Prezzi del gas alle stelle: l’industria italiana in difficoltà

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I prezzi del gas in Italia continuano a crescere, raggiungendo livelli più che doppi rispetto a quelli pre-pandemia: ecco cosa sta succedendo.

I prezzi del gas in Italia continuano a crescere, raggiungendo livelli più che doppi rispetto a quelli pre-pandemia e restando significativamente superiori rispetto agli Stati Uniti. Questa situazione sta mettendo a dura prova la competitività della manifattura italiana, come emerso durante la tavola rotonda organizzata da Gas Intensive, dal titolo “Gas Release: misura essenziale per la competitività della manifattura e del Paese”.

Un divario preoccupante nei prezzi del gas

Attualmente, il gas in Italia costa circa 58 euro per megawattora (MWh), contro una media di 25 euro registrata tra il 2010 e il 2018. In confronto, negli Stati Uniti il prezzo si aggira intorno ai 10 euro per MWh, evidenziando un divario che pesa fortemente sulla competitività delle imprese italiane.

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Inoltre, il valore del Punto Virtuale di Scambio, l’indice di riferimento per il prezzo del gas in Italia, mostra uno spread di circa 2 euro per MWh, un differenziale che incide sul costo finale dell’energia per le aziende italiane. Nonostante la maggior parte del gas ora provenga dal Sud (soprattutto dall’Algeria) e sotto forma di gas naturale liquefatto (Gnl), il residuo importato dal Nord continua a influire negativamente sulla formazione del prezzo nazionale.

La Gas Release: una soluzione ancora in sospeso

Per contrastare l’aumento dei prezzi, era stata prevista la Gas Release, una misura pensata per garantire tra i 2 e i 3 miliardi di metri cubi di gas nazionale all’anno a prezzi regolamentati e più convenienti. Tuttavia, nonostante tre passaggi normativi, la misura non è ancora stata attuata, principalmente a causa delle difficoltà legate all’estrazione di nuovo gas sul territorio nazionale.

La produzione di gas in Italia è crollata drasticamente: dai circa 20 miliardi di metri cubi degli anni Novanta ai soli 2,7 miliardi previsti per il 2024. E questo, nonostante le riserve accertate oscillino tra i 50 e i 100 miliardi di metri cubi, quantità che potrebbero sostenere una produzione annua di circa 10 miliardi di metri cubi per diversi anni.

Allarme dalle imprese: competitività a rischio

Durante la tavola rotonda, i rappresentanti delle principali industrie gasivore hanno sottolineato l’urgenza di rilanciare la Gas Release, adattandola alle nuove esigenze del mercato energetico. Chiarini, presidente di Gas Intensive, ha avvertito: “Se non agiamo, rischiamo una catastrofe”, sottolineando la necessità di misure tempestive per evitare il declino della competitività industriale.

Anche Ciarrocchi, presidente di Confindustria Ceramica, ha espresso preoccupazione per le possibili conseguenze economiche e sociali: “Rischiamo la delocalizzazione delle grandi imprese e le Pmi della ceramica potrebbero ridimensionarsi o chiudere. La concorrenza globale è spietata, con produttori cinesi e indiani che beneficiano di costi energetici e del lavoro più bassi”.

Infine, Lorenzo Poli, presidente di Assocarta, ha denunciato l’impatto devastante sui bilanci delle aziende del settore: “Stiamo chiudendo i bilanci in perdita. L’industria cartaria italiana, seconda in Europa, rischia di perdere la propria posizione competitiva. Stiamo importando il 10% in più di carta rispetto a quattro anni fa, perché molte aziende italiane stanno rallentando la produzione o rifiutando nuove commesse”.

Uno scenario incerto tra crisi energetica e sfide geopolitiche

La crisi energetica italiana si inserisce in un contesto geopolitico complesso, aggravato dalla chiusura dei flussi di gas dalla Russia. Questo ha reso urgente una risposta strutturale, che passa necessariamente attraverso il rilancio della produzione nazionale di gas o soluzioni alternative come la Gas Release.

Tuttavia, restano dubbi sulla praticabilità di questa misura, specialmente in un contesto segnato da opposizioni politiche e difficoltà operative nell’estrazione di nuovo gas. La domanda centrale è se l’Italia riuscirà a trovare una soluzione efficace per garantire prezzi competitivi alle imprese, evitando così la perdita di competitività e l’eventuale delocalizzazione di settori strategici per l’economia nazionale.

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La pressione è alta e il tempo stringe: il futuro della manifattura italiana dipenderà dalle scelte che verranno fatte nei prossimi mesi.



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