Una volta ottenute le dovute autorizzazioni, Poste rileverà il 9,81% di Tim da Cdp chericeverà da Poste il 3,78% di Nexi, salendo così al 18,3% del gruppo dei pagamenti, e un conguaglio inferiore ai 180 milioni di euro
Poste Italiane entra nel capitale di Tim e apre un nuovo capitolo finanziario e industriale per la principale compagnia telefonica del Paese. Cassa Depositi e Prestiti rafforza la presa su Nexi e, di riflesso, sulla rete interbancaria e sul progetto di euro digitale. Questo, in sintesi, il senso dello scambio di quote azionarie concluso ieri fra le due società controllate dal ministero dell’Economia. Una volta ottenute le dovute autorizzazioni, Poste rileverà il 9,81% di Tim da Cdp; in cambio Cdp riceverà da Poste il 3,78% di Nexi, salendo così al 18,3% del gruppo dei pagamenti, e un conguaglio inferiore ai 180 milioni di euro.
Poste, il secondo socio di Tim
Poste diventerà così il secondo socio di Tim dopo il gruppo francese Vivendi. L’operazione era allo studio da tempo e ha natura industriale, in linea con le altre 20 acquisizioni realizzate in precedenza dal gruppo guidato da Matteo Del Fante. L’investimento, spiega infatti una nota, «abilita l’evoluzione dei rapporti commerciali fra Tim e Poste Italiane». Come? Anzitutto, Tim è vicina a sostituire Vodafone come fornitore di rete di Poste Mobile, operatore che conta quasi 5 milioni di clienti. Altre collaborazioni fra le due aziende sono però immaginabili, per esempio, nella connessione degli oltre 13 mila uffici postali. Oppure nella tecnologia e nel cloud, di cui Tim è fornitore e su cui Poste investe circa 800 milioni di euro all’anno. A partire da lunedì si inizierà a ragionare su come concretizzare queste ipotesi di sinergie, nonché sull’opportunità di inserire un rappresentante di Poste nel consiglio di Tim. Il gruppo telefonico ha in agenda un board domani, ma ci vorrà ancora tempo prima che possa avvenire l’avvicendamento tra il presidente di Cdp, Giovanni Gorno Tempini, e il rappresentante indicato da Poste.
Un’industria sotto pressione
Più a lungo termine Poste intende giocare anche un ruolo strategico nel rilancio dell’industria delle telecomunicazioni nazionale, provata da anni di guerra dei prezzi fra gli operatori che ha depresso ricavi (-47% solo nella telefonia mobile), profitti, occupazione e investimenti. L’ingresso in Tim, chiarisce non a caso la nota, ha anche l’obiettivo di «favorire, con tutti gli attori interessati, il consolidamento del mercato delle telecomunicazioni italiano». Porte aperte, insomma, a chiunque voglia sedersi al tavolo con Poste. Vivendi, in primis, che, forte del 23,75% del capitale, gode di un sostanziale diritto di veto su operazioni straordinarie come la conversione delle azioni di risparmio, l’abbattimento del capitale e le aggregazioni con altri operatori.
Il dialogo con il fondo britannico Cvc e con il gruppo francese Iliad
Poste potrebbe però anche riannodare i fili del dialogo con il fondo britannico Cvc e con il gruppo francese Iliad che proprio in queste settimane si erano accostati a Tim. Il primo, Cvc, era vicino a comprare la partecipazione di Vivendi con l’intenzione di favorire aggregazioni con Iliad. Quest’ultimo puntava, da solo o con l’assist di Cvc, ad aggregarsi con Tim per ridurre da quattro a tre il numero di operatori nel Paese.
L’evocazione del golden power
L’entrata in partita di Poste prima e l’evocazione del golden power da parte del Mef poi sono state interpretate come uno stop ai progetti di Cvc e Iliad dagli investitori che venerdì hanno punito il titolo Tim con un calo del 7,6% in Borsa. Da quanto si apprende da fonti vicine al gruppo, però, Poste non considera il suo investimento ostativo rispetto ad altre operazioni di consolidamento che, certo, ora andranno ricalibrate alla luce del nuovo assetto azionario di Tim.
La strategia di Cdp
Quanto a Cdp, l’uscita da Tim le consente di concentrare la sua presenza nelle telecomunicazioni nella sola Open Fiber, in predicato di aggregarsi con la rivale Fibercop per formare la cosiddetta rete unica nazionale. L’uscita della Casa dal capitale della compagnia arriva, peraltro, a seguito delle cessioni della rete, delle torri Inwit e dei cavi di Sparkle che hanno ridotto l’esigenza di un presidio strategico nazionale. Necessità che invece è ancora forte in Nexi che controlla la rete interbancaria dei pagamenti e potrebbe avere un ruolo centrale nel progetto di euro digitale coltivato dalla Bce. «Cdp aumenta la propria quota in Nexi dall’attuale 14,46% al 18,25%, rafforzando così il sostegno alla strategia industriale di un’azienda, protagonista in Europa nell’infrastruttura dei pagamenti digitali», rimarca infatti una nota dell’ente guidato da Dario Scannapieco.
Gli advisor
Nello scambio di quote Rothschild ha agito da consulente di Poste, Deutsche Bank di Cdp. Intesa Sanpaolo – IMICIB ha rilasciato la fairness opinion al cda della società.
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