Continua il viaggio tra le startup e imprese a impatto sociale. A Renate, nel cuore della Brianza, c’è Pulvera. Così la CEO Eleonora Casati recupera le antiche tradizioni di famiglia: «Negli anni ’80 mio nonno andava in Romania ad acquistare i camici da lavoro per trasformarli in polvere da riutilizzare. E noi oggi sfruttiamo quelle sue conoscenze»
Con la polvere ricavata dagli scarti tessili, realizza nuovi prodotti. Così Pulvera, startup brianzola nata all’interno dell’azienda madre, Casati Flock & Fibers, mette creatività e tecnologia a supporto delle aziende per dare vita a nuovi oggetti di moda e design. Un’idea che, in realtà, nasce molti anni fa nell’azienda di famiglia, appunto la Casati Flock & Fibers, dove hanno lavorato prima i bisnonni e poi i nonni di Beatrice ed Eleonora Casati, le due sorelle under 30 che hanno dato vita a Pulvera. Cresciute a stretto contatto con il riciclo, Beatrice ed Eleonora sfruttano il know-how e la tecnologia della polverizzazione con cui si produce il flock, la polvere ottenuta dal riutilizzo delle fibre tessili e dei loro avanzi, per reimpiegarla nella realizzazione di altri prodotti. La nuova puntata dedicata alle startup a impatto sociale va alla scoperta di questa realtà in rosa, figlia di due giovanissime che, supportate dalla madre, oggi guardano lontano.
Dalla polvere a una nuova vita
«Abbiamo scelto di chiamare la nostra startup Pulvera con un duplice significato: “polvere” nel dialetto brianzolo, ma anche come pulv-era, “l’era della polvere” – racconta Eleonora Casati, CEO dell’azienda – Sfruttiamo il know-how e la tecnologia della polverizzazione con cui si produce il flock, ovvero la polvere ottenuta dal riutilizzo delle fibre tessili e dei loro avanzi che oggi viene impiegata in diversi settori: dalla moda all’automotive, dal packaging di lusso alla cosmetica fino al design industriale per realizzare materiali innovativi e soluzioni di design». Pulvera, con consulenze e proposte di progetti riservati alle aziende alle prese con i loro scarti tessili, è stata pensata proprio per quelle realtà che non sanno come impiegare i resti delle loro produzioni tessili e il cui smaltimento è un costo a carico loro. Nata lo scorso aprile a Renate, in provincia di Monza-Brianza, come spin-off di Casati Flock & Fibers, trasforma la polvere in nuovi oggetti, a metà tra moda e design: una sedia, un vaso, un quadro. Tra questi, Cremino, un pouf nato dalle cover tessili dei materassi altrimenti destinato alla discarica. Il prodotto, realizzato in collaborazione con la startup Re Mat, è stato presentato all’ultima edizione di Ecomondo.
Una passione che si tramanda
Negli anni ’40, Celso Casati, disegnatore alla Tessitura Perego di Renate, spinto dalla curiosità e dalla creatività, portò a casa con sé alcuni scarti della cimatura del velluto della stessa fabbrica tessile. Applicò quella polvere ai paralumi che disegnava lui stesso, per dargli una texture tridimensionale e un effetto più chic: aveva non solo scoperto le potenzialità del flock, ma utilizzato quel materiale per dargli nuova vita e ripensando prodotti che il flock riesce a rendere più belli e funzionali. Nel 1952 ha preso vita la Casati Flock & Fibers, da un’idea del figlio Angelo. Sopravvissuta nel tempo con uno spirito imprenditoriale che è andato via via innovandosi, da quella realtà ad aprile è nata Pulvera. «Con mia sorella abbiamo voluto estendere l’uso di questa polvere anche ad altri settori. Casati Flock & Fibers operava già nell’automotive, nel beauty e nel tessile, ma noi volevamo fare un passo ulteriore: fornire soluzioni creative per i brand di moda che producono tanti scarti ma non sanno cosa farsene». Una scelta che oggi è anche dettata da un’esigenza: entro il 2028, la Commissione europea imporrà alle aziende di moda di produrre vestiti in modo più sostenibile. Quando entreranno in vigore normative più restrittive e la cosiddetta “responsabilità estesa del produttore”, questi dovranno pagare per finanziare i costi di raccolta e il trattamento dei rifiuti tessili. «La legge obbligherà i produttori a diventare responsabili dei propri scarti ed essere costretti a trovare soluzioni per la carta, la plastica, la stampa 3d, la bioedilizia, il tessile, il packaging – spiega Eleonora – Inoltre, sviluppiamo prodotti ad hoc sulla base delle esigenze del cliente».
Chi c’è nella supply chain?
La supply chain di Pulvera vede coinvolti diversi partner, come brand di moda e aziende che da tempo si occupano di riciclo. «Negli anni ’80, mio nonno andava in Romania a recuperare gli scarti dei camici da lavoro per farci il flock – racconta Eleonora – Così anche noi vogliamo rivalorizzare l’azienda ma avendo creato qualcosa di nostro e di nuovo. Pulvera, che è nata ad aprile, ha un team tutto in rosa con mia sorella e mia mamma. Io e Beatrice siamo due ragazze under30 mentre mia madre si occupa della produzione da parecchi anni e ci fa un po’ da guida in questo mondo che per certi versi non conosciamo ancora così approfonditamente». Pulvera vorrebbe specializzarsi ancora di più nel settore tessile che, come spiega Eleonora, sino a oggi non ha quasi mai considerato la polverizzazione, ma anche estendere il suo raggio d’azione all’Europa: per questo è al lavoro, con l’idea di intensificare le partnership commerciali con altre aziende italiane di settore e con altre startup innovative europee.
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