Bergamo, 16 novembre 2024 – L’indagine è partita da un esposto anonimo alla direzione provinciale dell’Inps. Segnalazioni arrivate tra il 25 febbraio e il 24 marzo 2021 da un indirizzo mail.
Si denunciavano presunte irregolarità da parte di dipendenti dell’Inps di Bergamo. A seguito di controlli interni effettuati dai militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Bergamo, coordinati dal pm Marchina (titolare del fascicolo) si è scoperta un’ingente truffa aggravata ai danni dello Stato posta in essere da tre persone, indagate.
Spicca la figura di F.P. 73 anni (assistito dall’avvocato Russo), residente a Alzano Lombardo, ex dirigente Inps, assunto alla direzione provinciale dal 1979 al 1° febbraio 2015, giorno della cessazione del rapporto di lavoro con contratto a tempo indeterminato, e all’epoca responsabile delle pensioni dei lavoratori autonomi agricoli.
Poi G.C. 76 anni, (difeso dall’avvocato Alberti) ai domiciliari a Costa Mezzate: per l’accusa procacciatore di clienti e intermediario tra loro e il pubblico ufficiale. Le vittime credevano che fosse un dipendente Inps per sanare i buchi contributivi. Infine, M.A. 64 anni, residente a Gorlago: quest’ultimo svolgeva un ruolo di collaboratore di G.C. Nella rete della truffa sono finiti agricoltori bergamaschi.
Sono 130 cittadini che credevano si trattasse di contributi volontari perfettamente leciti e che invece hanno scoperto di essere stati truffati. Dalle indagini e dalle testimonianze raccolte è apparso come l’ex dirigente Inps si occupava delle pratiche agricole, e nello specifico dell’inserimento dei dati. Alle persone contattate veniva garantito che, versando dei contributi volontari si sarebbero potuti ottenere benefici. In realtà, il denaro veniva intascato dagli indagati. Nel tempo sono state erogate provvidenze non dovute generando un danno nelle casse dell’Inps di oltre 11 milioni di euro (determinando un ingiusto profitto ai danni dell’Inps per le pensioni erogate pari a 6.275.532,18 euro).
Alcuni pensionati sentiti durante le indagini avevano riferito di non aver svolto mai attività di coadiuvante di impresa agricola, o di non aver grado di parentela con il titolare dell’impresa agricola confermando l’assenza dei presupposti per il riconoscimento della contribuzione agricola.
Dalle conversazioni captate è emerso come la maggior parte delle persone contattate avesse la necessità di vedersi riconosciuti dei periodi di contribuzione agricola, vuoi perché avevano lavorato in nero, vuoi perché i loro datori di lavoro non avevano versato i contributi. Si sono affidati al procacciatore di clienti, G.C. conosciuto anche come “Mino”, il quale avrebbe fatto credere che sarebbe stato possibile coprire i periodi contributivi scoperti attraverso versamenti volontari, consegnando somme di denaro contanti che invece finivano nelle tasche dell’ex dirigente provinciale dell’Inps e del procacciatore.
Era l’ex dirigente provinciale che faceva i calcoli degli aspiranti pensionati e comunicava gli importi da versare. Tra l’ex dirigente e il procacciatore c’era un accordo rispetto alla somma che il futuro pensionato avrebbe dovuto versare: il 50% a titolo di contributi, il 40% dell’importo trattenuto dall’ex funzionario per il suo lavoro, e il 10 % per l’altro.
A seguito del pensionamento del funzionario, il sistema di frode è mutato. L’impossibilità di effettuare i fittizi inserimenti nel sistema dell’Inps ha fatto sì che la truffa venisse rivolta a nuovi, ignari cittadini i quali dietro la promessa di migliorare i propri trattamenti pensionistici hanno consegnato cospicue somme di denaro, pari a 200mila euro – somma sequestrata – senza ottenere quanto promesso.
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