Agricoltura e agroindustria bergamasche trovano nel mercato statunitense uno dei canali di sbocco maggiori per le loro esportazioni. L’ipotesi dei dazi da parte degli Stati Uniti accende la preoccupazione di Fai Cisl, il sindacato che tutela i lavoratori di questi settori, riunito a congresso a Cologno al Serio, dove è stato riconfermato segretario generale Gianluigi Bramaschi, e con lui la segreteria composta da Emilio Agosto e dal nuovo entrato Luca Riva.
Raffaella Buonaguro, della segreteria nazionale, ha espresso le preoccupazioni per le possibili decisioni degli Stati Uniti. «Già nel 2019, i dazi voluti da Trump colpirono in Italia molta produzione agroalimentare, con un impatto che diminuì del 20% sia il valore che il volume delle esportazioni. Poi la successiva presidenza Biden nel 2021 congelò questa scelta. Secondo l’Istat la reintroduzione di dazi simili costerebbe oggi 1,6 miliardi di euro al nostro export, con ricadute importanti anche sul lavoro».
Secondo le ultime rilevazioni, le esportazioni agroalimentari bergamasche ammontano complessivamente a 1.221 milioni di euro, ovvero il 6% delle esportazioni complessive, una quota rimasta stabile negli ultimi quattro anni. Rispetto alla destinazione, circa il 67% dell’export agroalimentare bergamasco si dirige verso 10 Paesi. Tra questi, gli Stati Uniti hanno la quota maggiore (16,8%). Le esportazioni dell’agroalimentare bergamasco continuano a crescere, raggiungendo nel primo semestre 2024 un valore di 733 milioni di euro, in aumento del 2% rispetto all’anno precedente.
I dati sulla produzione lattiero-casearia indicano un miglioramento degli allevamenti bergamaschi, seppure più contenuto rispetto allo scorso semestre. Le consegne di latte sono cresciute del +1,3%. Quanto alla produzione casearia, Bergamo si conferma la quarta provincia lombarda per volume di produzione di Grana Padano DOP. Circa la demografia di impresa, le imprese bergamasche attive nell’agricoltura, silvicoltura e pesca erano 4.902, in calo di 20 unità rispetto all’indagine precedente. Infine, a livello occupazionale i dati sulle comunicazioni obbligatorie relative a rapporti di lavoro dipendente, elaborati dall’Osservatorio del Mercato del Lavoro della Provincia di Bergamo, offrono un quadro preciso della situazione territoriale. Nel settore primario le imprese che hanno effettuato almeno un’assunzione sono cresciute del +4,4% rispetto al 2019, anno di confronto esente dalle dinamiche legate al Covid-19.
«Però – dice Gianluigi Bramaschi -, l’agricoltura nazionale è la meno sussidiata tra quelle dei principali Paesi europei, sia in termini assoluti che relativi al valore aggiunto, come rilevato dall’Istat. Considerando i valori assoluti, nella classifica dei paesi con i maggiori contributi all’agricoltura (sia nazionali che europei), la Francia è al primo posto con 8,2 miliardi, seguita dalla Germania con 6,7 miliardi e dalla Spagna con 5,7 miliardi. In confronto, i contributi per l’agricoltura italiana ammontano a 5 miliardi di euro. Da segnalare che a partire dal 17 gennaio 2025, Regione Lombardia ha lanciato un bando da 20 milioni di euro per supportare l’insediamento di giovani agricoltori (under 41). Questo provvedimento mira a favorire il ricambio generazionale nel settore agricolo, offrendo premi fino a 50.000 euro per le aziende situate in zone svantaggiate».
Un problema nella promozione di un’agricoltura innovativa e sostenibile è il consumo di suolo nella Bergamasca. «In un solo anno- continua Bramaschi – sono andati persi altri 108 ettari, che fanno salire la superficie coperta artificialmente in tutta la provincia al 12% del totale. Questo dato evidenzia un trend preoccupante, con la logistica che continua a occupare aree verdi. Il consumo di suolo è un processo che sta proseguendo ininterrottamente da decenni con il risultato che sempre meno terra è disponibile per lo svolgimento dell’attività agricola e questo si ripercuote sul deficit produttivo del Paese e la dipendenza agroalimentare dall’estero».
«Non c’è giorno – aggiunge il segretario provinciale della Fai Cisl – in cui non esprimiamo preoccupazione per il futuro produttivo agricolo della nostra provincia derivante dalle crescenti difficoltà dei vari settori di rimanere nel mercato dei costi, sia di acquisto che di vendita, inoltre esprimiamo e chiediamo con forza che si vada a dar vita al rappresentante dei lavoratori della sicurezza a livello territoriale come già definito nei vari rinnovi contrattuali in provincia di Bergamo. Il nostro maggior impegno come Federazione resta senza dubbio la contrattazione territoriale, cosiddetta di secondo livello, dove la centralità della nostra azione è ricercata in modo particolare nelle relazioni bilaterali tra le parti».
«Nel settore agroindustria – prosegue Bramaschi -, nel 2023 abbiamo ottenuto un incremento salariale del 5%, per gli impiegati e quadri agricoli con avanzamenti automatici di livello per i lavoratori più giovani. Accanto alle battaglie sindacali, la Fai Cisl ha promosso diverse iniziative per la crescita professionale e la tutela dell’ambiente».
Inoltre, sul piano dello sviluppo sociale, Fai Cisl ha promosso il progetto “Made in Immigritaly. Terre, colture, culture”, il primo rapporto di ricerca sui lavoratori immigrati nell’agroalimentare italiano. La ricerca ha messo in luce come nella provincia, e in particolare nella bassa Bergamasca, la comunità immigrata sia diventata una presenza indispensabile per il settore lattiero-caseario e per l’allevamento bovino, contribuendo in modo decisivo alla produzione di prodotti d’eccellenza. Sempre la ricerca dice che il 50% dei lavoratori agricoli della provincia di Bergamo sia di origine straniera e, di questi, una percentuale significativa sia costituita dalla comunità indiana.
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