Cuno Tarfusser: Le dure critiche alla politica italiana e alla Corte penale internazionale

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Un recente incontro al Senato, promosso dalla senatrice Juliane Unterberger, ha visto l’intervento di Cuno Tarfusser, ex vicepresidente della Corte penale internazionale, il quale ha espresso forti dichiarazioni riguardo la gestione dei crimini internazionali e la risposta dell’Italia a queste tematiche. Tarfusser ha messo in discussione il comportamento delle autorità italiane in relazione al mandato di cattura per i leader stranieri, sottolineando una grave incoerenza nel trattamento di situazioni delicate come quelle legate a Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu.

Le contraddizioni della politica italiana

Durante il convegno, Tarfusser ha evidenziato cosa significa, in un contesto di giustizia globale, avere posizioni che oscillano a seconda delle convenienze politiche nazionali. La sua frecciata è stata diretta verso il leader della Lega, Matteo Salvini, il quale ha più volte manifestato sostegno per Netanyahu, nonostante il suo governo sia stato soggetto a un mandato d’arresto da parte della Corte Penale. “Trovo che sia una cosa assolutamente folle avere posizioni ondivaghe in merito alle decisioni della Corte penale internazionale”, ha detto Tarfusser, esprimendo la sua frustrazione per il fatto che i crimini internazionali non dovrebbero avere colore politico. La coerenza è fondamentale, secondo Tarfusser, che ha definito qualsiasi tentativo di giustificare tali disparità come inaccettabile.

Le criticità del caso Almasri

Nonostante le difficoltà e le frustrazioni politiche, Tarfusser ha preso di mira specificamente la gestione del caso di Abu Omar Almasri, sottolineando le decisioni del governo Meloni e, in particolare, del ministro della Giustizia Carlo Nordio. La sua indignazione è palpabile, poiché ha raccontato di come, dopo aver ricevuto una notifica drammatica da un’amica, la moglie del procuratore dell’Aja, si sia sentito scioccato dalla scarcerazione di Almasri. L’ex vicepresidente della Corte ha criticato le giustificazioni date dal governo italiano, trovandole inadeguate e irricevibili, specialmente alla luce del tempo avuto per ponderare sul caso.

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“Non c’è stato nessun complotto contro l’Italia”, ha affermato Tarfusser, evidenziando che le affermazioni del ministro non riflettono la realtà. Questo tipo di affermazione ha causato non poche traumi nel campo legale e politico, e il magistrato ha suggerito che l’errore risieda più nella mancanza di comprensione del caso che non in un presunto disegno contro il nostro Paese.

Un ricordo dal passato

Rievocando il suo passato in qualità di vicepresidente, Tarfusser ha espresso quanto fosse difficile il passaggio da un’attività giudiziaria comune a una legata ai crimini internazionali. Per lui, entrare a far parte della Corte penale internazionale nel 2009 ha significato lavorare su questioni di cruciale importanza globale, lontano dai reati quotidiani, ma in un ambito che richiede una coscienza critica e profonda. “Gli orrori che ho visto mentre lavoravo per la Corte hanno segnato in modo indelebile il mio modo di vedere la giustizia”, ha affermato, riflettendo sulle atrocità che frequentemente sfuggono all’attenzione pubblica.

L’Italia e il suo ruolo nella giustizia internazionale

Tarfusser ha espresso incredulità riguardo allo stato attuale dell’Italia nel contesto della giustizia internazionale, sottolineando la contraddizione di un Paese che ha contribuito alla creazione dello Statuto di Roma e al contempo si allontana dalla sua applicazione. Per lui, non è accettabile che l’Italia, nazione che ha dato vita a un’importante istituzione come la Corte penale internazionale, possa attaccarla o discreditarla in un momento di crisi. Il commento che ha fatto sul ruolo dell’Italia ha il sapore di una richiesta di responsabilità, evidenziando che ogni nazione deve mantenere un comportamento coerente con i principi di giustizia che ha fondato e ratificato.

Critiche al discorso internazionale

Non ci sono risparmi nemmeno per altri leader mondiali. Tarfusser ha riservato stoccate anche a Donald Trump, ritenendo incredibile che un leader non coinvolto nel processo della Corte possa permettersi di criticarla. Tale attacco, a suo avviso, mostra una mancanza di comprensione delle dinamiche giuridiche internazionali. Le sue ultime parole, rivolte a coloro che parlano della Corte senza conoscerne il funzionamento, ci avvertono sull’importanza di un’informazione basata sui fatti e non su interpretazioni superficiali.



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