«Troppe crisi dimenticate, il mondo impari a giocare d’anticipo»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 


di
Monica Ricci Sargentini

Abdurahman Sharif, direttore delle emergenze umanitarie per Save the Children, lancia l’allarme sulla mancanza di investimenti da parte della comunità internazionale

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Abdurahman Sharif si occupa da una vita di emergenze umanitarie. Somalo, vive a Londra con la sua famiglia, da dove organizza gli interventi in tutto il mondo per Save the Children, la più importante organizzazione internazionale indipendente che da oltre cento anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio. «Oggi c’è una situazione drammatica di emergenza globale — ci dice durante un incontro a Roma nella sede dell’ong in cui ricopre il ruolo di direttore del settore umanitario a livello globale — come certificano le Nazioni Unite le crisi umanitarie sono cresciute negli ultimi due anni più che nei dieci precedenti, ma al momento il mondo è interessato soltanto alla Striscia di Gaza e all’Ucraina». Sharif elenca i tanti Paesi dimenticati: «Quello che sta accadendo in Sudan, per esempio è molto inquietante, poi c’è il Libano meridionale, la Siria, la Repubblica Democratica del Congo, il Myanmar, Haiti, lo Yemen, il Sahel, l’Afghanistan, Cox Bazar in Bangladesh, il Venezuela».

Il cambiamento climatico

La comunità internazionale sembra più presa dalle emergenze legate ai conflitti e meno da quelle che sono causate dal cambiamento climatico. «Però queste ultime — ci spiega — sono molto più frequenti e devono essere affrontate in un’ottica di prevenzione. Sia nell’Africa orientale che in quella occidentale, nel Sahel, assistiamo ad una profonda crisi alimentare, provocata dalla siccità. Parliamo di emergenze che vanno avanti da anni e che potrebbero essere risolte a monte». Il suo Paese natale, la Somalia, è colpito sia dalla siccità che dalle inondazioni. «C’è una mancanza di infrastrutture e si crea un circolo vizioso di siccità, carenza di cibo, inondazioni. E a causa di tutto ciò, tante famiglie sono state sfollate più volte. Ecco perché bisogna da un lato lavorare sulle infrastrutture e la prevenzione, dall’altro essere tempestivi nel gestire le emergenze. Faccio un esempio che mi sta a cuore: nel giugno 2011 in Somalia è stata dichiarata la carestia. Ma tra marzo e giugno sono morte 250.000 persone. Se fossimo intervenuti a gennaio o a dicembre, tutto questo si sarebbe potuto evitare».




















































Gli investimenti

E qui arriviamo al nodo degli investimenti. L’assistenza umanitaria risponde a bisogni immediati, ma non può risolvere problemi più radicati, se non ci sono adeguati progetti di sviluppo a lungo termine che completino il quadro. «Tornando alla Somalia, le inondazioni avvengono perché non ci sono infrastrutture che controllano l’irrigazione e le dighe. Ciò ci dimostra che purtroppo non c’è stato un investimento globale importante in termini di sviluppo». I finanziamenti, per dirla in parole povere, stanno diminuendo o si concentrano soltanto sugli eventi che attirano l’attenzione mondiale come Gaza e l’Ucraina. «Save the Children ha avuto un sostegno molto importante per la risposta in Ucraina, che non si riflette in altre regioni. Sono cambiate le priorità dei Paesi donatori, c’è chi investe di più nelle relazioni commerciali o preferisce prestare attenzione alle questioni interne. In questi casi la questione umanitaria passa in secondo piano. Non appena i media smettono di parlare di una crisi, l’attenzione si perde. Ad esempio nessuno parla di Haiti, dove la situazione è molto seria, soprattutto in termini di sicurezza. Continuiamo a lavorare in Afghanistan. Ma da quando la comunità internazionale ha lasciato il Paese, c’è stato un vuoto, ovviamente anche economico. Non posso non menzionare il Sudan, dove, nonostante le difficoltà, prima c’era un certo livello di stabilità. Ma vedere che sembra non esserci via d’uscita dalla situazione attuale, che questa crisi non ha lo stesso livello di interesse di altre nonostante la difficile la situazione umanitaria lì, ci preoccupa molto».

