Opinioni | Il diritto che cede alla forza

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Il disorientamento dell’opinione pubblica è comprensibile. Ma quando un ordine internazionale, solido e stabile per decenni, entra in una fase accelerata di declino, un declino che annuncia grandi cambiamenti, è inevitabile che volino gli stracci. E che vadano in pezzi le convenzioni, generate da quell’ordine, che fino a poco tempo prima si davano per irreversibilmente acquisite. Era forse inevitabile che Donald Trump, deciso a rompere con molte convenzioni, colpisse il Tribunale dell’Aja dopo la assai controversa decisione di quest’ultimo di incriminare il primo ministro israeliano Netanyahu. Ricordiamo che il Tribunale dell’Aja è una istituzione che non è mai stata sostenuta dagli Stati Uniti (democratiche o repubblicane che fossero le sue Amministrazioni).
Se vogliamo dare di quanto accade una lettura non legata esclusivamente ai fatti contingenti, allora dobbiamo osservare che nel «nuovo mondo», il mondo che si sta formando sotto i nostri occhi, andranno drasticamente a restringersi il ruolo e lo spazio del diritto internazionale così come è stato concepito (e reinterpretato), sotto la spinta occidentale, dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
In un assetto internazionale multipolare, per definizione basato sulla competizione fra una pluralità di potenze, ciascuna delle quali rivendica una propria zona di influenza, il ruolo del diritto internazionale torna ad essere quello tradizionale. Ha soprattutto il compito di facilitare i rapporti fra potenze nell’intervallo fra un conflitto armato e l’altro. In un mondo siffatto, l’impronta e l’influenza occidentali sulle istituzioni internazionali si affievoliscono o declinano. E con quel declino perdono forza le idee su come regolare i rapporti internazionali, idee nate nella società occidentale, e che, per un certo periodo, erano sembrate (o erano state davvero) vincenti.

L’Onu, successore della Società delle Nazioni, nacque per volontà del presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt nel quadro di una riorganizzazione del sistema internazionale che, secondo il disegno americano, doveva fondarsi su una pluralità di istituzioni. Tali istituzioni avevano lo scopo di stabilizzare i rapporti fra gli Stati. Quel sistema internazionale, nelle intenzioni americane, doveva essere guidato dagli Stati Uniti con l’accordo delle altre grandi potenze.
Lo scoppio della Guerra fredda permise solo una realizzazione parziale del piano: la funzione di tutore e garante di un sistema di sicurezza collettiva affidata all’Onu a causa del conflitto fra blocco occidentale a guida americana e blocco sovietico non potè essere esercitata (se non ai margini, nei conflitti locali ove non erano in gioco gli interessi vitali delle superpotenze). Però, i legami cosiddetti multilaterali assicurati dalle istituzioni nate per volontà statunitense si svilupparono coinvolgendo in primo luogo le società occidentali ma anche tanti altri Paesi in varie parti del mondo. Per gli avversari degli Stati Uniti quei legami erano la copertura sotto cui si nascondeva l’imperialismo americano. Di sicuro, l’egemonia politica, economica e militare esercitata dagli Stati Uniti laddove non arrivava l’influenza sovietica, era essenziale per garantire il mantenimento di quei legami.




















































Ma c’era anche altro. Le istituzioni internazionali, e le pratiche giuridiche connesse, si nutrivano di idee che erano state partorite dalla tradizione occidentale (anche il Tribunale dell’Aja, benché non voluto dagli Stati Uniti).Diritti umani? È un’espressione che rinvia al giusnaturalismo cristiano e a quella sua variante secolarizzata che è il pensiero liberale. Idee occidentali. Ispiratrici di un’utopia: creare un mondo pacifico (l’ideale kantiano della «pace perpetua») ove gli esseri umani potessero, in libertà, convivere. Dopo la fine della Guerra fredda, per un certo periodo, sembrò a molti che la realizzazione di quel sogno fosse a portata di mano. L’epoca dell’unilateralismo americano, l’epoca dominata da una sola superpotenza, è anche il momento di maggiore forza e prestigio dell’Onu.
Poi è arrivato il declino relativo della potenza americana e si è palesato il declino (senza aggettivi) dell’Europa: in altri termini, il ridimensionamento del peso internazionale della società occidentale e l’ascesa di altri mondi e di altre civiltà con diverse concezioni, tradizioni e priorità.

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Non è possibile pensare che quel ridimensionamento e la nascita di un sistema multipolare fondato sulla competizione fra potenze non determinino anche cambiamenti radicali delle istituzioni che hanno fin qui contribuito a regolare la vita internazionale.
Trump è quello che è. Ha ragione Fareed ZaKaria (Corriere della Sera del 7 febbraio): mentre la democrazia americana è solida e radicata (più solida, aggiungo io, di diverse democrazie europee) ed è probabilmente in grado di resistere anche a Trump e alle sue pulsioni autoritarie, l’impatto più forte dell’azione di quest’ultimo si manifesterà in ambito internazionale. Però, si osservi la contraddizione: gli Stati Uniti sono il principale finanziatore dell’Onu ma l’Assemblea generale è ormai da molto tempo schierata a maggioranza con i nemici degli Stati Uniti, potentemente influenzata da coloro che vogliono mettere in un angolo il mondo occidentale. Quanto a lungo può ancora durare una tale situazione? Solo per fare un esempio, se l’Onu fosse ancora ciò che in origine avrebbe dovuto essere, chi avrebbe mai permesso a quello iraniano e ad altri regimi di tal fatta, come è accaduto, di mettere le mani su questioni che hanno a che fare con i diritti umani?
Dobbiamo realisticamente prendere atto del fatto che il diritto internazionale per come era stato concepito in Occidente, e le istituzioni collegate, si avviano verso un drastico ridimensionamento.
La speranza è che in futuro sia possibile trovare o ricostituire, al posto di quello infranto, un nuovo equilibrio fra diritto e forza. Perché ciò accada occorre che, nei prossimi decenni, le società occidentali (Stati Uniti e Europa in primo luogo) conservino una forte influenza. I contorni del nuovo mondo, tuttavia, sono ancora indefiniti.

9 febbraio 2025



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