Merz e l’Afd, come consegnare l’egemonia all’estrema destra e perdere consensi

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Centinaia di migliaia di tedeschi hanno partecipato, tra sabato e domenica, alle manifestazioni indette nelle principali città della Germania da un cartello di organizzazioni della società civile, appoggiate dai partiti democratici, dai sindacati e dalle chiese evangelica e cattolica, contro le intese tra la CDU e i neonazisti di Alternative für Deutschland. A Berlino, un lungo corteo di 200 mila persone è partito dalla piazza del Bundestag per raggiungere la sede della CDU. I manifestanti gridavano slogan e innalzavano cartelli e striscioni in cui si denunciavano i cedimenti dell’attuale dirigenza cristiano-democratica sulla questione delle migrazioni e del diritto di asilo, sfociati nel tentativo (fortunatamente fallito) del candidato alla cancelleria nelle elezioni federali del 24 febbraio Friedrich Merz di far approvare una legge pesantemente restrittiva con il concorso dei voti di AfD.

Di fronte alle proteste, lo stesso Merz ha cercato di correre ai ripari dichiarando che la convergenza cercata con l’estrema destra sulla questione dell’immigrazione in nessun modo prefigura stabili alleanze politiche future e altrettanto ha fatto il capo della CSU bavarese, in generale schierata su posizioni ancora più retrive della consorella CDU. La ricerca di una posizione comune con l’estrema destra – sostengono i dirigenti dei due partiti, controbattendo a un percepibile malumore che si manifesta alla loro base e al quale ha dato voce l’ex cancelliera Angela Merkel – ha una natura soltanto tattica e riguarda il solo terreno della politica verso gli immigrati.

Friedrich Merz al  Bundestag, (News Agency Germany/Shutterstock / ipa-agency.net)

Chi ci vuole credere, ci creda. Ma il fatto è che quando i partiti democratici per debolezza propria e opportunismo sposano le posizioni reazionarie dell’estrema destra, lungi dall’indebolirla e recuperare gli elettori persi finiscono per legittimarla e, quindi, renderla ancora più forte. I più giovani forse non ne sono consapevoli, ma chi conosce un po’ la storia tedesca degli ultimi decenni, trova di questa verità un clamoroso riscontro anche se esso non riguarda i partiti democristiani ma la SPD, la quale dell’errore commesso allora soffre ancora le conseguenze.

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Ecco la storia. Siamo nell’estate del 1992. Presidente del partito socialdemocratico (Spd) e candidato alla cancelleria per le elezioni federali che si terranno nell’autunno del ’94 è Björn Engholm. Un personaggio molto popolare, giovane, brillante, che come Ministerpräsident dello Schleswig-Holstein ha dato ottime prove. E ottime prove promette anche per il futuro: quando si cominciano a fare i sondaggi per le elezioni ancora lontane, si scopre che Engholm sorpassa di parecchi punti il suo futuro concorrente, niente meno che il cancelliere in carica Helmut Kohl, il campione dell’unità tedesca.

La Cdu e la sorella bavarese, la Csu, sono davvero preoccupate. E così alla fine dell’estate decidono di contrattaccare e iniziano una pesante campagna demagogica sugli stranieri che arrivavano nel paese, verso i quali – sostengono – i socialdemocratici sono troppo accomodanti (lo slogan della CSU era “La barca è piena”). Il clima nel paese è teso. in agosto ci sono stati gravi incidenti a Rostock, dove un gruppo di vietnamiti ha seriamente rischiato il linciaggio, e violenze, aggressioni, manifestazioni razziste e xenofobe (fra l’altro anche contro italiani) sono continuate nelle settimane successive, soprattutto nella Germania orientale.

Alcuni giornali, la Bild Zeitung in testa, soffiano sul fuoco alimentando la tesi che i disordini siano alimentati dalla eccessiva facilità con cui gli stranieri entrano e vengono accolti in Germania. Sull’onda di questa campagna, Cdu e Csu decidono di proporre una revisione in senso restrittivo dell’articolo 16 della Costituzione federale, che sancisce il diritto di asilo. Esattamente come proponeva la legge su cui la CDU di Merz ha chiesto nei giorni scorsi il voto di AfD.

La barca piena e il diritto d’asilo

Si tratta di una questione su cui le sensibilità erano allora molto vive in Germania. Oggi come oggi – purtroppo si direbbe – molto meno, comunque il diritto di asilo ha un radicamento profondo nella storia civile della Germania. Molti oppositori al nazismo si salvarono solo perché avevano trovato asilo in altri paesi. Fra questi Willy Brandt, che era stato esule prima in Svezia e poi in Norvegia. Quando parte la campagna della “barca piena” la base della Spd, i Verdi, le chiese, gran parte dei sindacati e praticamente tutta l’intellighenzia tedesco-occidentale si dicono contrari alla proposta di Cdu e Csu. C’è nel paese una mobilitazione simile a quella di questi giorni.

