Effetto di “cristallizzazione” del debito fiscale nel concordato preventivo – La lente sul fisco

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Con il decreto del 26 novembre 2024, il Tribunale di Piacenza offre un’interessante prospettiva sull’effetto di consolidamento del debito fiscale nel contesto del concordato preventivo.
Il fulcro della decisione riguarda la possibilità, per l’Agenzia delle Entrate, di emettere nuovi accertamenti per debiti erariali relativi a periodi d’imposta oggetto di transazione fiscale, una volta omologato il concordato. Il tribunale si è espresso a favore della tesi per cui il “consolidamento fiscale” intervenuto con la certificazione dei crediti erariali in sede di transazione fiscale, comporti la “cristallizzazione” del debito tributario, in ragione della necessità di certezza nei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento del contribuente.

La presentazione di una transazione fiscale in sede concordataria è incompatibile con l’esercizio post omologa di poteri di accertamento su debiti che avrebbero dovuto essere oggetto di preventiva certificazione. Il decreto sottolinea poi che la ratio della transazione è quella di permettere al debitore di avere una visione chiara dell’ammontare totale del debito erariale, essenziale per una ristrutturazione efficace del debito.

Sulla questione si sono confrontate due tesi: una considera preclusa unicamente l’attività liquidatoria dei tributi e l’altra ritiene sussistere un’inibizione “assoluta” nell’esercizio di poteri impositivi relativi a tributi non dichiarati. Il decreto si allinea a quest’ultima tesi.

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La decisione ripercorre l’evoluzione normativa dell’art. 182-ter L. fall., evidenziando come la L. 232/2016 avesse eliminato alcuni riferimenti che supportavano la tesi della “cristallizzazione”. Il Tribunale ritiene però che, nonostante tali modifiche, l’effetto di cristallizzazione resti applicabile in virtù della ratio dell’istituto.
Il Tribunale, inoltre, ha evidenziato che il nuovo art. 88 del DLgs. 14/2019 (CCII) valorizza ulteriormente l’effetto di cristallizzazione del debito fiscale, imponendo agli enti impositori un immediato onere di attivazione di tutti i propri poteri di accertamento.

Giova ricordare che l’Amministrazione finanziaria, con la circ. n. 40/2008, nel disporre che ciascun Ufficio “Entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della domanda di transazione … dovrà provvedere … ai necessari adempimenti connessi con l’attività di controllo (liquidazione tributi risultanti dalle dichiarazioni e notifica delle relative comunicazioni di irregolarità; notifica avvisi di accertamento)”, concludeva “che la disciplina normativa non dispone la preclusione di ulteriore attività di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria in caso di transazione fiscale. Ciò comporta che è sempre possibile per l’amministrazione finanziaria, ove ne ricorrano le condizioni, l’esercizio dei poteri di controllo, con la conseguente determinazione di un debito tributario, superiore rispetto a quello attestato nella certificazione rilasciata al debitore o altrimenti individuato al termine della procedura di transazione fiscale, che l’Amministrazione potrà far valere nei confronti dello stesso contribuente che ha ottenuto l’omologazione del concordato nonché degli obbligati in via di regresso”.

Tale conclusione è stata smentita dalla ricostruzione del Tribunale di Piacenza e non può dirsi in linea con quanto disposto oggi nel rinnovato Statuto del contribuente oltre che in tema di affidamento (già oggetto di scrutinio da parte della sentenza, anche in ragione del divieto di bis in idem). L’Agenzia, ai sensi dell’art. 88 comma 5 del CCII, deve infatti “procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, di accertamento, di liquidazione e di addebito, unitamente a una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dai ruoli vistati ma non ancora consegnati all’agente della riscossione”.

Il Tribunale ha posto l’accento sulla tutela dell’affidamento del contribuente, che ha il diritto di confidare in un tempestivo e completo esercizio dei poteri impositivi da parte dell’Amministrazione finanziaria. Una nuova contestazione su un’annualità oggetto di transazione fiscale concreterebbe un’infrazione alla norma per cui “il contribuente ha diritto a che l’amministrazione finanziaria eserciti l’azione accertativa relativamente a ciascun tributo una sola volta per ogni periodo d’imposta” (art. 9-bis della L. 212/2000). Tale soluzione ha importanti implicazioni pratiche per le procedure di concordato preventivo e pone le basi per ulteriori approfondimenti giurisprudenziali in ragione dei nuovi principi dello Statuto del contribuente.

La pronuncia ha il pregio di offrire una maggiore certezza al debitore (che può contare sulla definitività del debito fiscale certificato in sede di transazione, evitando sorprese successive all’omologa, come l’emersione di nuovi debiti tributari dopo l’omologa) e all’esecuzione del concordato stesso (per cui la “cristallizzazione” del debito garantisce la stabilità e l’efficacia del piano concordatario). Il Tribunale invita a una riflessione sulla necessità di un coordinamento efficace tra il ruolo e i compiti dell’Amministrazione finanziaria e le procedure concorsuali, per garantire che il sistema tributario sia compatibile con gli obiettivi di risanamento delle imprese in crisi.





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