La premier diserta gli appuntamenti internazionali e resta in Italia. Annullati diversi viaggi all’estero, cerca di metterci la faccia: per lei diversi impegni pubblici. Ma il pensiero è rivolto altrove
C’è la paura a scandire l’agenda di Giorgia Meloni. L’obiettivo dello staff della presidente del Consiglio è quello di far dimenticare una delle settimane più difficili del suo mandato: accusata dalle opposizioni di scappare dal confronto sulla vicenda Almasri e dall’inchiesta della Corte penale internazionale sul Governo.
Poi nei guai con i servizi (guai in parte anticipati dalle dimissioni di Elisabetta Belloni dalla guida del Dis) e con tre agenti dell’Aisi (l’agenzia dei servizi interni) che, come ha rivelato Domani, hanno fatto ricerche su Gaetano Caputi, capo di gabinetto della premier.
E ancora lo scandalo dei giornalisti e attivisti spiati con un software della società israeliana Paragon, il tutto incorniciato dalla pubblicazione di chat private dei gruppi WhatsApp di Fratelli d’Italia, con insulti all’alleato Matteo Salvini («ministro bimbominkia») che, anche senza commentarle, continua a mettere in difficoltà la premier su argomenti sensibili come la rottamazione delle cartelle, le armi all’Ucraina, le prossime elezioni regionali, i rapporti con l’Ue.
Chi l’ha vista?
Meloni si è smaterializzata, presente esclusivamente sui social attraverso card, reel e post. È disegnato a matita il confine fra la prudenza e la paura. Per questo la settimana della presidente che si apre lunedì 10 febbraio sembra segnata da un ordine di scuderia preciso: tornare sulla scena.
L’agenda di Meloni si snoda intorno a eventi tutti italiani, romani per essere precisi. Per farlo lunedì diserterà il summit dedicato all’intelligenza artificiale organizzato a Parigi da Emmanuel Macron (eppure al G7 guidato dall’Italia l’Ia aveva avuto un posto di rilievo) e riceverà invece a palazzo Chigi il cancelliere austriaco Alexander Schallenberg alle ore 15.
Martedì sarà all’assemblea nazionale della Cisl dove in mattinata farà un intervento. E giovedì al «vertice» in Vaticano per l’anniversario dei Patti Lateranensi. Forfait anche alla conferenza di Monaco sulla sicurezza del 14 febbraio.
Una certa idea di comunicazione. Vaga. Non strategica ma con elementi ricorrenti, cifra di questo governo: quella dei diversivi. Tornare a «metterci la faccia» e distrarre, mentre in realtà la settimana si trascina tra questioni scottanti.
Ostacoli in vista
Anzitutto il caso Daniela Santanchè. Nelle stesse ore in cui Meloni riceverà il cancelliere austriaco, alla Camera inizierà la discussione generale sulla mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 stelle e firmata anche dal Pd nei confronti della ministra del Turismo, rinviata a giudizio per false comunicazioni sociali in merito alla vicenda Visibilia, una delle società del gruppo da lei fondato. Il voto è destinato a slittare grazie all’approdo alla Camera di decreti urgenti come l’ultimo sul Pnrr e l’atteso arrivo di una nuova norma per sbloccare i centri albanesi.
Ma l’entourage di Santanchè conferma: la ministra sarà in Aula per assistere alla discussione. E salvo sorprese dell’ultimo minuto non dovrebbe vedere nessun collega di partito alzarsi dai banchi della maggioranza per prendere la parola in sua difesa.
All’interno del gruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio si sarebbe a lungo dibattuto nei giorni scorsi sull’opportunità e alla fine avrebbero optato per la scelta di non esporsi in discussione generale. Meloni e il grande amico e sponsor della ministra, il presidente del Senato, Ignazio La Russa l’hanno invitata pubblicamente a valutare la sua situazione giudiziaria e a ponderare bene la compatibilità dei suoi impegni ministeriali con la necessità di difendersi all’interno di un processo spinoso.
Martedì, il direttore dell’Aise Giovanni Caravelli, sarà in audizione al Copasir, dove più di un esponente dell’opposizione è pronto a chiedergli se fosse la sua agenzia ad avere in uso del software spia Graphite, prodotto dalla società israeliana Paragon Solutions usato per violare il telefono di almeno sette cittadini italiani, tra cui un giornalista e un attivista, fino alla scorsa settimana in dotazione a due agenzie pubbliche del nostro paese «fra l’intelligence» e «una forza di polizia». Una questione destinata a durare che illumina una grande domanda: il governo ha un problema con l’intelligence?
Sul possibile deficit di gestione degli apparati o sul cattivo uso degli stessi le opposizioni chiedono che si riferisca in aula. E i problemi non sono finiti. Chigi ha cerchiato in rosso un’altra data: 20 febbraio, occhi puntati sul sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro.
In quella giornata, il tribunale di Roma emetterà la sentenza sul caso che lo vede imputato per rivelazione di segreto d’ufficio. Delmastro avrebbe rivelato al coinquilino, il deputato Giovanni Donzelli documenti riservati del ministero a proposito dei colloqui di Alfredo Cospito. Il sottosegretario meloniano in un’intervista al Foglio, ha dichiarato di sentirsi prossimo alla condanna ma di non volersi dimettere. Un’altra crepa da cui il governo dovrà tentare di far distogliere lo sguardo.
© Riproduzione riservata
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link