare funzionamento dei servizi e non si è determinato pregiudizio per la sicurezza pubblica”.
Tuttavia, la legge prevede che “ove siano emersi in uno o più settori amministrativi, situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”, il prefetto può individuare “i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per l’adozione degli stessi”.[6]
Per quanto riguarda l’AMTAB, nella relazione si fa riferimento “alla carenza dei controlli da parte della dirigenza in merito alle assunzioni che in diversi casi sono avvenute tramite ricorso ad interinali successivamente stabilizzati”. A tal proposito il Ministero fa un esempio eclatante, quello del cugino dell’ex Sindaco De Caro che, insieme ad altri nove soggetti ha ottenuto, grazie ad un accordo transattivo patrocinato da un avvocato, anch’egli cugino del Sindaco, l’assunzione a tempo indeterminato nell’azienda.[7]
Per l’AMIU e MULTISERVIZI sono state invece previste solo delle misure di tutoraggio. In particolare per l’AMIU si disporrà l’applicazione per un anno dell’articolo 94-bis del codice antimafia che prevede la cosiddetta “prevenzione collaborativa”, conseguente all’accertamento di “situazioni di agevolazione occasionale” nei confronti di possibili soggetti riconducibili alla criminalità organizzata. La società quindi dovrà adottare i provvedimenti organizzativi di risanamento al fine di rimuovere e prevenire le anomalie riscontrate. A tal fine verrà utilizzato il Gruppo Interforze (GIA) istituito presso la prefettura, che avrà il compito di verificare le transazioni societarie, sia in entrata che in uscita, i conferimenti di incarichi professionali e ogni atto di amministrazione di valore non inferiore a 5.000 euro, o di valore superiore stabilito dal prefetto. La stessa azienda dovrà utilizzare un conto corrente dedicato che consentirà la tracciabilità degli atti di pagamento e riscossione.
Spetterà infine al prefetto nominare una terna di esperti per garantire il “tutoraggio” della società e, all’esito del monitoraggio, lo stesso valuterà il rilascio di un’informazione liberatoria o l’adozione di un’interdittiva antimafia.
Per la MULTISERVIZI, per la quale è stata riconosciuta un’opera di bonifica compiuta anche con il licenziamento di alcuni dipendenti “controindicati”, il GIA provvederà ad acquisire con cadenza mensile e per un periodo di dodici mesi copia dei contratti di lavori, servizi e forniture, nonché della documentazione relativa alle assunzioni. Inoltre, saranno ascoltati con cadenza trimestrale i vertici dell’azienda in merito all’andamento delle attività. Queste misure mirano a rafforzare il controllo sulle società partecipate e a garantire la trasparenza e l’integrità dell’amministrazione comunale.
Per quanto concerne invece le funzioni interne del Comune, il prefetto dovrà esercitare una “rigorosa” azione di controllo, richiedendo all’amministrazione di riorganizzare il sistema di monitoraggio interno per garantire i principi di legalità, trasparenza ed efficienza, soprattutto nelle procedure assunzionali; bisognerà anche migliorare la gestione del personale nelle società partecipate e nella polizia locale.
Il ministro ha utilizzato comunque i risultati della relazione trasmessa per una serie di singole sanzioni nei confronti di dipendenti comunali, il cui comportamento ha evidenziato indizi di contiguità con persone ritenute vicine alla criminalità organizzata. Ci sono, infatti, casi in cui alcuni uffici comunali (in particolare, la Polizia municipale) hanno avuto un approccio non imparziale rispetto a persone controindicate; infatti, l’indagine ha fatto emergere il caso delle due vigilesse che si sono rivolte al presunto autista di un boss della mafia per vendicarsi di un automobilista che le avrebbe insultate. A tale riguardo, il ministro dell’Interno ha disposto, ai sensi dell’art. 145, terzo comma, del TUEL la sospensione per tre mesi di un agente di polizia locale che “in più di un’occasione ha mostrato una significativa vicinanza e un contegno soggiacente nei confronti di soggetti controindicati appartenenti alla criminalità organizzata locale” e la revoca della qualifica di agente di pubblica sicurezza a dieci vigili, ai quali sarà ritirata l’arma di servizio.
