La Consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Abruzzo Erika Alessandrini è intervenuta all’ultima seduta del Comitato di Coordinamento per la V.I.A. riunito per la valutazione del progetto di RFI per la velocizzazione della linea ferroviaria Roma-Pescara. In discussione il Lotto 2 che prevede il raddoppio ferroviario nella tratta Manoppello – Scafa.
“Era importante che le enormi criticità legate al tracciato di variante scelto da RFI venissero espresse anche in questa sede ufficiale, per arrivare sui tavoli del Ministero. Non possiamo lasciare nulla di intentato nel cercare di sensibilizzare Governo, Ministeri ed RFI sull’importanza di riprogettare l’opera evitando la devastazione della cittadina di Manoppello e del contesto ambientale e paesaggistico che la circonda e per gestire oculatamene il denaro dei cittadini.” ha dichiarato la consigliera M5S.
Il riferimento è alle opere che RFI ha previsto di realizzare, abbandonando in questo secondo lotto la sede del tracciato ferroviario esistente, definito come” storico”: sono previsti 8 km di viadotti, ponti e rilevati che rappresentano un danno ingiustificabile e costosissimo in termini economici, ambientali e sociali, per le enormi ripercussioni che stanno per abbattersi sul territorio. Alternative sostenibili esistono e vanno colte finché si è ancora in tempo, essendo questa fase parte del procedimento di approvazione del progetto di fattibilità tecnico economica, necessaria a valutare pro e contro dell’intervento.
“Ho voluto lasciare una dichiarazione negli atti della seduta di VIA perché, analizzando il progetto di RFI, è evidente che sono venute meno tutte le motivazioni che giustificavano la scelta di un tracciato in variante rispetto a quello storico.” aggiunge la consigliera Alessandrini. “La prima è legata all’interferenza del tracciato con il fiume Pescara: il ponte esistente può essere ampliato ed irrobustito piuttosto che costruire una nuova struttura che posiziona un pilone proprio nell’alveo del fiume, arrecando danni ambientali e paesaggistici non quantificabile e contravvenendo alle stesse prescrizioni emerse in sede VIA. L’altra interferenza è quella con l’autostrada e anche in questo caso piuttosto che realizzare un nuovo ponte a 43 metri di altezza, sarebbe meno impattante, meno costoso e più conveniente da ogni punto di vista, ampliare il tracciato storico che corre, al di sotto dell’autostrada, al centro della campata, permettendo a Ferrovie di allargare comodamente l’attuale sede. Infine, la più importante delle ingiustificabili scelte di RFI: quella di una interferenza con la sede della Alanno Gas, ditta di stoccaggio di GPL”.
RFI, ritenendo pericolosa la vicinanza tra la ditta e il tracciato ferroviario storico, ha progettato un percorso di variante che ha semplicemente spostato il problema sul lato opposto del lotto industriale. Questo è quanto emerge dal progetto depositato e pubblicato.
“Una contraddizione sostanziale ed ingiustificabile che mina alla base la scelta di RFI di spendere, per questo tratto, svariate decine di milioni di euro, espropriare decine di famiglie e svariate attività imprenditoriali floride ed avviate, devastare il territorio ed il paesaggio irrimediabilmente, per costruire un tracciato alternativo che, in termini di sicurezza, mantiene lo stesso livello di pericolosità del tracciato storico con l’area di stoccaggio di gas. Sarebbe stato più opportuno e soprattutto ragionevole espropriare l’unica ditta che crea problemi di sicurezza, delocalizzando i depositi di GPL in un’area più consona e sicura, e semplicemente allargare, dal km 1 al km 3, la sede del tracciato storico, così come viene fatto per tutto il progetto di velocizzazione fino a Manoppello.”
Il MoVimento 5 Stelle, insieme ai comitati dei cittadini residenti, proseguirà la propria azione per chiedere al Ministero e ad RFI di rivedere le proprie scelte: seguire il tracciato storico comporta spese economico finanziarie irrisorie rispetto al tracciato di variante, anche in termini di manutenzioni future. Potrebbero essere evitati gli espropri di decine e decine di famiglie spaccando un tessuto urbano in due. Si eviterebbe uno smodato uso di suolo: in termini ambientali e paesaggistici ampliare la sede esistente avrebbe un impatto quasi nullo rispetto alla cementificazione da zero di 8 km di paesaggio non urbanizzato. Proprio le opere pubbliche statali dovrebbero essere le prime ad applicare principi comunitari e nazionali di non consumo di suolo e rispettosi del DNSH, richiesti in modo specifico e obbligatorio a tutte le opere pubbliche e private.
“Non ci daremo per vinti e faremo tutto il possibile per portare queste considerazioni all’attenzione del Ministero e di RFI. Possiamo salvare il nostro territorio e ci impegneremo per farlo” conclude la Alessandrini.
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