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Scatta l’acquisizione al patrimonio comunale dell’abuso edilizio oggetto di ordine di demolizione se quest’utlimo non è eseguito dal responsabile dopo 90 giorni dalla notificazione dell’ordine stesso. È di conseguenza illegittimo il permesso di costruire in sanatoria che venga eventualmente rilasciato, ma dopo l’ormai intervenuta acquisizione. Ed è precipuo compito del giudice dell’esecuzione verificare la conformità agli strumenti urbanistici generali dello speecifico titolo edilizio vantato dall’autore delle opere.
La Cassazione – con la sentenza n. 37948/2024 – ha annullato la decisione con cui il tribunale aveva revocato l’ordine di demolizione spiccato molti anni prima con la condanna del giudice penale e mai eseguito. Il grande lasso di tempo non consente di ritenere prescritto l’ordine che non ha la finalità punitiva della pena. Esso, infatti, mira al ripristino del territorio ante abuso: finalità pubblica immanente e non superabile dalla mancata esecuzione che compete all’autore della condotta illegale.
Nel caso specifico la Cassazione precisa anche il valore da attribuire da parte del giudice penale a eventuali giudicati amministrativi concernenti un abuso già oggetto di ordinanza sindacale di demolizione sottoposta all’attenzione dei Tar. La Cassazione afferma che la decisione amministrativa esplica la sua piena influenza sul giudizio in ordine alla responsabilità penale da accertare solo quando sia precisamente aderente a tutti i risvolti di illegalità che attingono l’opera edilizia sub iudice. Ciò che non si è verificato secondo la Cassazione nel caso specifico. In realtà dalle istanze di condono e dalle ulteriori vicende amministrative inerenti al caso emergeva solo un consenso dell’amministrazione al cambio di destinazione d’uso di una parte dell’opera che però era afflitta da altre violazioni in materia edilizia. Un adeguamento non sufficiente a ritenere venuto meno l’interesse pubblico alla rimessa in pristino tramite demolizione di tutte le parti abusive.
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