Concessioni idroelettriche, in Lombardia il 90% è in scadenza. Legambiente: «Sono strategiche»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Microcredito

per le aziende

 


Dopo l’appello congiunto arrivato nei giorni scorsi dalle principali associazioni ambientaliste nazionali – Greenpeace, Legambiente, Wwf – per chiedere al Governo Meloni di affrontare urgentemente il rinnovo delle concessioni per la principale fonte rinnovabile del Paese, ovvero l’idroelettrico, sul tema torna adesso il Cigno verde della Lombardia dato che è in regione il tema è particolarmente critico.

Le dighe lombarde infatti che hanno un’età media di 81 anni, molto superiore al dato nazionale e che, quindi, sono sicuramente bisognose di investimenti. Inoltre in Lombardia 41 concessioni sono in scadenza entro il 2029, e si sommano alle 21 già scadute da tempo, per un totale che copre il 90% di tutte concessioni in essere per il grande idroelettrico: un dato molto peggiore di quello nazionale.

E parlando di sicurezza non ci sono solo le grandi dighe, che operano sotto un controllo rigoroso da parte del ministero delle Infrastrutture in raccordo con la Protezione civile regionale, ma anche una moltitudine di opere connesse come i canali di gronda e le condotte, che sono meno visibili, ma che rappresentano elementi di criticità da non sottovalutare: ricordiamo la sciagura sfiorata nel 2023 ad Ardesio (BG), quando cedette la condotta della centrale di Ludrigno, un’opera la cui costruzione ha superato il secolo di età.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

«Le concessioni sono strategiche per gli investimenti della transizione energetica e per la sicurezza dei grandi impianti – commenta nel merito Damiano di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia – Sollecitiamo Regione a sviluppare un percorso per riassegnare le concessioni nel modo più rapido, trasparente ed efficace possibile, al fine di assicurare il mantenimento e miglioramento delle prestazioni del sistema energetico, ma anche il ripristino degli ecosistemi e la sicurezza delle popolazioni a valle. Si tratta di interessi altrettanto rilevanti, che richiedono investimenti adeguati di cui gli operatori devono farsi carico, in un quadro di regole, certezze e controlli oggi gravemente carente».

Eppure, nonostante l’urgenza, il tema concessioni idroelettriche è da anni in stallo. È infatti utile ricordare che sono stati introdotti obblighi normativi di apertura del mercato a nuovi operatori (ovvero mettendo a gara le concessioni), peraltro previsti – vale la pena ricordarlo – solo per il nostro Paese nel Vecchio continente, secondo quanto condiviso nel 2021 dall’Italia con la Commissione europea tra le riforme previste dal Pnrr.

Una via di fuga ci sarebbe, ovvero evitare gare che sarebbero un unicum europeo per ri-assegnare le concessioni agli attuali gestori (che hanno fermi investimenti programmati da 15 miliardi di euro), contrattando in questa fase anche le utili forme di riqualificazione  fluviale e ripristino ecosistemico: «Le concessioni sono per oltre due terzi in mano pubblica – spiegava nei giorni scorsi su queste colonne Giuseppe Argirò, vicepresidente di Elettricità futura (che rappresenta oltre il 70% del mercato elettrico italiano), con delega sull’idroelettrico e amministratore delegato della Compagnia valdostana delle acque – Non possiamo permetterci di avviare gare che rischiano di essere frutto di operazioni speculative da parte di soggetti internazionali che non hanno nessun tipo di rapporto con le comunità territoriali. Se poi esiste un problema di reversal perché quell’obiettivo è già stato rendicontato e dobbiamo restituire una quota delle risorse del Pnrr perché quell’obiettivo non è stato raggiunto, anche se fosse una cifra consistente, credo non rappresenti un ostacolo insormontabile, è un costo che può essere redistribuito tra gli operatori. È un sacrificio per noi operatori, ma lo facciamo per il bene e per la sicurezza energetica, lo sviluppo e la competitività del Paese nella transizione energetica. E anche per non rischiare di perdere 6 o 7 anni di investimenti nella più importante fonte rinnovabile dell’Italia che ha un ruolo strategico anche nell’adattamento al cambiamento climatico. Possiamo costruire con tutti gli attori un percorso intelligente verso questo obiettivo».



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link