Crisi dell’auto, il consiglio regionale aperto sull’industria è uno psicodramma di nove ore con 39 interventi

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di
Christian Benna

Tra striscioni e panini il tour de force che ha visto alternarsi autorità e industriali, sindacalisti e colletti bianchi è lo specchio di una Città dell’auto che non riesce ancora a immaginarsi un futuro. La cronaca

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Che cosa è l’auto a Torino? È un dibattito accalorato lungo nove ore che comincia al mattino presto e si conclude all’imbrunire in piena «zona Cesarini» giusto in tempo per chi vuole di godersi il debutto di Sanremo o l’avventura della Juventus in Champions. 

Trentanove interventi «no stop», neanche una pausa per un panino al tavolo del bar, durante i quali, ieri, al Consiglio regionale aperto del Piemonte si sono alternati assessori, parlamentari, sindacalisti, rappresentanti delle imprese grandi e piccoli, manager Stellantis e delle associazioni di categoria e infine i consiglieri regionali per confrontarsi sul futuro dell’auto a Torino e su un presente che vale appena 32 mila vetture e milioni di ore di cassa integrazione.




















































Contestazione in aula

Lo psicodramma collettivo della città orfana di Fiat da 20 anni e che fatica a trovare nuove rotte si manifesta con una contestazione che è poi l’unica pausa in mezzo ai 39 interventi che precedono i 75 minuti di dibattito della maggioranza e i 55 della minoranza. I consiglieri di FdI entrano in auditorium abbracciando uno striscione polemico con l’opposizione: «In Europa sostenete folli politiche green. A Torino piangete per la crisi dell’auto», puntando il dito contro la svolta elettrica Ue proprio nel momento in cui sta parlando Chiara Appendino.

Parte a razzo la collega pentastellata Sarah Disabato che poi abbandona l’aula: «Una pagliacciata. Vergognoso quanto accaduto: il Centrodestra che fa opposizione a se stesso. Attaccare le politiche green vuol dire non avere la benché minima idea di come funzioni il mondo e di cosa siano lo sviluppo sostenibile e la transizione ecologica».

Tant’è che il governatore Cirio e la vicepresidente Chiorino mettono (quasi) tutti d’accordo raddoppiando le risorse (20 milioni) per quei lavoratori, tanti, in pratica il 90% della filiera dell’auto, che vivono il dramma della cassa integrazione: mille euro di salario al mese e domani si vedrà.

Tutti d’accordo tranne le agenzie per la formazione che attendono di venire pagate da mesi e che ora si trovano in difficoltà.

L’assessore alle Attività produttive Andrea Tronzano prova a lanciare un messaggio di speranza ricordando la rinascita delle Officine Meccaniche Villar Perosa, storico stabilimento piemontese fondato nel 1906 da Giovanni Agnelli, che oggi dà nuovamente lavoro a 350 dipendenti. I sindacati rumoreggiano.

Sindacalisti e industriali

L’intervento di Giuseppe Manca, responsabile risorse umane di Stellantis con cui conferma cento assunzioni di giovani ingegneri, non scalda i cuori. Anzi Edi Lazzi e Gianni Mannori, segretario di Fiom Cgil Torino il primo e l’altro responsabile di Fiom a Mirafiori, sottolineano che «resta il nodo assunzioni: quelle annunciate sono di tecnici e ingegneri che tra l’altro già lavorano nell’impianto, mentre servirebbero assunzioni massicce di operai e operai alle produzione che dovrebbero essere più di un modello».

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Aspettando Godot, il secondo modello, o il secondo produttore di auto in Italia, a seconda dei punti di vista di chi parla, a fare le spese del braccio di ferro tra motore a benzina e batterie, sono sempre i lavoratori. «A Mirafiori — ha detto Gianni Cortese segretario della Uil—serve un piano di rilancio e conversione per coniugare la transizione con la stabilità produttiva e occupazionale. Abbiamo grandi preoccupazioni per il futuro dello stabilimento di Mirafiori, che ha ridotto del 70% la produzione nel 2024, fa costante ricorso agli ammortizzatori sociali e ha visto costanti azioni di incentivazione all’uscita dei lavoratori».

La preoccupazione cresce perché quando rallenta Mirafiori si ferma tutto l’indotto auto che in Piemonte vale più di 700 aziende e 55 mila posti di lavoro. «Nel 2024 gli ammortizzatori sociali hanno registrato un incremento del +54,5% rispetto al 2023 — ha spiegato Alberto Russo, a capo del gruppo auto di Ai Torino —. Torino, purtroppo, risulta la città con il maggior ricorso alla Cig. Oggi bisogna pensare misura, per la transizione delle imprese della filiera, a sostegno della riconversione industriale, anche in ottica green e di transizione ecologica e sostenibile, indispensabili per non perdere competitività; al tempo stesso, sostenere la riconversione del personale».

Gli industriali chiedono un cambio di passo alle istituzioni. Il made in Torino resta forte ma il territorio deve diventare più attrattivo. «Perché questo accada, servono infrastrutture efficienti. Altro aspetto fondamentale è il costo dell’energia, una delle leve principali della competitività — ha spiegato Antonio Casu, ceo di Italiadesign e vicepresidente dell’Unione industriali di Torino —. Non possiamo permetterci di restare indietro rispetto ad altri Paesi che garantiscono alle loro aziende condizioni più vantaggiose».

Stellantis torna ad assumere dopo anni di uscite e di incentivi all’esodo. «Confindustria ha accolto con favore l’annuncio di sei miliardi di investimenti in Italia, con una rinnovata centralità per Torino. Tuttavia, aspettiamo di conoscere nel dettaglio questi piani». L’auto a Torino è ancora un punto interrogativo.

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