Inchiesta «Palude» la Procura ha notificato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari: 34 indagati tra cui il sindaco di Venezia, il direttore generale del Comune Ceron, il vice capo di gabinetto Donadini, il magnate di Singapore Kwong. Nel mirino dei pm l’affare del terreno dei Pili e la vendita di Palazzo Papadopoli
Trentaquattro indagati, compreso l’ex assessore di Venezia Renato Boraso (che qui deve rispondere di ulteriori reati) e soprattutto il sindaco Luigi Brugnaro e i suoi bracci destri Morris Ceron e Derek Donadini. Dopo il clamoroso blitz del 16 luglio scorso, i pm lagunari Roberto Terzo e Federica Baccaglini tirano dritti sulle accuse di corruzione a Brugnaro per la vicenda della tentata vendita dell’area dei Pili e di quella di Palazzo Papadopoli a prezzo ritenuto scontato al magnate di Singapore Ching Chiat Kwong, indagato anche lui con il suo referente in Italia Luis Lotti. Venerdì nel primo pomeriggio i pm hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e ora gli indagati avranno 20 giorni per depositare memorie o nuovi atti o per chiedere di essere interrogati. Poi scatterà la richiesta di rinvio a giudizio, con l’obiettivo di accorpare – nell’udienza del prossimo 16 maggio di fronte al gip Carlotta Franceschetti – questo filone a quello che si è aperto il 13 febbraio e che riguarda solo Boraso (per gli episodi per cui era ancora agli arresti domiciliari) e gli imprenditori Fabrizio Ormenese, Francesco Gislon e Daniele Brichese, che puntano tutti al patteggiamento.
Il tentativo di vendita del terreno da 150 milioni di euro
Per la procura, il sindaco Brugnaro e il suo staff (il capo di gabinetto e direttore generale Ceron e il vice capo di gabinetto Donadini) avrebbero cercato in tutti i modi di vendere a Kwong i Pili, che il sindaco aveva comprato dal Demanio nel 2006 a un prezzo di 5 milioni di euro, in cambio della promessa di un aumento di cubatura: in una prima fase si era parlato di un prezzo di vendita di 85 milioni di euro, poi passati a 150 milioni con la possibilità di edificare oltre 340 mila metri quadri calpestabili, tra grattacieli alti 100 metri e un centinaio di ville, oltre a un palasport, un casinò, una casa di riposo e altro. Nella progettazione sarebbe stata coinvolta la società trevigiana Sama Global, il cui referente Claudio Vanin, a cui la procura ha dato credito, è diventato il grande accusatore di Brugnaro.
Palazzo Papadopoli e la tangente dell’ex assessore Boraso
Legata all’affare dei Pili, secondo le indagini della Guardia di Finanza, ci sarebbe stata anche la vendita a Kwong di Palazzo Papadopoli, valutato 14 milioni anni fa e la cui stima poi all’improvviso era calata a 10,7, poco meno del prezzo proposto dal magnate. Per l’accusa, in questa vicenda Boraso avrebbe preso una tangente da 73 mila euro sotto forma di una falsa consulenza. Per la difesa del sindaco, invece, l’immobile era stato venduto a un prezzo congruo, dopo che due aste erano andate deserte, mentre sui Pili non c’è stata nessuna vera trattativa.
Gli altri capi di imputazione
Gli altri capi d’imputazione riguardano appunto l’ex assessore e vari imprenditori accusati di averlo pagato tramite delle consulenze immobiliari fittizie in cambio del suo aiuto a far avanzare i propri progetti ottenendo le autorizzazioni o premendo sui funzionari comunali che se ne occupavano. In alcuni casi è contestata la corruzione, in altri la turbativa d’asta. Altri reati sono quelli fiscali per le false fatture, e riciclaggio. Tra gli indagati ci sono vari esponenti di spicco dell’amministrazione veneziana, come l’ex direttore di Avm (la holding veneziana dei trasporti) Giovanni Seno, il dirigente della stessa Avm Fabio Cacco, il direttore del Casinò Alessandro Cattarossi, la direttrice di Insula Alessandra Bolognin.
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