Non sono, invece, emersi casi “di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi” che possano aver avuto influenza su “appalti, contratti e servizi” ulteriori rispetto a quello di alcune aziende municipalizzate.
3. Conclusioni: la necessità di una riforma normativa
Il clamore mediatico suscitato dall’inchiesta ha riacceso il dibattito sulla normativa antimafia per lo scioglimento dei Comuni nel nostro ordinamento, la quale costituisce una delle più avanzate al mondo, tant’è che dal 1991, data di entrata in vigore della legge n. 221/1991, al 26 maggio 2024, sono stati sciolti 384 Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, di cui 25 annullati a seguito di ricorso giurisdizionale; a questi si aggiungono 7 aziende ospedaliere. Tuttavia, una prima riflessione riguarda la discrezionalità attribuita alle prefetture nel valutare le situazioni di cui trattasi, la quale è stata di fatto estesa dall’interpretazione della giurisprudenza amministrativa che, negli anni, ha favorito il procedimento amministrativo previsto dall’art. 143 TUEL sulla base di meri sospetti, determinando lo scioglimento dei consigli comunali in assenza di reati o di responsabilità dei vertici politici.
Lo scioglimento, poi, dovrebbe essere utilizzato in casi estremi e dopo accertamenti concreti e non per sospetti e illazioni e si auspica un intervento in chiave preventiva più frequente delle prefetture per vigilare su comportamenti di amministratori e atti amministrativi legittimi, ma discutibili e inopportuni; lo spirito quindi dovrebbe esser quello della leale collaborazione tra le istituzioni, sancito dall’art. 20 della nostra Costituzione per ricondurre ad unità la Repubblica.
Si osserva anche che, nonostante il Consiglio di Stato abbia ritenuto necessario, ai fini dello scioglimento, anche la presenza di un elemento soggettivo e cioè che il condizionamento da parte della criminalità organizzata deve postulare “la consapevolezza di indirizzare le azioni degli amministratori al soddisfacimento degli interessi delle consorterie malavitose”,[1] si ritiene che non sempre tale requisito è stato messo in rilievo dai decreti di scioglimento.
Per comprendere il ruolo della normativa sullo scioglimento dei Comuni per mafia, è inoltre necessario contestualizzare la dimensione politica della mafia con altri fattori che concorrono alla formazione del fenomeno mafioso. Le organizzazioni criminali, infatti, si consolidano nel tessuto economico, sociale e culturale di un territorio coinvolgendo anche le forze politiche.[2]
Alla luce di ciò, si comprende come la normativa antimafia sullo scioglimento dei Comuni, da sola, non è in grado di sradicare le organizzazioni criminali da un territorio, anche se la legislazione in materia risulta essere efficace.
Potrebbe, quindi, essere previsto un prolungamento straordinario della misura, da riservare in maniera eccezionale ai casi più problematici, dove vi sia evidenza che la normale durata del commissariamento, comprensivo del periodo di proroga già definito (fino a ventiquattro mesi), non sia sufficiente per garantire un ripristino della legalità nell’ambito dell’amministrazione infiltrata. Mantenendo la durata ordinaria del commissariamento tra i dodici ed i diciotto mesi, potrebbe essere disposto un prolungamento non più sino a ventiquattro, ma fino a trentasei mesi. Il prolungamento della proroga permetterebbe così di garantire maggiore adattabilità della normativa ai diversi contesti di infiltrazione mafiosa.
Per soddisfare tali esigenze, la legge di conversione del decreto n. 113 del 2018 (legge n. 132 del 2018) ha introdotto l’art 32-bis, il quale istituisce presso il Ministero dell’Interno “un apposito nucleo, composto da personale della carriera prefettizia, nell’ambito del quale sono individuati i componenti della commissione straordinaria […] per la gestione degli enti sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare”. Tale nucleo è costituito da un contingente di personale non superiore alle 50 unità, “di cui dieci con qualifica di prefetto e quaranta con qualifica fino a viceprefetto”. Un elemento fondamentale è rappresentato dalla previsione che, come indicato al comma 3, se necessario, tali funzionari svolgono i loro incarichi a tempo pieno ed in via esclusiva, senza continuare a svolgere il proprio compito nelle prefetture, come avviene spesso.
