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Il tesoro dem nascosto dalle beghe locali e dal correntismo, ma che può fare la differenza in Regione e Capitale

Un cruccio grosso del destra-centro e cruccio ancor più grosso di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia è quello che non stare nella stanza dei bottoni di una grande città. Roma e Milano, tra calendario elettorale e scoppole prese quando il calendario lo consentiva, sono città governate dal centrosinistra. Città grosse, immense e rappresentative della “summa” di tutto ciò che l’Italia ha in claim. La metropoli lombarda come epicentro ed ipocentro del Paese che produce e la Capitale, totem austero, bellissimo e cervellotico che peraltro sta a cuore a FdI per un upgrade di motivi facilmente intuibili.

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E’ la città della leader-premier, è la Capitale del Paese, quella che ospita i Palazzi del Potere oggi colonizzati dalla destra, che però con Roberto Gualtieri in Campidoglio ci fanno la parte dei mezzadri di lusso in latifondo avverso.

Roma e Milano fuori format

Roberto Gualtieri (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Non è un caso che in tacca di mira del “fedelissimo” Tg4 ci siano praticamente ogni giorno lo stesso Gualtieri ed il meneghino prog Beppe Sala. Il primo per le “croci” da Giubileo, il secondo per una criminalità debordante che anche un orango capirebbe essere roba più da Viminale che da Palazzo Marino.

Ma tant’è, bisogna preparare il terreno per le due “reconquiste”, anche perché, segnatamente in ordine al Lazio, la situazione per i Partiti di governo ed in particolare per Fdi non è delle più rosee. E le vicende giudizario-secretabili Made in Libia della premier c’entrano poco.

L’ossimoro è evidente: da un lato i sondaggi dicono che Fratelli d’Italia conta su un gradimento sempre più massiccio e stabile e che Meloni “spacca”, dall’altro però gli stessi perdono Comuni come un bambino i denti da latte. Ovvio che dietro questo paradossale fenomeno non c’è solo la flessione fisiologica di una ricetta politica, ma fattori molto più contingenti.

Oltre i sondaggi ci sono i territori

Daniele Leodori

Primo dei quali è quello per cui la “spendibilità” amministrativa in purezza è ben altra cosa rispetto ai proclami roboanti di calibro ideologico. Che significa? Che ovviamente un elettore tendenzialmente orientato a destra non è detto che la voti, la destra. Non se in ballo c’è la sua personale visione di come dovrebbe funzionare il Comune in cui abita e se quella visione dovesse coincidere con una persona in lizza di altra area.

Il secondo fattore sta tutto nelle dinamiche politiche territoriali e di areale regionale, cioè negli uomini e nelle donne che si contrappongono al destra centro. Uomini come il segretario regionale Dem Daniele Leodori che, avendo fiutato il “male laziale” di Fratelli d’Italia, ha elaborato una strategia che finora ha pagato.

Corroborando il campo largo, appianando dissapori. Sul nodo Segreteria provinciale Pd di Frosinone sta tentando di portare tutti il più in fretta possibile alla conta, consapevole del fatto che solo con i numeri veri sul tavolo sarà possibile tentare un processo di pacificazione.

Inoltre, Leodori sta andando ad “accerchiare” le debolezze degli avversari municipio per municipio.

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Il lungo elenco di Leodori

Nicola Burrini e Aurelio Lo Fazio, i nuovi sindaci di Nettuno e Anzio con Daniele Leodori (Foto: David Nicolò © Ansa)

Il Foglio l’ha spiegata in recap sugli ultimi successi del 2024. Da Anzio e Nettuno fino alla Pisana. Il mal di Lazio, le grane dei Fratelli d’Italia, del centrodestra e un po’ anche della premier Meloni passano anche da qui. Tra sconfitte elettorali sul litorale e un presidente di regione che fatica a governare e incidere”. Le ultime vittorie elettorali ascrivibili al Pd ad Anzio e Nettuno non erano state casi isolati, basta guardare la “mappa” di alcuni tra i centri laziali più rappresentativi e soprattutto un trend che ha sembrato privilegiare i dem ad ogni fiata d’urna.

Senza contare che il litorale laziale è sempre stato tradizionalmente mezzo feudo della destra di Colle Oppio prima e di Via della Scrofa poi. E invece oggi ci sono aree slegate dalla loro storia politica tradizionale, aree tutte da colonizzare per un Nazareno che sappia andare oltre le sue fratture inside.

Non aveva esagerato affatto quindi Leodori nel definire queste due ultime briscole un “successo storico”. Ma quelle di Anzio e Nettuno sono state solo le due sacche terminali di un trend che non pare affatto circoscritto. A fare conti spicci e tornando indietro solo a giugno scorso in paniere “Dem più altri” ci erano tornate Civitavecchia, Palestrina e Tarquinia. E con esse erano rimaste presidiate dal Nazareno, resistendo alla cosiddetta “onda lunga meloniana”, Cassino e Veroli. (Leggi qui: Doppietta Pd, ribalta il primo turno conquistando Anzio e Nettuno).

I big che abbandonano i territori

Giorgia Meloni

C’è quindi una chiave di lettura, ed è quella per cui non bastano i grandi afflati ideologici e le battaglie di concetto che il Governo per più parte conduce. Al di là dell’Odi et Amo con Bruxelles e Strasburgo, della questione migranti, delle baruffe tra Esecutivo e toghe e di tanto altro fumo concettuale i cittadini alla fine scelgono i candidat* migliori, e non sempre sono quelli su cui la Meloni poggia o fa poggiare lo spadone sulla spalla.

Il Foglio spiega che “più in generale, considerando i comuni di oltre 15 mila abitanti”, gli ultimi due passaggi elettorali hanno consegnato “un quadro impietoso per il centrodestra, sconfitto otto a uno”. E pare che ci sia anche un altro fenomeno a corroborare questo trend, quello del progressivo allontanamento dei big dalle realtà territoriali che li esprimono.

Francesco Lollobrigida (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Big o ex tali come Francesco Lollobrigida, “che era solito frequentare le sezioni di provincia” e che adesso invece “pare si faccia vedere meno tra i militanti”. Senza contare che alla lunga le noie pur rientrate di Francesco Rocca con i suoi alleati di Lega e Forza Italia hanno eroso anche un tessuto solitamente “strong” come quello della Pisana.

Grosse (ex) grane alla Pisana

Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica

Per il segretario regionale del Pd è tutta manna calata dal cielo, e soprattutto è tutta ferraglia da fondere in “armi” quando nel 2028 il Nazareno proverà a riprendersi la Regione Lazio.

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Senza dimenticare l’interludio romano, con Roberto Gualtieri che comunque la si pensi oggi porta sul bavero la coccarda del Giubileo. E con Giorgia Meloni che stavolta dovrà indicare un suo antagonista che abbia più grip di quello che indicò quando Gualtieri vinse.

Consegnando a Fratelli d’Italia quel cruccio in petto che ancora oggi è irrisolto.



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