Tra Meloni e Cisl c’è una complicità tossica, nociva per i lavoratori e per il Paese

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“Rifondare la dinamica fra impresa e lavoro, superando una volta per tutte questa tossica visione conflittuale che anche nel mondo del sindacato qualcuno si ostina ancora a sostenere”. A queste parole di Giorgia Meloni l’assemblea dei delegati al congresso della Cisl ha tributato una ovazione.

Pensiamo un po’, l’Italia è il solo paese Ocse dove negli ultimi trent’anni i salari reali siano calati. Ogni anno oltre 1500 lavoratori vengono uccisi nei luoghi di lavoro, e ben più di 500mila vengono feriti.

La condizione di oppressione e sfruttamento di milioni di lavoratori precari è indegna di uno dei paesi che si vanta di essere tra i più ricchi del mondo. Prepotenza e autoritarismo limitano e colpiscono a fondo i diritti e le libertà della grande maggioranza del mondo del lavoro, con le persone sottoposte ai vincoli di fedeltà e obbedienza nei confronti delle direzioni delle imprese. E chi sgarra, chi magari sui social racconta cosa succeda davvero nella sua azienda, chi critica gli amministratori, i manager, i padroni o i ministri, viene punito e perfino licenziato.

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Da tempo la Costituzione è scomparsa dai luoghi e dai rapporti di lavoro, lavoratrici e lavoratori non sono liberi nel senso più semplice e profondo della parola, mentre al contrario per le imprese crescono privilegi e impunità. Quando ci sono controlli su qualsiasi tema e di qualsiasi tipo, le imprese italiane risultano fuorilegge con percentuali tra il 70 e l’80%.

Questa condizione nella quale i lavoratori italiani sono precipitati, dopo decenni di arretramento, non è stata causata dall’eccesso di conflitto tra lavoro e imprese, ma dal suo esatto contrario. Dalla progressiva conquista di potere da parte delle imprese contro i lavoratori, agevolata dalle leggi che hanno abbattuto i diritti del lavoro e dalla moderazione, fino all’acquiescenza, dei grandi sindacati, la Cisl in testa, ma anche Uil e Cgil, almeno fino a poco tempo fa. Non so se c’è stata lotta di classe, ma se c’è stata l’abbiamo vinta noi, disse anni fa il miliardario Usa Warren Buffet.

Oggi ci sarebbe bisogno della ripresa di un sano e mirato conflitto generalizzato nei luoghi di lavoro, il solo sistema civile e democratico di riequilibrare rapporti di forza totalmente sbilanciati ai danni dei lavoratori. E ci vorrebbero leggi a sostegno del lavoro, dal salario minimo, alla lotta e agli omicidi sul lavoro, al freno alla precarietà, ai licenziamenti e alle delocalizzazioni. Invece Meloni, che nel suo discorso di insediamento aveva esaltato la peggiore libertà d’impresa, oggi demonizza il conflitto; e i funzionari della Cisl le fanno la ola.

Tutti i benefici per il lavoro verrebbero dal disegno di legge sulla “partecipazione” presentato dalla Cisl e sostenuto dalla destra. Un progetto di legge che spaccia per nuovi poteri dei lavoratori quelle che in realtà sono altre agevolazioni e finanziamenti alle imprese. La proposta della Cisl non ha nulla a che vedere con la cogestione tedesca, che assegna ai sindacati veri poteri di controllo e persino di veto su alcune scelte aziendali. Né tantomeno allude al piano Meidner, che in Svezia quarant‘anni fa propose la distribuzione delle azioni ai dipendenti. Piano poi abbandonato dai socialdemocratici, perché era stato calcolato che nel tempo i dipendenti avrebbero acquisito la proprietà delle imprese.

Nulla di tutto questo con la legge che piace tanto a Meloni. Qui nessun lavoratore decide nulla, si costruisce il solito sistema burocratico paritetico tra sindacati e direzioni aziendali, che, con infinite commissioni, dovrebbe discutere dei piani dell’impresa, con zero poteri di intervento.
Quanto alla distribuzione di azioni ai dipendenti (ovviamente senza toccare il controllo dell’azienda), essa potrà avvenire al posto dei premi di risultato e sarà esentasse. Se poi un’azienda dovesse distribuire a titolo gratuito le proprie azioni ai dipendenti, allora sarebbe lo stato a pagare. Cioè le imprese si finanzierebbero coi soldi dei lavoratori e con quelli pubblici, dove sarebbe la novità?

L’esaltazione da parte di Meloni del progetto Cisl e la sua condanna del conflitto sociale sono in pura continuità con il corporativismo fascista, che abolì la libertà di sciopero e mise lavoratori e padroni dentro la stessa organizzazione sindacale, nel nome del comune destino aziendale. A sua volta la Cisl di oggi, che firma separatamente contratti in svendita e che esalta come partecipazione dei lavoratori il finanziamento pubblico al paternalismo padronale, rispolvera la sua peggiore politica di rottura sindacale e subalternità a imprese e governi degli anni 50 del secolo scorso.

Quella di Meloni e Cisl è complicità tossica, nociva per i lavoratori e per il paese.



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