le disperate linee rosse di Kiev

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Zelensky ha già detto che i territori occupati dai russi non saranno liberati nel prossimo futuro e, se messo sotto pressione, rinuncerà anche all’ingresso nell’Alleanza atlantica. Ma il ridimensionamento delle forze armate ucraine e la fine degli aiuti militari occidentali sono una linea rossa

Nella notte tra giovedì e venerdì, un solitario drone kamikaze russo si è schiantato contro la struttura che copre il reattore numero 4 della centrale di Chernobyl, in Ucraina, teatro nel 1986 del più grave incidente nucleare della storia. La centrale si trova ad appena quattro chilometri dalla Bielorussia, lungo la rotta verso Kiev che i droni russi percorrono ogni notte. Il drone in questione volava a circa 80 metri di altezza per sfuggire ai radar ucraini, ma l’edificio di contenimento è alto 108 metri.

Sembrerebbe un incidente, ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non crede alla teoria del caso fortuito. «L’attacco – ha dichiarato – dimostra che Putin non è affatto pronto a negoziare, ma sta continuando a ingannare i suoi interlocutori». Più che un’accurata valutazione di intelligence, questa affermazione sembra però un messaggio indirizzato a Donald Trump, nel tentativo di inserirsi nei negoziati diretti tra Casa Bianca e Cremlino, dai quali Kiev (insieme all’Unione Europea) è finora rimasta esclusa. Dall’offerta di risorse naturali agli avvertimenti su un nuovo esercito russo che in Bielorussia si starebbe preparando a invadere un paese Nato (accusa lanciata, ma senza molte prove), Zelensky sta usando tutte le leve a sua disposizione per convincere il leader americano che abbandonare l’Ucraina sarebbe contrario agli interessi degli Stati Uniti.

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Le opzioni di Kiev

Anche nella migliore delle ipotesi, però, sembra che nei prossimi negoziati Kiev dovrà fare molte concessioni. Alcune sono già state fatte. La questione territoriale, ad esempio, appare ormai archiviata: Zelensky ha già dichiarato che il quinto del paese attualmente sotto occupazione sarà liberato in futuro. Con ogni probabilità, quindi, un eventuale cessate il fuoco seguirà l’attuale linea del fronte. Se al momento dei negoziati ci saranno ancora truppe ucraine su suolo russo, Kiev potrebbe tentare uno scambio di territori, ma le possibilità sono scarse. Il Cremlino ha detto di non essere interessato e, inoltre, ai 500 chilometri quadrati di Russia occupata si contrappongono più di 120.000 chilometri quadrati di Ucraina sotto controllo russo.

Zelensky, invece, non ha ancora ceduto sulla questione delle garanzie militari e, insieme ai suoi inviati, continua a chiedere l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. E, se non l’adesione all’alleanza, Kiev vuole almeno lo schieramento di truppe Nato nel paese, idealmente non solo con funzioni di presidio lungo la futura linea di contatto tra i due eserciti, ma con basi aeree e missilistiche. Insomma, tutto ciò che servirebbe per una vera deterrenza militare contro Mosca. E chiede che siano truppe americane, non europee.

La questione delle armi

Kiev ha già rinunciato ai territori occupati e potrebbe accettare un rinvio o un “congelamento” dell’ingresso nella Nato. Se messo sotto pressione, è probabile che Zelensky ceda anche sullo schieramento di un contingente Nato nel paese – difficile da accettare per la Russia, ma anche per gli Usa. La vera linea rossa per gli ucraini è la riduzione delle loro forze armate e l’interruzione delle forniture di armi occidentali, una delle principali richieste avanzate dal Cremlino in questi tre anni di guerra. Senza la Nato, secondo Kiev, solo un esercito numeroso e soprattutto dotato di armi a lungo raggio, capaci di colpire obiettivi in Russia, potrà proteggere il paese da una nuova aggressione russa, che qui molti considerano inevitabile.

È in quest’ottica che va vista la proposta ucraina di scambio di risorse naturali con gli Stati Uniti, la cui prima bozza sarebbe stata completata nelle ultime ore. L’idea di Zelensky è offrire terre rare in cambio di nuove armi. Il problema, al momento, è che Trump sembra considerarla più un modo per ripagare gli aiuti militari già inviati. Su questo punto, però, non c’è dubbio che Kiev alzerà le barricate e farà di tutto per farsi sentire.

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