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Una recente sentenza di merito offre l’occasione per tornare su di un aspetto relativo alla c.d. piccola proprietà contadina che spesso viene trascurato, ma che, al contrario, rappresenta un elemento imprescindibile per l’azionamento dell’agevolazione, ovverosia l’oggetto stesso.
Come noto, per effetto dell’articolo 2, comma 4-bis, D.L. 194/2009, convertito dalla L. 25/2010, è stata prevista, a regime, un’agevolazione in materia di imposte indirette, per gli atti aventi a oggetto l’acquisto a titolo oneroso di terreni agricoli, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) da parte dei coltivatori diretti e degli Iap.
Soggetti interessati sono gli imprenditori agricoli individuali che rivestono la qualifica, alternativamente, di coltivatori diretti o Iap (imprenditori agricoli professionali) che risultano regolarmente iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale.
Sono, inoltre, interessati dall’agevolazione in oggetto, anche le società equiparate ai coltivatori diretti e agli Iap, ovverosia le società agricole ex articolo 2, D.Lgs. 99/2004, che rispettano determinati requisiti di composizione societaria o dell’organo amministrativo, a seconda che la forma giuridica prescelta sia quella delle società di persone o di capitali.
L’agevolazione consiste nell’applicazione delle imposte di registro e ipotecaria in misura fissa e dell’imposta catastale in misura pari all’1%; inoltre, gli onorari dei notai sono ridotti alla metà.
La CGT di I grado di Cuneo, con la sentenza n. 329/I/2024, ha affrontato un contenzioso relativo all’oggetto dell’agevolazione che, all’esito del giudizio, deve essere individuato rigorosamente in un terreno agricolo rientrante nella zona E.
Nel caso affrontato dai giudici cuneesi, la compravendita di terreni – per i quali era stata azionata la piccola proprietà contadina – riguardava terreni ricadenti in ragione del certificato di destinazione urbanistica in parte, terreni in “area agricola produttiva E.2. e E.2.1.” e in parte in “area di interesse naturalistico N2 (in ambito agricolo)”.
La sentenza ritiene che, non avendo i terreni una destinazione agricola secondo il PRG vigente, non possono in alcun modo fruire dell’agevolazione in quanto, come affermato dalla Cassazione, le norme fiscali di natura agevolativa, quale è l’articolo 2, comma 4-bis, D.L. 194/2009, sono norme di “stretta interpretazione” e, in quanto tali, non sono in alcun modo applicabili a casi e fattispecie non riconducibili al relativo significato letterale (sentenza n. 11373/2015).
Ne deriva che l’agevolazione è azionabile solamente per l’acquisto di terreni a destinazione agricola, restando espressamente esclusi i terreni a destinazione edificatoria o non agricola e non edificatoria, a prescindere dalla circostanza che gli stessi, una volta entrati nella disponibilità del coltivatore diretto o dello Iap, siano di fatto destinati all’agricoltura.
Del resto, sempre la Cassazione, con la sentenza n. 28170/2022, avente a oggetto l’agevolazione piccola proprietà contadina, ha avuto modo di affermare che “Non è qualificabile come agricola l’area che lo strumento urbanistico generale non qualifichi formalmente come tale, limitandosi a consentire lo sfruttamento agricolo dei terreni e ponendo, al contempo, limiti di edificabilità in sintonia con gli scopi della pianificazione”.
In altri termini, ai fini dell’imposta di registro, la natura di un terreno quale agricolo, la si desume dalle previsioni urbanistiche in vigore al momento in cui si chiede l’agevolazione, e non in funzione del successivo utilizzo o utilizzabilità che il richiedente intende farne (Cassazione n. 8136/2011 e Cassazione n. 23045/2016).
Nel caso di specie, a bene vedere, a parere dei giudici, l’utilizzo agricolo si pone in antitesi con la scelta del Comune di destinare il terreno ad “area di interesse naturalistico” per un duplice ordine di motivazioni.
Innanzitutto, le aree HNV (aree ad “alto valore naturalistico”) sono state introdotte dall’Unione europea per individuare quelle zone aventi le caratteristiche generali di sistemi a basso input in termini di biodiversità e gestione delle pratiche agricole. Tali zone vengono introdotte, in altri termini, per garantire la conservazione nonché il ripristino degli habitat naturali; inoltre, le zone HNV si caratterizzano per una gestione del terreno a bassa intensità, per una bassa densità di animali e per la presenza di vegetazione naturale.
A tal fine, ad esempio, i giudici rilevano che nel caso di specie, il PRG prevede che nelle aree di tipo N di elevato interesse naturalistico “Le attività agricole o agrituristiche (nell’ambito delle leggi che regolano la materia) sono ammesse se già esistenti alla data di adozione del PRG”.
In ragione di ciò, l’utilizzo a fini agricoli dei terreni rientranti nella zona N va proprio in contrapposizione rispetto allo scopo per il quale sono state inserite nel PRG.
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