Ex Ilva e vendita, il terzo rinvio. Altre due settimane ai possibili acquirenti, gli scenari

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Terzo rinvio nell’arco di due mesi per la presentazione delle offerte vincolanti per l’acquisto di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, da parte dei tre investitori candidatisi a rilevare l’intero asset: Jindal Steel International, Baku Steel e Bedrock Industries. Aziende che producono acciaio le prime due, provenienti rispettivamente dall’India e dall’Azerbajian, un fondo americano il secondo.

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Dopo le manifestazioni di interesse giunte entro il 20 settembre, tre per tutto il gruppo e sette per singoli asset, la data per le offerte vincolanti, ovvero per l’esplicitazione del proprio progetto, era stata fissata a fine novembre. Da qui si è andati al 10 gennaio a cui è però seguito un ulteriore slittamento: 31 gennaio. Cioè ieri. Adesso la nuova scadenza è il 14 febbraio. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, si mantiene comunque ottimista e a Radio24 dichiara: «Nei prossimi giorni porteremo a soluzione la crisi dell’Ilva che dura da dieci anni con un altro grande investitore internazionale, che sarà selezionato dai commissari tra i tre che partecipano alla gara, che farà di quel sito siderurgico in poco tempo il più green e il più avanzato d’Europa».

Cosa succede

I diversi rinvii sono dovuti alla necessità di avere un’offerta che sia valida e che regga nel miglior modo possibile sotto il profilo industriale (gli investimenti), ambientale (la decarbonizzazione), economica (il prezzo d’acquisto) e occupazionale (sono attesi tagli perché i forni elettrici richiedono meno persone rispetto agli altiforni, e si deve cercare di renderli meno impattanti). E quindi se i commissari e il Governo spingono gli investitori a fare passi avanti, i potenziali acquirenti chiedono anch’essi tempo per studiare il da farsi.

Fonti vicine al dossier spiegano che la procedura è complessa perché la vendita è complessa. Inoltre, “brucia” l’esperienza della privatizzazione del 2017, quando vinse ArcelorMittal, numero uno dell’acciaio. Allora si ritenne che le cose sarebbero andate per il meglio, invece l’ex Ilva un anno fa è finita di nuovo in amministrazione straordinaria e quando a febbraio 2024 è arrivato il primo dei tre commissari (Giancarlo Quaranta), ha trovato una fabbrica che stava per spegnersi.

Adesso, quindi, si tratta di costruire un contratto di vendita che possa portare l’ex Ilva verso una nuova prospettiva. Economicamente le offerte di acquisto degli stabilimenti sono molto modeste: Baku offre 480 milioni, Jindal 80. Entrambi valutano il magazzino aziendale in circa 500 milioni, somma che va aggiunta. Jindal, inoltre, ha annunciato investimenti per 2 miliardi di euro nella decarbonizzazione. Ora è vero che l’ex Ilva non è più quella messa in vendita nel 2016, aggiudicata nel 2017 e trasferita a Mittal (che allora stava insieme a Marcegaglia) a fine 2018, e che gli impianti sono deperiti per la mancata manutenzione della gestione uscita di scena un anno fa, ma è anche vero che Ilva in as e AdI in as, le due procedure impegnate, con il ricavato della vendita devono pagare i crediti ammessi. E anche se non ci sarà da scialare, in ogni caso l’asticella del prezzo non può essere collocata rasoterra.

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Poi c’è da valutare tutta la parte industriale, la decarbonizzazione e che ne sarà dei posti di lavoro: 10mila diretti nel gruppo, di cui 8mila a Taranto. Jindal ha già detto di non poter assicurare il mantenimento dei 10mila. Semmai possono esserci assunzioni a valle della produzione dell’acciaio quando la trasformazione sarà completata. E siccome questo è uno scenario futuro, vanno create le condizioni affinché l’investitore non si sottragga dagli impegni occupazionali. Stessa cosa per gli investimenti.

Un conto è annunciarli, altro realizzarli sul serio. Per costruire un’offerta che abbia maggiore massa critica, anche economica, si ipotizza la possibilità di mettere insieme Jindal e Baku, che sembrano i meglio piazzati, ma fonti vicine al dossier sostengono che al momento non si profilerebbe la possibilità di integrare le offerte poiché i due gruppi si stanno muovendo singolarmente. Tuttavia non è escluso che le due società possano unire le forze e allearsi.

Intanto nella prossima settimana dovrebbero arrivare ad Acciaierie gli altri 250 milioni che con un decreto legge di qualche giorno fa, il Governo ha approvato per consentire la continuità operativa dell’azienda.

I fondi verranno da Ilva in amministrazione straordinaria. Si tratta di un’estensione da 150 a 400, risultato 250, di una precedente misura. Con queste risorse, AdI riprenderà i pagamenti all’indotto, peraltro già parzialmente ripristinati con nuovi acconti. Nel frattempo, quasi tutte le imprese, seppure in ritardo, hanno saldato tredicesime e stipendi in scadenza a gennaio. Solo pochi casi restano ancora aperti.

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