Caro-bollette, il governo vuole tagliare la tassa sulle emissioni di CO2

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Le bollette sempre più alte hanno spinto il ministro Giorgetti ad anticipare in Parlamento la volontà di intervenire per abbassarle. Ma le proposte potrebbero far fare all’Italia passi indietro sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici

Le bollette degli italiani continuano a crescere e ora il governo Meloni ha deciso di intervenire. Lo ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in un question time al Senato.

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Il ministro ha annunciato un intervento tempestivo nel giro di qualche giorno, probabilmente nella forma di un decreto. L’obiettivo è, ovviamente, abbassare le bollette del gas e dell’elettricità degli italiani che continuano a pagare più di tutti gli altri cittadini europei.

Gli abitanti del bel Paese pagano l’energia il 25% in più dei tedeschi, il 40% in più rispetto ai francesi e il 48% rispetto agli spagnoli. E le cose stanno peggiorando. Perché secondo Assoutenti, le tariffe del gas in Italia oggi sono il 24% più alte rispetto al 2024. Con una spesa annua più cara di 309 euro a famiglia in media.

E dunque, cosa conterrà il decreto del governo? Presto per dirlo con certezza. Ciò che si sa è che nella lista dei provvedimenti è presente senza dubbio la sospensione della tassa sulle emissioni di CO₂.

Si tratta di un contributo che i produttori di energia che utilizzano fonti fossili, come carbone e gas, devono pagare per compensare le emissioni di anidride carbonica che generano. Questa tassa ha lo scopo di incentivare l’adozione di fonti energetiche più pulite e di ridurre l’inquinamento atmosferico.

Con la sospensione di questa tassa, i produttori di energia che utilizzano gas avrebbero minori costi operativi, il che potrebbe portare a una riduzione del prezzo all’ingrosso dell’energia. Di conseguenza, le bollette per i consumatori potrebbero diminuire.

Una misura che da una parte porterà a un abbassamento delle bollette, dall’altra farà fare passi indietro rispetto alla transizione ecologica necessaria per contrastare i cambiamenti climatici.

Una decisione dannosa se non accompagnata ad altre politiche, come ad esempio il disaccoppiamento dei prezzi dell’energia prodotta da fossili e quella prodotta da rinnovabili che renderebbe meno costosa in bolletta – e quindi preferita dai cittadini – l’energia prodotta con eolico, fotovoltaico e idroelettrico. Dando un’ulteriore spinta al settore delle rinnovabili.

Come funziona il disaccoppiamento del prezzo dell’energia?

Il prezzo dell’elettricità in Italia (e quindi delle bollette) dipende dal prezzo dell’elettricità sui mercati all’ingrosso. E questo è determinato attraverso un sistema chiamato mercato marginalista. Ma cosa significa?

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Immaginiamo che ogni giorno venga organizzata un’asta per soddisfare la domanda di elettricità. Tutti i produttori di energia (da fonti rinnovabili come il solare e l’eolico, alle centrali a gas e carbone) propongono un prezzo per vendere la loro energia sulla base dei loro costi di produzione. Le offerte vengono ordinate, partendo da quelle più economiche (come il solare e l’eolico, che hanno costi di produzione molto bassi), fino a quelle più costose (come il gas).

Il prezzo finale per tutti viene stabilito dall’ultima offerta necessaria per coprire la domanda di energia in un dato momento. Questa è solitamente l’offerta delle centrali a gas, che hanno costi più alti.

In altre parole, anche se gran parte dell’energia è prodotta da fonti rinnovabili, il prezzo che paghiamo è influenzato da quello del gas, perché è spesso la fonte “marginale” necessaria per soddisfare la domanda.

Perché il prezzo del gas influenza anche le rinnovabili?

Questo meccanismo è cruciale per capire un apparente paradosso: se il prezzo del gas aumenta, anche il prezzo dell’energia rinnovabile aumenta. Ma perché?

Le fonti rinnovabili come il solare e l’eolico producono energia a costi bassissimi, ma il mercato marginalista fissa il prezzo dell’elettricità in base alla fonte più costosa necessaria. Quindi, se il gas diventa più caro (ad esempio, a causa di tensioni geopolitiche o problemi di approvvigionamento, come in questo caso), aumenta il prezzo dell’offerta marginale. Questo incremento si riflette sul prezzo pagato per tutta l’energia, incluse le fonti rinnovabili.

Il risultato? Produttori di energia rinnovabile che non hanno costi variabili elevati guadagnano di più, mentre i consumatori pagano bollette più alte.

Cosa si potrebbe fare per scindere i prezzi?

Per evitare che il prezzo del gas influenzi tutta l’elettricità e quindi per abbassare il prezzo delle bollette, si stanno valutando alcune possibili soluzioni.

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La prima è una generale riforma del mercato dell’energia. Una proposta è quella di cambiare il meccanismo di formazione del prezzo, separando le fonti rinnovabili da quelle fossili. In pratica, le fonti rinnovabili potrebbero essere vendute attraverso contratti a lungo termine con prezzi fissi (i cosiddetti PPA, Power Purchase Agreements) mentre l’elettricità prodotta da gas o carbone potrebbe continuare ad essere regolata dal mercato marginalista.

Un’altra possibilità è imporre un limite massimo al prezzo del gas utilizzato per produrre elettricità. Questa misura è stata già sperimentata in Spagna e Portogallo con il cosiddetto “meccanismo iberico”, che ha ridotto l’impatto del gas sul prezzo finale dell’energia.

Il problema è che cambiare le regole con lo scopo di abbassare le bollette non è semplice: servono interventi coordinati a livello europeo e nazionale. Ma una cosa è certa: per rendere la transizione energetica davvero equa e sostenibile, bisogna scollegare il prezzo dell’elettricità da quello del gas e rendere il passaggio alle fonti rinnovabili più conveniente per tutti. In primo luogo per i consumatori.



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