Giuseppe Pasini nuovo Presidente di Confindustria Lombardia: “La nostra è la 1° Regione manifatturiera d’Italia, la 2° in Europa, produce il 23% del PIL nazionale” – IL DISCORSO; VIDEO

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 


Il Consiglio di Presidenza di Confindustria Lombardia ha eletto oggi Giuseppe Pasini presidente per il quadriennio 2025-29, come anticipato da Il Giornale d’Italia. Nel corso delle consultazioni effettuate tra i componenti del Consiglio dalla Commissione di designazione, composta dagli ultimi tre past president di Confindustria Lombardia, il nome di Giuseppe Pasini era stato individuato come candidato unico.

Giuseppe Pasini nuovo Presidente di Confindustria Lombardia, il discorso di insediamento

Il discorso pubblico di insediamento del neo eletto Presidente di Confindustria Lombardia, Giuseppe Pasini.

 

Microcredito

per le aziende

 

Sig. Governatore, Distinte autorità, care colleghe e colleghi, amici e ospiti,

Benvenuti.

 

Un grazie particolare al Presidente Orsini per la presenza e vicinanza.

 

È con orgoglio, ma soprattutto con responsabilità, che prendo la parola durante il difficile momento che la nostra industria sta attraversando in tutta Europa.

I tempi d’oggi sono segnati da forti tensioni geopolitiche, crisi energetiche e conflitti sociali.

La guerra in Ucraina, così come il conflitto Mediorientale, hanno sconvolto gli equilibri globali, innescando ripercussioni su tutta l’economia europea.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Confidiamo che, con i nuovi e chiari assetti politici si possa guardare con più ottimismo ad un periodo di pace.

È nei momenti di grande preoccupazione e di trasformazione che è fondamentale avere una visione imprenditoriale coesa e risoluta.

Grazie quindi per avermi offerto l’opportunità di mettermi al vostro servizio e di lavorare a fianco di tutte le territoriali che rappresentano la nostra Lombardia.

Ti ringrazio Francesco per l’impegno profuso in questi anni e con te tutta la struttura di Confindustria Lombardia con cui avrò la possibilità di lavorare durante il mandato.

***

 

Uno degli aspetti più importanti per una associazione che vuole rafforzare il sistema di rappresentanza è l’ascolto.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

In un mondo che corre veloce, in cui spesso le voci si sovrappongono e il tempo per confrontarsi sembra sempre meno, è fondamentale che ognuna delle nostre associazioni territoriali abbia l’opportunità di esprimere e valorizzare le proprie specificità.

Sarò sempre pronto a raccogliere le vostre idee e le vostre proposte perché la voce di Confindustria Lombardia emerga in modo collegiale.

Nel mio primo intervento da Presidente di Confindustria Lombardia vorrei porre un accento particolare sulla manifattura lombarda perché, con i suoi 94 miliardi di euro, rappresenta il 26% dell’intera manifattura nazionale e perché le grandi preoccupazioni del nostro tempo sulle decisioni politiche, economiche e sociali riguardano questo settore.

Il mondo vede in noi un esempio di industria solida, capace di conquistare i mercati esteri, forte di alte competenze e tecnologie innovative, come viene anche evidenziato durante il Word Manufacturing Forum.

***

 

Prestito personale

Delibera veloce

 

Siamo la prima regione italiana per esportazioni, rappresentando oltre un quarto dell’export totale del Paese. Esportiamo per 164 miliardi di euro (2023) sui 626 dell’Italia.

Lo facciamo grazie a un sistema composto da oltre 13.000 imprese lombarde che complessivamente occupano più di 650 mila lavoratori.

Sono le PMI la dorsale della nostra Regione dove meccanica (45% degli addetti), chimica (10%), gomma plastica (8%) e alimentare (8%) assieme occupano il 75% degli addetti totali.

Nel complesso, la Lombardia produce il 23% del PIL nazionale ed è la prima regione manifatturiera d’Italia e la seconda in Europa.

Se considerassimo la nostra regione come un’economia nazionale, sui 27 Paesi dell’Unione Europea, saremmo decimi subito dopo l’Irlanda e prima di Paesi come Austria, Danimarca e Finlandia.

Veniamo però da diversi trimestri in cui sia la produzione industriale sia l’export hanno rallentato.

Se da un lato vediamo l’incremento delle esportazioni di servizi, favorito anche dai flussi turistici, dall’altro subiamo una riduzione congiunturale delle esportazioni di beni, in particolare nel settore della meccanica e degli autoveicoli.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

A fronte di settori che stanno registrando performance positive, come chimica ed alimentare, altri sono in sofferenza. Tra questi il tessile, l’abbigliamento e la meccanica.

