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Albin Kurti – © Alexandros Michailidis/Shutterstock

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Le elezioni parlamentari in Kosovo delineano uno scenario incerto: vince Kurti ma senza larga maggioranza e un governo di coalizione appare ora inevitabile, con ripercussioni sulla stabilità politica e sul dialogo con la Serbia

Il 9 febbraio scorso, si sono tenute in Kosovo le elezioni parlamentari, contraddistinte da un processo elettorale “libero ed equo”. La partecipazione al voto è stata del 40,59%, in calo rispetto al 48,78% delle precedenti politiche del 2021. Una flessione che riflette i cambiamenti intervenuti nel panorama politico del Kosovo negli ultimi quattro anni, risultato tanto dello scetticismo interno quanto da fattori geopolitici esterni.

I risultati hanno confermato il predominio del Movimento per l’Autodeterminazione (Lëvizja Vetëvendosje, VV) del Primo Ministro Albin Kurti, che ha ottenuto il 40,83% delle preferenze.

Nonostante rimanga il primo partito, il risultato segna comunque un calo significativo rispetto al 50,28% che permise a Kurti di governare con una maggioranza solida nel 2021.

Le principali forze di opposizione, il Partito Democratico del Kosovo (PDK) e la Lega Democratica del Kosovo (LDK), si sono fermate rispettivamente al 22,15% e il 17,59% dei voti. Un esito che rende inevitabile la formazione di un governo di coalizione.

Il calo della partecipazione al voto può essere ricondotto al contesto politico straordinario delle elezioni anticipate del 2021, che si tennero a seguito di quello che alcuni opinionisti sono arrivati a definire “un colpo di stato” influenzato dagli Stati Uniti, che ha avuto conseguenze anche sull’affluenza al voto.

Il 25 marzo 2020, durante la pandemia Covid-19, il governo democraticamente eletto del Kosovo, guidato da Albin Kurti, venne fatto cadere meno di due mesi dopo l’insediamento, a seguito di una mozione di sfiducia presentata dall’LDK, al tempo parte della coalizione governativa.

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La mozione di sfiducia fu sostenuta dall’amministrazione Trump, con l’inviato speciale degli Stati Uniti per la Serbia e il Kosovo, Richard Grenell, che fece pressioni sull’LDK affinché ritirasse il proprio sostegno al governo.

In un periodo in cui il Presidente degli Stati Uniti puntava alla rielezione anche facendo delle questioni diplomatiche estere una possibile vetrina per i successi della sua amministrazione, nei Balcani spinse per un “accordo di pace” rapido tra Kosovo e Serbia, nonostante i due paesi non fossero in conflitto diretto. Albin Kurti si oppose fermamente a tale iniziativa, una scelta che finì per costargli l’incarico.

Nel 2021, l’ingerenza statunitense influenzò significativamente l’affluenza alle urne, rafforzando il sostegno ad Albin Kurti e consentendogli di ottenere il 50,28% dei voti, sufficiente per governare senza alleanze.

Tuttavia, nelle elezioni di domenica scorsa, il sostengo al suo Movimento è sceso al 40,83%, costringendolo a cercare partner per formare un governo. Il calo della partecipazione è legato anche alle sanzioni dell’UE, alle crescenti critiche interne sulla mancata attuazione delle promesse elettorali e all’assenza di un’opposizione credibile.

Opposizione frammentata, tra corruzione e scarsa credibilità

Nonostante il calo dei consensi nei confronti di Kurti in queste elezioni, l’opposizione in Kosovo continua a presentarsi frammentata, compromessa da scandali di corruzione e dalla percezione di essere eccessivamente influenzabile dai grandi attori internazionali.

Il Partito Democratico del Kosovo (PDK), la Lega Democratica del Kosovo (LDK) e l’Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK), che ha raccolto il 7,47% dei voti, non sono riusciti a proporsi come alternative credibili.

Le accuse di corruzione hanno ulteriormente minato la loro reputazione, soprattutto su temi chiave come il dialogo con la Serbia e la sovranità del paese.

In Kosovo è infatti diffusa la percezione che PDK e LDK siano più esposti alle pressioni internazionali rispetto a Kurti, alimentando il timore che i loro leader possano cedere su questioni cruciali a scapito degli interessi nazionali.

Una sfiducia ulteriormente rafforzata dal mutato contesto geopolitico, in particolare durante la presidenza di Donald Trump, che ha visto un’intensificazione delle ingerenze nella politica kosovara.

Un deficit di credibilità che ha ulteriormente indebolito l’opposizione, lasciando un vuoto politico che nessun altro partito è riuscito a colmare.

Il dilemma della coalizione e i futuri scenari politici

Con nessun partito in grado di raggiungere la maggioranza assoluta, il Kosovo si trova di fronte a un complesso scenario politico. L’opzione più probabile è che Vetëvendosje cerchi un’alleanza con i partiti delle minoranze non serbe del Kosovo, tra cui quelli che rappresentano le comunità bosniaca, turca e rom.

Questa soluzione permetterebbe a Kurti di formare un governo senza dover ricorrere a intese con i partiti di opposizione tradizionali come il PDK o l’LDK. Una scelta coerente sul piano ideologico, ma che potrebbe non garantire la necessaria stabilità governativa.

Un’altra ipotesi è una coalizione d’opposizione volta a escludere Kurti dal governo. In questo scenario, PDK, LDK e AAK potrebbero unire le forze per impedirgli di governare, contando anche su un possibile sostegno esterno dall’amministrazione Trump, che ha più volte espresso contrarietà alla sua leadership.

L’inviato speciale Grenell ha infatti cercato ancora una volta di influenzare le recenti elezioni del Kosovo, opponendosi apertamente alla leadership di Kurti.

Tuttavia, le profonde rivalità tra PDK e LDK potrebbero ostacolare questa ipotesi. Resta da vedere se la comune opposizione a VV sarà sufficiente a far superare le loro divergenze. In ogni caso, un governo nato esclusivamente per contrastare Kurti rischierebbe di rivelarsi instabile e privo di legittimità politica.

Un terzo scenario, sebbene meno probabile, sarebbe una coalizione tra VV, PDK e LDK. Una soluzione pragmatica a breve termine, ma altrettanto instabile, con il rischio concreto di nuove elezioni già nel prossimo anno.

Un passo avanti per la democrazia in una regione fragile

Le elezioni in Kosovo hanno confermato l’impegno del paese verso il consolidamento democratico, rappresentando un modello in una regione frequentemente segnata da scandali di corruzione e irregolarità elettorali.

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Tuttavia, la debolezza dell’opposizione solleva dubbi sull’efficacia della democrazia kosovara: nonostante il voto sia stato libero e regolare, la competizione politica rimane limitata.

Le prossime settimane saranno decisive per delineare la composizione del nuovo governo e individuare il capo negoziatore per il dialogo con la Serbia.

In ogni caso, è ormai evidente che, nonostante le sfide interne, il Kosovo ha dimostrato che elezioni pienamente democratiche sono possibili, un traguardo che resta lontano per altri paesi della regione, come Albania e Serbia.

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