Caso Ciabani: la Procura di Ragusa riacquisisce testimonianze a 42 anni dalla morte

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Dopo 42 anni dalla morte di Elisabetta Ciabani a Sampieri, agenti della Polizia giudiziaria hanno acquisito per due volte, nel corso del 2024, le testimonianze del giornalista Giuseppe Calabrese, all’epoca dei fatti giovanissimo cronista di Video Mediterraneo. Lo ha rivelato lo stesso Calabrese nel corso di una puntata, in diretta streaming, di “True Crime”, canale diretto da Gian Guido Zurli, che si occupa di casi irrisolti e misteri in Italia.
True Crime” ha dedicato quasi due ore alla vicenda della giovane fiorentina, rinvenuta cadavere la mattina del 22 agosto 1982 all’interno del locale adibito a lavanderia sulla terrazza del “Baia Saracena”, a quei tempi residence per ospiti stagionali, per lo più provenienti dal Nord Italia.

23 agosto 1982

Il giorno dopo Calabrese si recò con un cameraman sul luogo del macabro rinvenimento e nei pressi dello stanzino dove si trovava la lavatrice utilizzata a turno dai vacanzieri, notò un foglietto appallottolato sul quale erano scritti alcuni numeri di appartamenti e i cognomi di diversi ospiti del palazzo. Pensando di avere rinvenuto un elemento utile alle indagini, che in un primo momento erano tutte rivolte verso un caso di assassinio a sfondo sessuale, Calabrese consegnò il foglietto ai carabinieri.

Il pizzino del mistero

Non si sa se la Procura di Ragusa abbia riaperto un fascicolo sul caso – gli unici a poterlo confermare possono essere soltanto i magistrati –, tuttavia la convocazione di Calabrese potrebbe ricollegarsi a un esposto che Valeria Vecchione, una ricercatrice sui casi ricondotti al cosiddetto “mostro di Firenze”, annunciò a Ragusaoggi.it nell’autunno del 2022 e successivamente inviò agli inquirenti iblei, dopo avere riconosciuto la calligrafia su quel pezzo di carta strappato da un’agenda risalente alla fine degli anni Settanta, ipotesi suffragata dal rapporto grafologico emesso da un perito noto negli ambienti giudiziari. Secondo la perizia privata, la calligrafia sul pizzino sarebbe appartenuta a Luigi Napoleoni, all’epoca dei fatti ispettore di polizia a Perugia e investigatore su alcuni casi del “mostro”.

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Il criminologo Francesco Bruno collegò la morte di Elisabetta al mostro

Dopo alcuni mesi di quel tragico agosto 1982, l’indagine su Elisabetta Ciabani venne archiviata come suicidio, confermata anche successivamente. Tuttavia la gravità delle ferite ha sempre fatto pensare a un’esecuzione premeditata e cruenta, al punto tale che si è pensato a una missione del “mostro”, una definizione che in realtà cela gli autori di otto duplici omicidi nelle campagne fiorentine, in un periodo lungo 17 anni, dal 1968 al 1985.
Sulla possibilità della trasferta del (o dei) killer seriale fino a questo angolo di Sicilia si espresse anche il noto criminologo Francesco Bruno nel libro “Analisi di un mostro”, scritto insieme al giornalista Andrea Tornielli, pubblicato nell’aprile 1996. Bruno, scomparso due anni fa, per un periodo legato anche al Sisde, uno dei servizi segreti italiani attivo fino al 2007, è stato consulente sui delitti del “mostro” e su tanti altri omicidi rimasti nel dubbio, nonostante sentenze di colpevolezza. Alcune sue ospitate in tv rimangono tutt’ora famose.

Il medico legale delle vittime del mostro: “Suicidio”. La perizia del carabiniere: “Fu un maniaco”

Nella puntata di True Crime si è parlato anche di una “perizia sulla perizia”. E’ quella che fece il professor Mauro Maurri, medico legale, autore delle autopsie sui cadaveri delle vittime del mostro di Firenze dal 1974 al 1985, sull’incartamento riguardante la povera Elisabetta Ciabani. Letta la perizia autoptica e i referti allegati, per Maurri i tagli sul cadavere della giovane erano compatibili per essere ricondotti a una volontà di mettere fine alla propria esistenza.
Un’altra perizia, firmata dal maresciallo dei carabinieri Mauro Galluzzo, comandante della squadra di polizia giudiziaria presso la Procura di Modica, giunse alle conclusioni opposte, ipotizzando l’azione di un maniaco che avrebbe cercato prima di baciare la ragazza e, rifiutato, l’avrebbe poi accoltellata.

Le prime indagini

A distanza di oltre 40 anni si può senz’altro affermare che le primissime indagini non furono da manuale. Nessuno si sarebbe preoccupato di frugare fra i cassonetti dei rifiuti della zona; appresa la notizia, diverse persone lasciarono Sampieri nelle ore successive, senza essere identificate. Tra questi, due giovani, uno italiano e l’altro straniero, forse francese, entrambi ospiti di un amico romano di origini modicane, in uno degli appartamenti del residence, sopra a quello occupato da Ciabani e familiari. I tre erano arrivati il giorno prima a Sampieri dopo avere trascorso un periodo di vacanza a Malta. Il giovane universitario romano fu interrogato la sera stessa, gli amici no e, pare, mai rintracciati, nonostante le loro generalità fossero note.
I due giovani compaiono nel verbale della signora che rinvenne il cadavere di Ciabani, notati pochi minuti prima che ella salisse sul terrazzo. Aperta la porta della lavanderia, la donna vide Elisabetta a terra, sdraiata sul fianco destro. “Sul momento pensavo si fosse sentita male” è verbalizzato. Poi la scoperta delle ferite mortali, le grida di aiuto. Sulla terrazza c’era anche una mamma che stendeva i panni insieme alla figlioletta, ignare di quanto si fosse consumato a pochi metri.
Secondo la ricostruzione di Edoardo Fregoso, collaboratore del conduttore di True Crime, Gian Guido Zurli, gli aggressori di Ciabani furono due, uno dei quali chiaramente mancino.

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