Manifestazione anti Afd. Foto di Antonio Pisacreta/ROPI) Agenzia Fotogramma

Engholm però ha paura: è evidente che la demagogia dei partiti democristiani fa breccia in una parte dell’opinione pubblica e lui si convince che se la Spd si schierasse contro perderebbe consensi decisivi. Per cui decise di accodarsi. Lo scontro nel partito è molto aspro: centinaia di migliaia di iscritti firmano una petizione – “Giù le mani dal diritto di asilo” – lanciata da 5 mila intellettuali, primo firmatario lo scrittore Günter Grass. Anche il presidente della comunità ebraica tedesca, Ignatz Bubis, rende noto il proprio dissenso. La sinistra socialdemocratica chiede e ottiene la convocazione di un congresso straordinario a Bonn, ma il 20 novembre, al termine di due giorni di discussioni infuocate, la maggioranza dei 498 delegati vota per l’apertura di una trattativa tra la Spd e i due partiti democristiani sulla modifica dell’articolo 16. In cambio il congresso impegna il partito ad ottenere il sì di Cdu e Csu su un pacchetto di misure che favoriscano l’integrazione degli stranieri (diritto di voto locale, accesso al welfare e così via).

Ma il cedimento non porta affatto a un ristabilimento della calma. Una settimana dopo, nella cittadina di Mölln, che si trova proprio nel Land di Engholm, i neonazisti incendiano una casa dove abitava una famiglia turca e due bambine muoiono nel rogo. L’emozione è grande. In tutta la Germania si tengono manifestazioni di protesta e di solidarietà: alle Lichterkette, le catene delle candele, parteciparono centinaia di migliaia di persone. Solo a Monaco, il 6 dicembre, 400 mila. Tutti chiedono che la Spd rinunci a cercare l’accordo sull’articolo 16, ma Engholm tiene duro. Non voglio perdere i voti di quelli che degli stranieri, migranti e profughi, hanno paura, dice. Proprio come oggi Merz dice che sta cercando di recuperare il consenso di quelli che per paura degli stranieri votano o voteranno a destra dei partiti democristiani. È l’obbedienza a una lapidaria raccomandazione del grande vecchio della destra “moderata” tedesca, Franz Josef Strauß: alla nostra destra ci deve essere soltanto il muro…

Il disastro della Spd

Così, per tornare alla storia di trentadue anni fa, i socialdemocratici si decidono al negoziato con Cdu e Csu. I negoziatori della SPD sono in una posizione di debolezza giacché sono loro ad essersi adeguati alle posizioni degli avversari. Il diritto di asilo viene limitato (tra l’altro viene stabilito il principio che i richiedenti asilo debbono presentare la loro richiesta nel primo paese in cui arrivano, principio che si rifletterà nel famigerato protocollo di Dublino), mentre il pacchetto integrazione resta sulla carta.

Di fronte a questo risultato Günter Grass attaccò duramente i vertici della Spd e lasciò il partito e con lui gran parte dei 5 mila firmatari dell’appello. Ma le conseguenze furono, per Engholm e i vertici che lo avevano assecondato, ben più pesanti. A gennaio, quando doveva cominciare la campagna elettorale, una buona parte della base socialdemocratica non se la sentì di mobilitarsi. I commenti dei giornali erano impietosi: Engholm ha pensato di fare il furbo e ha portato la Spd al disastro. Non ha conquistato voti al centro e ha perso una bella quota di quelli di sinistra. Willy Brandt, che aveva lasciato già qualche anno prima la presidenza della Spd amareggiato per le scelte di destra e l’opportunismo, era infuriato ma impotente.

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Angela Merkel
Angela Merkel ha criticato duramente Merz

Arriviamo così a febbraio: nel giro di una settimana i sondaggi si capovolgono, Kohl risale e Engholm precipita. Resta candidato ancora fino a maggio poi uno scandalo lo travolge e si deve ritirare sia dalla candidatura alla cancelleria che dalla presidenza del Land. Il candidato cancelliere della Spd sarà un altro, Rudolph Scharping, e sarà Kohl a vincere alla grande elezioni che poco più di un anno prima sembravano sicure per i socialdemocratici.

La morale della favola è semplice e per i commentatori dell’epoca, di destra, di sinistra e di centro, univoca: Engholm si era sparato sui piedi. Merz ha fatto la stessa cosa? Magari l’alleanza con i neonazisti non gli farà perdere le elezioni, ma su una questione fondamentale nella vita della Germania avrà regalato l’egemonia ai nemici della democrazia. E i veri vincitori saranno loro.



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