Inoltre, si osserva che l’art 145, comma 1, TUEL, attribuisce al Prefetto la facoltà di disporre, su richiesta della commissione straordinaria ed in deroga alle norme vigenti, l’assegnazione in via temporanea di personale appartenente ad altri enti pubblici. Tuttavia, l’utilizzo di queste figure aggiuntive, indicate come “sovraordinati”, risulta essere oggi problematica. Infatti, la richiesta di personale aggiuntivo può essere effettuata una volta che è disposto lo scioglimento, dopo una verifica della disponibilità del personale candidato, un’intesa con l’ente pubblico di appartenenza, una verifica dell’onorabilità delle persone indicate e l’autorizzazione del Ministero dell’Interno. Questo processo richiede tuttavia diversi mesi a partire dall’insediamento della commissione straordinaria e quindi il ritardo nella messa a disposizione del personale aggiuntivo ostacola il percorso di ripristino della legalità nel Comune sciolto, minando quindi l’efficacia del lavoro dei Commissari.
Pertanto, potrebbe essere creato un secondo albo di figure da affiancare ai Commissari straordinari, già identificate dall’art. 145 come “sovraordinati”, che costituiscono la longa manus della Commissione straordinaria e che vengono messi a capo degli uffici strategici del Comune.
Si osserva, anche, che la diffusa avversione di numerose comunità all’instaurazione della Commissione straordinaria contribuisce ad un crescente sentimento di delegittimazione e scetticismo nei confronti dell’amministrazione straordinaria. Questa sensazione talvolta viene alimentata dalla Giunta sciolta, che diffonde l’avversione nei confronti dell’azione normativa di contrasto alle infiltrazioni mafiose.
Questa mancanza di legittimità è anche alimentata dalla scarsa chiarezza delle motivazioni che hanno portato all’applicazione della normativa. Gli stessi decreti di scioglimento sono talvolta caratterizzati da numerosi dati secretati poiché includono informazioni personali dei soggetti coinvolti, o ancora si formano per relationem rimandando ad altri atti. Tutto questo limita notevolmente la comprensibilità dei documenti ufficiali, contribuendo invece alla formazione di un crescente scetticismo nei confronti dell’efficacia della misura.
È fondamentale, pertanto, intervenire a livello normativo per supportare la percezione di legittimità dello scioglimento nei Comuni sciolti. Un primo passo comprenderebbe l’introduzione del diritto di entrare in contraddittorio per l’amministrazione per cui è in corso l’accertamento di infiltrazioni mafiose. La Commissione d’accesso, così come il Prefetto con la sua successiva relazione, non partecipano infatti ad un confronto con l’amministrazione oggetto della procedura. Questo vulnus da un lato impedisce allo Stato di ottenere un quadro più completo della situazione e, dall’altro, dà spazio al tentativo di delegittimazione della Commissione.
L’introduzione di tale misura, garantirebbe una maggiore legittimità del procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n.241/1990 che non andrebbe ad intaccare la natura preventiva e non punitiva dell’istituto dello scioglimento e diverrebbe uno strumento di legittimazione dell’eventuale decreto di scioglimento.
Un’altra misura, sia in ottica di generale trasparenza che di supporto alla legittimità della commissione straordinaria, potrebbe prevedere la declassifica della relazione della Commissione d’accesso. Infatti, sia la proposta che il decreto di scioglimento risultano essere documenti piuttosto sintetici, mentre la relazione di accesso è invece un documento molto più completo, ma di utilizzabilità ridotta in virtù della sua classificazione riservata. La posizione di questa classifica potrebbe dunque essere rivalutata, al fine di far comprendere alla cittadinanza le ragioni dello scioglimento.
