In manette sessantuno persone, facevano la spola tra Italia e Albania con una rete estesa da Milano a Cagliari. Lo spaccio avrebbe fruttato 25 milioni. Un carrozziere del posto modificava le auto per nascondere le sostanze
Da una parte i predoni del lusso, dall’altra i narcotrafficanti. Due cellule appartenenti ad un unico gruppo di criminali, tutti di origini albanesi, in gran parte già arrestati dai carabinieri della compagnia di Rimini e di altre città sparse in tutta Italia, dopo le indagini della Procura romagnola coordinate dal pm Davide Ercolani. Sessantuno le persone finite in manette: le misure cautelari eseguite all’alba di mercoledì 5 febbraio sono state 39. Tra le persone finite in carcere c’è anche un carabiniere, un appuntato in servizio a Rimini, presunto complice della cellula dei «predoni». La scorsa estate, oltre ai furti nelle abitazioni alcuni malviventi avevano portato a segno una rapina, dopo aver aggredito un uomo di mezza età per sottrargli con la forza un Rolex del valore di 45mila euro. Dalle indagini è emerso che la vittima sarebbe stata «designata» dal militare, che una sera dello scorso luglio aveva accompagnato a casa l’uomo indicandolo ai criminali appostati poco lontano. La banda sarebbe responsabile anche del furto avvenuto nell’abitazione posta sotto sequestro di Pierina Paganelli anche se sono ancora in corso accertamenti: i ladri avevano strappato i sigilli ed smurato la cassaforte vuota, poi abbandonata in un campo ma non risultano connessioni con il delitto dell’anziana 78enne.
La droga avrebbe fruttato 25 milioni di euro
Le due cellule agivano in sinergia. I furti nelle abitazioni seguivano un copione consolidato. Nel mirino della banda di ladri finivano gioielli, casseforti, abiti e accessori di valore come gli orologi di lusso. I lauti guadagni venivano poi reinvestiti nell’acquisto, per così dire, di grossi quantitativi di droga, quasi sempre arrivata in Italia dall’estero, in gran parte cocaina e hashish. Lo stupefacente sequestrato ha un valore «all’ingrosso» da capogiro: oltre otto milioni di euro con la droga che una volta tagliata e suddivisa in droga avrebbe generato un indotto da 25 milioni di euro che i membri del gruppo si sarebbero poi spartiti. Tra i complici esterni al gruppo ci sarebbe anche un carrozziere riminese, la cui posizione é al vaglio degli inquirenti, che avrebbe modificato ad hoc gli interni delle auto dei criminali per permettere loro di occultare lo stupefacente.
Rubati 800 mila euro in orologi di lusso
Le indagini erano partite nel marzo del 2024, dopo alcuni furti andati a segno nelle abitazioni della Riviera. Lo scorso 19 gennaio quattro componenti della banda erano già stati arrestati tra Rimini e Riccione. Solo loro erano stati capaci nel giro di poco tempo di accumulare un arsenale di beni di lusso razziati nelle abitazioni delle loro vittime: quaranta orologi di marca per un valore complessivo di 800mila euro e abiti costosissimi (del valore di migliaia di euro ciascuno) e ventimila euro di banconote, l’introito parziale dell’attività di spaccio della droga, in parte sequestrata. In quell’occasione a fare scalpore era stato anche il rinvenimento di armi e fucili carichi e con munizioni allegate, anche questi rubati in Romagna e in Lombardia.
Radicati in Albania
La maxi operazione dei carabinieri ha riguardato infatti l’intero territorio nazionale. Sequestri di droga sono stati eseguiti in alcuni porti del Paese, come quello di Bari e Ancona ma anche a Durazzo in Albania. Il gruppo criminale era infatti radicato nella madrepatria, dove la merce rubata veniva inviata per essere reinvestita in droga che giocoforza partiva via mare per approdare in Italia. I criminali, è emerso durante le indagini, agivano con un meccanismo di staffetta, alternandosi e facendo la spola tra Albania e Italia. Gran parte di loro, tuttavia, era regolare sul territorio e in alcuni casi anche ben integrata nella società. A smascherare la complicità di un carabiniere della compagnia di Rimini sono stati gli stessi militari suoi colleghi durante alcune intercettazioni.
Le intercettazioni del «maresciallo»
Dopo il furto del rolex, la scorsa estate, ai danni di un riminese a pochi passi dal mare, i rapinatori erano stati intercettati. Al telefono avevano accennato a un ruolo di una persona esterna alla banda, che però aveva collaborato con loro. Lo chiamavano il «maresciallo», anche se era un appuntato, e speravano nel suo aiuto per sfuggire ad eventuali indagini in corso. Dalle stesse indagini, però, era emerso che il militare si sarebbe avvicinato di sua spontanea volontà alla banda con l’obiettivo di incassare i proventi delle attività criminali, da cui aveva guadagnato 4.000 euro. La base operativa del gruppo era a Rimini ma per alcuni periodi era stata spostata a Cervia e a Cesenatico, mentre i traffici avvenivano su reti dislocati in tutto il territorio nazionale tanto che gli arresti e i sequestri sono stati eseguiti anche a Bologna, Campobasso, Cagliari, Forlì-Cesena, Imperia, Milano, Monza, Parma, Piacenza, Pesaro. I reati contestati sono svariati: dal furto alla rapina, al traffico e alla detenzione di droga ai fini di spaccio fino al riciclaggio. Esclusa l’associazione a delinquere.
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