Domenica di riflessione per il consigliere regionale dem Piero Lacorazza che affida a Facebook una serie di valutazioni. Preoccupazioni comprensibili per un partito che esprime un deputato forestiero e nessun senatore, ma al tempo stesso senza una reale presa di coscienza: la totale mancanza di identità e di leadership all’interno del primo partito del centrosinistra lucano, che proietta in salsa locale le note difficoltà del Pd a livello nazionale. Lacorazza nel suo intervento denuncia un governo regionale “inaffidabile”, ma è proprio il centrosinistra che ha contribuito a questa situazione favorendo, tra lotte interne, veti incrociati, taruffate e baruffate, quelle alleanze precarie e spurie ma funzionali alla causa, come il fidanzamento tra il centrodestra e Italia Viva/Azione. Il “futuro sospeso” per la Basilicata, in realtà, risiede in primis nel Pd, con una segreteria debole e ormai incapace di trovare una strada per tracciare una proposta politica solida per la regione. Non si può pensare di costruire un’alternativa credibile se il centrosinistra continua ad inciampare su se stesso, incapace di superare i propri limiti. A fronte di tutto questo il centrodestra lucano, al netto delle sue debolezze e delle spine nel fianco dei nuovi alleati, nonostante il disastro delle liste di attesa, la figuraccia del Camastra e molto altro, si trova invece nella posizione di non dover fare altro che aspettare: il caos interno alla sinistra è, infatti, il miglior alleato. Perchè il discorso, in fin dei conti, è molto semplice: se si andasse al voto domani il centrodestra tradizionale avrebbe un paio di nomi spendibili, attingendo sia dagli uomini di partito che dalla così detta società civile. Il centrosinistra, invece, aprirebbe l’ennesima faida tra chi vive nella speranza di non candidarsi nella propria terra, chi è rimasto ancorato agli anni ruggenti del partito regione e chi gioca così al ribasso da non rendersi conto che dopo aver sacrificato il farmacista Trerotola sull’altare della sconfitta annunciata poco o nulla è stato costruito.
Le riflessioni di Lacorazza su Facebook
Ho però l’impressione che questo nodo non sia stato sciolto: prima l’opposizione a Chiorazzo come candidato presidente, poi la ricucitura della relazione per partecipare al pacchetto delle nomine in Consiglio regionale; l’errore sui costi della politica e la faticosa risalita e tenuta unitaria dell’alleanza; gli attacchi a Pittella e, nel frattempo, la permanenza nell’Ufficio di Presidenza.
Non è un giudizio – non vorrei essere frainteso – ma è evidente l’oscillazione del pendolo tra l’essere dentro il sistema (e ci si dovrebbe intendere sul significato) e il pensare che basti una dichiarazione per tirarsene fuori. Il sistema non è solo un intreccio di alleanze, ma anche un mezzo per il cambiamento. E il M5S, governando, lo ha usato, anche sostenuto da maggioranze diverse, per scelte significative: dal reddito minimo alla gestione responsabile della pandemia. È una consapevolezza che distingue chi lo rifiuta in astratto da chi lo usa per trasformare la realtà. Nella percezione dei cittadini e della comunità, il M5S dentro l’alleanza è parte del sistema, tanto più perché ha ricoperto e ricopre ruoli istituzionali apicali, anche attraverso dinamiche interne al sistema stesso. Il candidato presidente del centrosinistra alle elezioni regionali, preferito a Chiorazzo, non è stato uno dei cinque nomi della rosa proposta dal M5S, ma un presidente della Provincia espressione del Partito Democratico: un altro uomo di governo, un altro uomo del sistema. Il “sistema” è il meccanismo, il marchingegno che produce anche accordi e alleanze. Ho sempre pensato, personalmente e per quanto mi è stato possibile, di sostenere la relazione con il M5S per dare maggior peso al progressismo dentro un’alleanza ampia, comunque ampia. Il nodo, a mio giudizio, resta e rischia di ingarbugliarsi ulteriormente, vista l’asimmetria politica tra la maggioranza che sostiene Bardi e quella che sostiene Meloni. Il dato è chiaro: le forze che non sostengono Meloni rappresentano una culla migliore per i valori costituzionali, e la legge elettorale attuale assegna due terzi dei seggi parlamentari nei collegi uninominali. Nei giorni scorsi, Paolo Pesacane ha offerto una “riflessione di opportunità”, un terreno meno social e più politico, che potrebbe consentire ad AVS – anche grazie alla presenza socialista in Consiglio regionale – di essere soggetto e spazio politico capace di riposizionare la natura dell’alleanza dentro la culla dei valori costituzionali. Azione e Italia Viva occuperebbero lo spazio di un “centro” riformista che ancora attende una sua evoluzione dentro l’alleanza. E Basilicata Casa Comune, che non è più quella del “prima” delle elezioni regionali, è a sua volta alla ricerca del proprio destino in una galassia frastagliata e litigiosa di potenziale “centro” nel centrosinistra. Anche qui vorrei evitare di essere frainteso e non offrire l’Idea di un inseguimento alla “lepre” perché, anche in Basilicata, il tema dovranno porselo anche Azione, Italia Viva, e un cattolicesimo popolare e militante che non starà al 2027 con la Meloni. Non ricerco il centrosinistra con il trattino – credo che anche questa discussione non abbia molto senso – ma una valutazione di un contesto in cui l’autonomia politica e culturale dei progressisti e riformisti renda più liberi di non fraintendersi: se non si tratta di un “inseguimento” non può essere che la chiusura pregiudizievole sia una modo per definire una identità che rischia di confinarsi ad una testimonianza inconcludente. Non si tratta di un cedimento, anche sul terreno dell’etica e dell’opportunità, ma neanche di un alibi per rifugiarsi nella comodità di etichettare il compromesso come feticcio. “La politica è fare i conti con le cose come sono davvero: cioè spesso non belle e non pulite. Bisogna entrare nel fango, a volte, per aiutare gli altri a uscirne. Ma tenendo sempre lo sguardo verso l’orizzonte delle regole, dei valori, delle buone ragioni” (Gianrico Carofiglio). Poi, per quanto mi riguarda, mi sento ancora più libero perché può venirmi in soccorso la mia storia politica e personale. Non mi sfuggono le contraddizioni e le complessità, né la parzialità di questa mia riflessione. Al tempo stesso, però, mi sfugge se ci sia o meno la profondità di un’analisi e di una conseguente strategia in grado di ricomporre anche le alleanze sociali e culturali, economiche e associative; andiamo oltre il politicismo e il destino di una classe dirigente, che comunque, senza ipocrisie, deve ricercare un equilibrio. Ecco perché, se il filo si dovesse spezzare, il futuro della Basilicata non ha ancora un paracadute che possa salvarla o almeno ridurre l’impatto e le conseguenze della caduta.
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