Inoltre, allo stato, non vi è alcuno strumento per verificare la reale efficacia del lavoro di risanamento dei commissari. Questa assenza di trasparenza in merito all’attività svolta dalla Commissione pone diversi problemi; da un lato è difficile per i cittadini comprendere se l’attività della commissione straordinaria sia stata proficua nel ripristinare la legalità nell’amministrazione pubblica, e dall’altro ostacola il trasferimento di buone pratiche nella gestione dei Comuni sciolti. In tal modo, diventa, difficile per la Giunta che sarà eletta comprendere dove si è intervenuto e a quali aspetti dare maggiore attenzione per prevenire future infiltrazioni mafiose.
La mancanza di una valutazione, quindi, può essere attenuata con l’introduzione dell’obbligatorietà della relazione di fine commissariamento. Questo documento risulta fondamentale per aumentare la trasparenza della Commissione straordinaria, tracciando l’operato dei funzionari dello Stato e rilevando sia le note di merito che eventuali inefficienze. Si proporrebbe così come uno strumento per riassumere l’attività della commissione straordinaria, a disposizione sia dei cittadini che delle altre commissioni.
Serve, altresì, prevedere strumenti di partecipazione della cittadinanza alle attività della Commissione straordinaria, da sviluppare durante il lavoro di quest’ultima e non soltanto nel periodo successivo al commissariamento.
Una proposta potrebbe essere la creazione di un consiglio aperto alla cittadinanza, che sia organizzato con scadenza regolare dalla commissione straordinaria e che funga da strumento di formazione, confronto e dialogo tra funzionari dello Stato e territorio. Tale prassi aiuterebbe ad alleviare il clima di sfiducia della cittadinanza nei confronti dei commissari e garantirebbe alle comunità locali una maggiore trasparenza della gestione amministrativa e degli sforzi di eliminazione della pressione mafiosa.
In conclusione si deve prendere atto che le due opposte esigenze della prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e quella del rispetto dei risultati delle libere consultazioni elettorali svoltesi democraticamente appaiono difficilmente conciliabili. Pertanto, il contemperamento tra le stesse necessità deve spettare, oltre che alla Commissione di accesso e alla Prefettura chiamate ad un esame delle fattispecie equilibrato e rigoroso, senza alcun condizionamento politico, soprattutto al Parlamento, espressione della volontà popolare, che dovrà dirimere tali interessi contrastanti ed entrambi meritevoli di tutela.[3]
Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?
Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Iscriviti!
Note
[1] E. Montani, Bari, il Ministero valuta lo scioglimento per mafia Decaro: atto di guerra, in Il Quotidiano di Puglia del 20 marzo 2024.
[2] P. Gentilucci, Accesso antimafia al comune di Bari: la prima volta in un capoluogo di regione, in Diritto.it del 22 marzo 2024.
[3] Cfr. Sentenza n. 103/1993.
[4] M. Teresa Sempreviva, Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno, Dike editore, 2017.
[5] Secondo la dottrina prevalente lo scioglimento per mafia della Provincia non è più possibile ai sensi della legge n. 56/2014.
[6] S. Guerra, Lo scioglimento per infiltrazioni mafiose: gestione straordinaria e profili di responsabilità, in Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno cit. pp. 623-642.
[7] N. Mangialardi, La relazione degli “007” nelle mani del prefetto. Fari sulle municipalizzate, in Il Quotidiano di Puglia del 25 settembre 2024.
[8] Redazione, Bari è salva, ma su Amiu Puglia pende la scure del commissariamento, in Foggia Today dell’8 febbraio 2025.
[9] S, Dell’Edera, A Bari entra in azione il team “antimafia” Amiu sorvegliata speciale, in Il Quotidiano di Puglia dell’11 febbraio 2025.
[10] Cfr. Cons. Stato sentenza n.748/2016 cit.
[11] Proposte per la correzione della normativa per lo scioglimento dei Comuni per mafia pubblicato nell’ambito della campagna Mafia male Comune, Maggio 2022 – Pubblicazione a cura di Orizzonti Politici.
[12] P. Gentilucci, Scioglimento dei comuni per mafia: un istituto da riformare?, in Diritto.it del 2 ottobre 2024.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link