«Un cammino per far emergere chi fa politica per servizio»

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«È il momento conclusivo di un percorso e anche l’inizio di una bella avventura. È un rilancio di una rete che è nata a Trieste da un’esigenza apparentemente molto semplice, che è quella di provare a dare una risposta alla solitudine che tanti amministratori provano, anche rispetto alle proprie comunità, nel fare politica in contesti che oggi sembrano lontanissimi da quello spirito di servizio che anima la maggior parte delle persone che sono impegnate in questo campo dopo aver fatto un percorso nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti». Francesco Russo, portavoce della Rete di Trieste e attuale vicepresidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia spiega che «ci sono 700 persone che fanno parte di una chat nazionale e più di 400 che partecipano in presenza a questo evento»

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Perché vi siete riuniti?

«Perché crediamo che questa costituente degli amministratori di ispirazione cristiana possa essere un luogo di dialogo, di confronto e di partecipazione nel segno della trasversalità e dell’ascolto dal basso. Vorremmo riprendere una politica di servizio. Partendo dalla storia di ciascuno di noi, di tutti questi amministratori locali che vanno a spalare la neve nei comuni di montagna perché le persone anziane possano uscire di casa, per esempio, che si occupano dei loro territori e che hanno un modo di fare politica del tutto diverso da quello che vediamo nei talk show». Francesco Russo, portavoce della Rete di Trieste e attuale vicepresidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia spiega che questa nuova «costituente degli amministratori di ispirazione cristiana sarà un luogo di dialogo, di confronto e di partecipazione nel segno della trasversalità e dell’ascolto dal basso».

Quali saranno i prossimi passi?

«Organizzeremo 100 conferenze stampa in contemporaneamente in tutta Italia, in tutti i capoluoghi provinciali con un ordine del giorno, una mozione condivisa, trasversale che faccia emergere una presenza di cattolici che oggi, se guardiamo il Parlamento, sembrano pochi e male organizzati ma che, nelle realtà della maggiorparte degli 8.000 comuni italiani, dimostrano che invece ci sono. Che si prendono le loro responsabilità. Che incarnano quella politica di servizio i cattolici ci sono, si prendono le loro responsabilità e incarnano quella politica di servizio che noi crediamo si il vero modo di fare partecipare».

Davvero non siete collocati?

«Nel momento in cui noi siamo capaci di organizzare trasversalmente delle iniziative in comune diamo il segno di una politica che sa andare oltre gli schieramenti, che non risponde alle logiche soltanto di appartenenza ma, come dovrebbe sempre essere, va nella direzione di risolvere i problemi delle donne e degli uomini in questo Paese. La maggioranza degli amministratori che sono coinvolti nella rete fanno parte di esperienze civiche. Quello che ci dicono i cattolici è che c’è una fatica anche di stare nei partiti, nelle coalizioni così come oggi sono e quindi il tentativo anche di costruire delle soluzioni diverse, che sono molto varie regione per regione, ma che esistono e soprattutto nelle piccole realtà sono la stragrande maggioranza. Quindi è interessante anche vedere come questo desiderio che le settimane sociali hanno rilanciato e che hanno coinvolto anche il tessuto ecclesiale, seppur nella distinzione dei ruoli delle associazioni che sono vicine a questa operazione, l’Azione Cattolica, le ACLI, Comunione di Liberazione, il Movimento dei Focolari, l’Agesci, Sant’Egidio, l’MCL, il Rinnovamento dello Spirito, è un cammino che in qualche maniera dimostra che c’è uno spazio, che ci sono tante persone che fanno politica per servizio e che forse è il momento di farle emergere, di farle conoscere di più».

Quando ci sono un po’ di cattolici che si riuniscono ci si chiede subito se fonderanno un partito. Voi dite, invece, che non siete un partito, ma molto di più. Che significa?

«Siamo di più perché crediamo che bisogna prendere atto, quando la partecipazione al voto è al 50% e solo l’11% delle persone dichiara di aver partecipato almeno una volta nell’ultimo anno a una manifestazione di tipo politico, che è saltato il paradigma, gli strumenti di far politica che abbiamo usato fino ad oggi. In Germania e in Austria il mondo cattolico si è espresso in maniera anche molto importante sulle questioni chiave della politica nazionale. In Austria sono scesi in piazza con una grande presenza dell’azione cattolica austriaca per dire no alle derive antidemocratiche che potevano esserci in quel paese. Noi crediamo che anche da noi possa nascere una forma diversa di condizionamento positivo dall’esterno e dall’interno – perché poi molti di noi sono anche interni ai partiti, che parte da questa trasversalità e che è capace di dire ai partiti le cose che non vanno».

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Per esempio?

«In questi giorni parliamo della legge della Toscana e vediamo che la contrapposizione ideologica su certi temi porta tutti a sbagliare. Noi crediamo che questa legge sia stata una fuga in avanti della regione, ma al tempo stesso denunciamo anche che sul tema c’è un colpevole ritardo del Parlamento e della maggioranza che lo governa. Allora essere in rete ci permette di dire con più franchezza all’uno o all’altro dello schieramento le cose che non vanno, quando non vanno, e poi invece contribuire effettivamente con una progettualità che riparte dal basso, che parte dalle persone e che speriamo possa essere ascoltata da una parte o dall’altra».





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