Istruzione e crisi migratorie

Save the Children guarda il mondo con gli occhi dei più piccoli. «Una delle conseguenze principali a lungo termine dei conflitti riguarda l’istruzione. In Sudan, ad esempio, da quando è iniziato il conflitto, sono milioni i bambini che non vanno a scuola. Ciò implica avere una generazione o più senza educazione e tutto ciò avrà ripercussioni sul Paese per anni. La situazione è analoga anche in Somalia che vive da decenni con la guerra civile e, nonostante gli sforzi del Paese , ci sono ancora molte difficoltà. Senza istruzione non c’è futuro per quei bambini ma anche i loro Paesi. Questo, come il dover sfuggire a guerre e fame, innesca altri meccanismi, come ad esempio la necessità di cercare opportunità altrove e le conseguenti crisi migratorie, tra cui anche quella che porta molte persone fino in Libia per cercare un accesso all’Europa. Quelli a cui stiamo assistendo sono fenomeni ciclici, che non si possono risolvere se non con un approccio sistemico che vada alle radici del problema».

La prontezza della risposta umanitaria

Save the Children è attiva in Africa, in Medio Oriente, in Afghanistan, nel Myanmar e in molti altri Paesi. «È la nostra presenza sul posto che ci consente di rispondere prontamente alle crisi anzi di anticiparle. Prepararsi in anticipo, attraverso lo studio e i modelli predittivi che ci aiutano ad intercettare le crisi, significa ad esempio anche valorizzare ogni singolo euro donato e risparmiare, ampliando così il più possibile l’intervento . Significa esserci quando è il momento. Per esempio a Gaza quando è stato annunciato il cessate il fuoco noi eravamo già pronti. In Libano, eravamo lì. In Siria, non appena Damasco è stata accessibile, abbiamo aperto un ufficio. Inoltre, essendo un’organizzazione che lavora sia in ambito umanitario che di sviluppo, abbiamo la capacità di rispondere alle esigenze immediate, ma anche di riflettere sulle esigenze a lungo termine delle comunità».

La situazione a Gaza

A Gaza ci sono stati tanti bambini che hanno perso la vita, altri che sono diventati disabili a causa della guerra. «Secondo le nostre stime nel 2024 almeno 15 bambini al giorno sono rimasti feriti e avranno disabilità permanenti» spiega Sharif. E poi c’è l’enorme problema dell’istruzione. «In una situazione di conflitto, un bambino non va a scuola, subisce traumi quotidiani, i suoi familiari non riescono a trovare cibo, non riescono a ottenere assistenza sanitaria o accesso a un ospedale. Tutte cose che per noi sono scontate. È fondamentale affrontare le dimensioni del disagio psicologico dei bambini. È un progetto a medio e lungo termine cui teniamo molto».

I rapporti con le autorità locali

Come si opera in una zona di guerra? Come ci si interfaccia con le autorità locali, nel caso di Gaza parliamo di Hamas, senza correre rischi? «Save the Children, come tutte le altre organizzazioni umanitarie, si interfaccia con l’Ocha, (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), che si occupa del coordinamento dell’azione umanitaria nei contesti emergenziali. L’Ocha si interfaccia con le autorità locali per mediare e definire insieme le modalità di accesso umanitario e per la valutazione del rischio. Purtroppo a Gaza sono morti due nostri colleghi. È per questo che il cessate il fuoco è importante per fornire aiuti umanitari». È importante che l’organizzazione umanitaria mantenga un ruolo di neutralità e abbia dei buoni rapporti con la comunità locale. «Ci possono essere limitazioni di natura burocratica e di sicurezza, ma è un tema e non è caratteristico solo del contesto di Gaza. È qualcosa in cui abbiamo dovuto sviluppare una competenza. Ma la parte più importante dell’accesso umanitario è avere l’accettazione della comunità. La nostra priorità è lavorare con le comunità e spesso vediamo che sono le comunità a darci accesso. Ovunque nel mondo, non solo nei conflitti». 
Per supportare gli interventi di emergenza di Save the Children si può donare qui.  

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

4 febbraio 2025

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Source link