Crisi Stellantis, Elkann alle Camere si autoassolve


Quando termina l’audizione alle commissioni Attività produttive congiunte di Camera e Senato, John Elkann viene circondato da parlamentari che si affannano a stringergli la mano e a dirgli grazie. Il presidente di Stellantis era atteso in Parlamento da tempo ma si era sempre negato. «Perché dovrei farmi audire? Stellantis è una società globale non un partito politico», aveva detto lo scorso novembre. La presidente del Consiglio si era molto adirata ma poi, nel corso dei mesi, sia il governo che la casa automobilistica hanno capito che era più conveniente tentare un riavvicinamento. Così Elkann, al momento anche amministratore delegato ad interim del gruppo italo-francese (in attesa della nomina del nuovo ad che, ha assicurato ieri, «arriverà entro giugno») dopo le dimissioni di Carlos Tavares, alla fine si è presentato in sala Mappamondo. Armato di buone intenzioni.

IL NUMERO UNO STELLANTIS ha esordito precisando di aver fatto aspettare molto il Parlamento ma per educazione, attendendo «le conclusioni del tavolo al ministero delle Imprese» e per prepararsi all’audizione «con grande attenzione perché l’Italia ricopre un ruolo centrale». Ha proseguito, poi, con uno spottone nostalgico sulla Fiat fondata dalla sua famiglia, ha allontanato ogni coinvolgimento nella crisi dell’automotive («riguarda tutta l’Europa»), ha rivendicato il ruolo dell’azienda («Se non ci fosse Stellantis l’auto italiana sarebbe scomparsa da tempo» dimenticando di dire che nessun marchio è mai potuto entrare causa Fiat), ha provato a spargere miele dichiarando che il gruppo non ha intenzione di lasciare l’Italia.

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PIÙ IMPORTANTE, però, è quello che invece ha detto tra le righe o ha del tutto omesso, come il destino della gigafactory di Termoli e quello della Maserati. «Mi aspetto che Elkann confermi quanto concordato nel tavolo Stellantis il 17 dicembre e che restituisca centralità all’auto italiana», aveva dichiarato speranzoso il ministro delle Imprese Adolfo Urso poco prima dell’audizione, per rimanere deluso. «Non riteniamo che il futuro dell’auto sia l’industria bellica, ma quello su cui i Paesi Ue considereranno importante mettere le energie e le risorse», ha chiarito Elkann sollecitato dalla segretaria dem Elly Schlein, così infrangendo i sogni del titolare del Mimit che solo qualche giorno fa consigliava alle aziende dell’automotive di riconvertire la produzione al riarmo.

Ha poi incalzato il governo sul ritardo nelle infrastrutture per l’auto elettrica. Infine l’altra bordata, stavolta riservata anche all’opposizione: «Stellantis ha pagato 14 miliardi di tasse in Italia negli ultimi 20 anni e ne ha investiti 53 tra ricerca e sviluppo: un rapporto di 50 a 1 rispetto ai contributi pubblici ricevuti, spero il bilancio dare/avere tra il Paese e l’azienda non sia più un tema divisivo». Insomma la sua dinastia ha salvato l’Italia e, per quanto riguarda il futuro, se l’automotive nazionale collasserà non è colpa di Stellantis.

LA MAGGIORANZA, un po’ spiazzata, risponde con accenti diversi. La Lega va all’attacco parlando di «vergognosa presa in giro» perché «il gruppo è cresciuto grazie ai soldi degli italiani, che poi ha licenziato per investire all’estero». FdI è più conciliante e «prende atto della disponibilità di Elkann» ma senza «ignorare le assurde politiche messe in campo nel passato», anche se tutto sommato la colpa è del «Green deal che ha contribuito a fiaccare il settore». Anche Forza Italia guarda all’Europa più che all’ex Fiat: «L’auspicio è che la politica europea corregga gli errori clamorosi di Timmerman».

MA I TONI SONO DIVERSI anche fra i partiti dell’opposizione. Per Carlo Calenda di Azione al discorso di Elkann «è mancata un’assunzione di responsabilità, quest’anno sono ai minimi di produzione». La 5S Chiara Appendino gli ha ricordato di aver «ricoperto d’oro Tavares per smantellare l’automotive italiana, non ripeta questo scempio». «Nessun impegno, nessun nuovo modello e nessuna certezza su occupazione e investimenti», hanno sintetizzano Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs. Mentre il Pd, per bocca di Schlein, «spera ci sia l’intenzione di far ripartire investimenti corposi» in quanto hanno «letto segnali di disinvestimento da parte di Stellantis in Italia e ci riferiamo a una diminuzione molto forte dei lavoratori, all’esplosione della cassa integrazione». Michele De Palma, segretario generale Fiom Cgil: «Le incertezze occupazionali rimangono e la mancanza di investimenti su ricerca e sviluppo e l’assenza di prospettiva produttiva, ci dicono che i numeri del 2025 saranno peggiori del 2024 già drammatico».

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