La condonabilità delle opere abusive ultimate entro il 31
dicembre 1993 non può essere condizionata a un intervento di
riduzione della cubatura mediante la demolizione eseguita
successivamente a questo termine.
Si tratta infatti di un intervento, oltre che di per sé abusivo,
volto ad eludere la disciplina di legge.
Condono edilizio: no alla sanatoria condizionata a interventi
successivi all’istanza
A specificarlo è la Corte di Cassazione, con la
sentenza
del 13 gennaio 2025, n. 1234, accogliendo il ricorso
di una Procura della Repubblica per l’annullamento del
permesso di costruire in sanatoria ottenuto ai sensi della legge n.
326/2003, ritenuto illegittimo perché condizionato a lavori
eseguiti successivamente alla data consentita dalla
normativa condonistica.
La questione riguarda un complesso contenzioso, le cui fasi sono
così sintetizzabili:
- l’immobile era stato costruito nel 1998, con piano
seminterrato, piano rialzato e primo piano; - nell’aprile 2004, è stata presentata domanda di condono ai
sensi della legge n. 326 del 2003; - l’immobile è stato oggetto di un primo permesso di costruire in
sanatoria, revocato nel 2019 per volumetria eccedente i 750
mc; - a seguito della revoca il proprietario:
- ha presentato una comunicazione di inizio lavori per effettuare
l’integrale demolizione del fabbricato; - ha dichiarato di aver proceduto ad una serie di interventi di
riduzione della volumetria e di averla ricondotta nei limiti di 750
mc.; - ha impugnato l’ordinanza con la quale il Comune aveva revocato
il permesso a costruire in sanatoria e ordinato la demolizione
dell’immobile. Il T.A.R. ha accolto il ricorso e annullato i due
provvedimenti del Comune;
- ha presentato una comunicazione di inizio lavori per effettuare
- il Comune ha chiesto di riportare l’edificio nei limiti
volumetrici entro i quali il d.l. n. 30 settembre 2003, n. 269,
convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, consente il
condono; - il proprietario ha presentato SCIA ed eseguito lavori di
riduzione della volumetria (totale interramento del seminterrato,
trasformazione del piano rialzato in piano pilotis e demolizione
del primo piano), e comunicato la fine dei lavori; - il Comune, all’esito di sopralluogo e di ulteriori integrazioni
documentali ha rilasciato il permesso di costruire in
sanatoria.
Il Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato
l’ordine di demolizione del manufatto, in quanto la procedura di
condono, ai sensi della legge n. 326 del 2003, si è conclusa con
esito positivo.
Da qui il ricorso della Procura della Repubblica, per violazione
della legge n. 326/2003 per illegittimità del permesso di
costruire in sanatoria rilasciato per un fabbricato di
conformazione e volumetria diverse rispetto a quelle oggetto
dell’istanza di condono.
Secondo la Procura ricorrente, il nuovo permesso in sanatoria è
illegittimo, in quanto relativo a un fabbricato di diversa
conformazione volumetrica rispetto a quello oggetto dell’originaria
istanza di condono, in quanto gli interventi edilizi volti a
rimuovere l’eccedenza volumetrica sono successivi al termine
previsto dalla legge n. 326 del 2003 come momento finale per la
realizzazione di opere condonabili.
Demolizione finalizzata a ridurre la volumetria immobile:
condono impossibile
Spiegano gli ermellini che il permesso di costruire in sanatoria
in esame è stato rilasciato sul presupposto di interventi edilizi
di rimozione di volumetrie eccedenti quelle condonabili eseguiti in
data successiva al termine ultimo entro il quale la legge prevede
debbano essere state realizzate le opere perché possano essere
condonate.
Secondo un principio costantemente affermato in giurisprudenza,
la volumetria eccedente i limiti previsti dall’art. 39 della legge
23 dicembre 1994, n. 724, ai fini della condonabilità delle opere
abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 non è
suscettibile di riduzione mediante demolizione eseguita
successivamente allo spirare di detto termine, integrando
la stessa un intervento, oltre che di per sé abusivo, volto ad
eludere la disciplina di legge.
L’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 consente la
sanatoria delle sole opere ultimate che posseggono al 31 dicembre
1993, i requisiti da essa previsti, non essendo ovviamente
consentito intervenire successivamente sugli immobili abusivi per
renderli conformi alla disciplina in parola.
Le uniche possibilità di successivo intervento
sugli stessi, non incompatibili con la sanatoria, sono quelle
previste:
- dall’art. 35, comma 14, I. 47 del 1985 (che disciplina
modesti lavori di rifinitura delle opere
abusive); - dall’art. 43, quinto comma, della stessa legge, che consente le
opere strettamente necessarie a rendere gli edifici funzionali
qualora i manufatti non siano stati completati per effetto di
provvedimenti amministrativi o giurisdizionali.
Ammettere lavori – sia pur di demolizione – che modifichino il
manufatto abusivo, alterandone significativamente la struttura e
riducendone la volumetria, al fine di rendere sanabile, dopo la
scadenza del termine finale stabilito dalla legge per la
condonabilità delle opere, ciò che certamente in allora non lo
sarebbe stato costituisce indebito aggiramento della
disciplina legale poiché sposta arbitrariamente in avanti
nel tempo il termine finale previsto dalla legge per ottenere il
condono edilizio, addirittura legittimando ulteriori interventi
abusivi.
Terzo Condono Edilizio: condizioni di applicabilità
Il principio si applica anche alla disciplina della
condonabilità delle opere abusive di cui al d.l. 30 settembre 2003,
n. 269, convertito dalla la 24 novembre 2003, n. 326:
- l’art. 32, al comma 25, richiama espressamente la disciplina di
cui all’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e quindi ne
mutua la regolamentazione e le condizioni di ammissibilità, salvo
le specificazioni espressamente previste, e che attengono al
computo della cubatura massima condonabile, oltre che, ovviamente,
al termine entro il quale debbono essere stati ultimati i lavori
abusivi; - l’art. 32, infatti, prevede: «Le disposizioni i di cui ai
capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive
modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate
dall’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive
modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si
applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31
marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto
superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione
originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc. Le
suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere
abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove
costruzioni residenziali non superiori a 750 mc per singola
richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione
che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri
cubi».
Inoltre, anche in relazione alla disciplina di cui al D.L. n.
269/2003 si pone l’esigenza di evitare lavori, sia pur di
demolizione, che modifichino il manufatto abusivo al fine di
rendere sanabile, dopo la scadenza del termine finale stabilito
dalla legge per la condonabilità delle opere, ciò che certamente in
quel momento non lo sarebbe stato; anche con riferimento a tale
disciplina, infatti, l’ammissibilità di modifiche successive del
manufatto abusivo comporterebbe uno spostamento in avanti nel
tempo, e senza limiti, del termine finale previsto dalla legge per
ottenere il condono edilizio, e, perciò, un “indebito aggiramento”
della stessa.
In applicazione dei principi indicati, per i giudici di piazza
Cavour l’ordinanza impugnata deve ritenersi illegittima, e deve
essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
Essa infatti erroneamente ha accolto la richiesta di revoca
dell’ordine di demolizione senza considerare che le opere
abusive non sono condonabili, nemmeno a norma del d.l. n. 269 del
2003, convertito dalla legge n 326 del 2003, quando la riduzione
della volumetria derivi da demolizione eseguita
successivamente allo spirare del termine ultimo di realizzazione
dei lavori previsto dalla legge ai fini dell’ammissibilità del
condono.
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