Per tutti, comunque, le aspettative continuano a mantenersi incerte con incognite sugli ordini e sulla produzione, sul costo delle materie prime e dell’energia.

La Lombardia ha un patrimonio di aziende che rischiamo di mettere a repentaglio, distruggendo un valore che è stato costruito in decenni ed è per questo che dobbiamo ripartire dalla centralità della manifattura mettendola tra i primi punti dei programmi politici di sviluppo del Paese.

Se non affrontiamo con urgenza questa situazione, il rischio è chiaro ed ha una definizione altrettanto chiara: desertificazione industriale e cancellazione delle eccellenze, e tra queste una più esposta di altre è certamente l’automotive.

La filiera dell’automotive lombardo conta circa 100.000 lavoratori, oltre 30.000 imprese con un fatturato totale di oltre 40 miliardi di euro.

La recente nomina dell’assessore Guidesi alla Presidenza della Automotive Regions Alliance (ARA) è un grande risultato del lavoro politico e istituzionale e noi saremo ben felici di affiancare la Regione in questo percorso.

Finalmente l’Italia, guidando un’alleanza che raggruppa 36 regioni europee, torna a svolgere un ruolo di riferimento a livello Ue in uno dei settori industriali più strategici, agevolando la transizione dell’industria automobilistica e dell’indotto, tutelando al tempo stesso imprese e posti di lavoro così come espresso dalla “Dichiarazione di Monza”. E la Lombardia, con il Cluster Lombardo della Mobilità, gioca un ruolo primario.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Dobbiamo però avere l’attenzione del nostro Governo, consapevoli che oggi l’Italia può contare sulla stabilità politica. Grazie al lavoro della nostra Premier, abbiamo rafforzato le relazioni internazionali e siamo tornati a dialogare da protagonisti anche fuori dai confini europei.

Questa è la base per creare le condizioni indispensabili a sostenere le nostre esportazioni, necessarie per un Paese ed una Regione come la Lombardia che vivono anche di export.

È davanti ai nostri occhi il fatto che l’Europa sia sempre più schiacciata ad Est e ad Ovest.

È un tema di cui se ne è parlato molto, anche in occasione del World Manufacturing Forum, un appuntamento che vede Confindustria Lombardia come membro fondante di questa importante iniziativa.

Non vogliamo fare la fine del vaso di coccio tra due vasi di ferro, perché – cari colleghi – questo è ciò che sta purtroppo accadendo.

La Cina è sempre più un concorrente pericoloso, in grado di scaricare sui nostri mercati non più solo prodotti a basso valore aggiunto, ma anche tecnologie e autovetture di ultima generazione.

Gli Usa non esiteranno a mettere in campo le promesse del nuovo presidente Trump con provvedimenti commerciali che difficilmente saranno negoziabili.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Attenzione al fatto che il valore del commercio bilaterale tra Lombardia e Stati Uniti per il 2023 è stato di quasi 19 miliardi euro. mentre l’import si è attestato a 4,8 miliardi.

Nel solo terzo trimestre 2024 l’export è stato di ben 9,8 miliardi euro a fronte di un import di 3,9 miliardi.

Durante il discorso di insediamento alla Casa Bianca, il nuovo presidente degli Stati Uniti si è presentato accompagnato dalle principali imprese high-tech americane.

Il messaggio che ha dato è stato inequivocabile, sia sotto il profilo politico che economico: l’innovazione tecnologica sarà il principale fattore di competitività che l’America difenderà con forza, e sarà proprio attraverso di essa che il Paese cercherà di rinnovare e consolidare la propria leadership globale.

Chiediamoci piuttosto come può l’Europa, che vanta competenze straordinarie e centri di eccellenza, tornare a giocare un ruolo fondamentale sulla scena internazionale, puntando proprio sull’innovazione.

Abbiamo università di prim’ordine, centri di ricerca all’avanguardia e aziende che sono pioniere nei rispettivi settori.

È tempo di agire e valorizzare ciò che già possediamo. Per far ripartire questo volano, dobbiamo mettere l’impresa al centro del nostro impegno.

Come Confindustria Lombardia, e grazie anche al Digital Innovation Hub, siamo attivamente impegnati a rafforzare il livello di conoscenza e consapevolezza delle imprese rispetto alle opportunità offerte dalla trasformazione digitale.

Questa è una delle sfide più importanti per il futuro e per l’industria e si inserisce pienamente nella Strategia Europea per la Digitalizzazione.

E proprio in tema di Europa, parlando di transizione digitale e green, l’intervento della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al Word Economic Forum mi ha portato ad interrogarmi sui valori europei che ha voluto ricordarci.

Non vi nego che ho percepito un certo disagio nel sentirmi ancora a casa in questa Europa che è distante da quello che i padri fondatori avevano pensato e voluto. Forse ci siamo scordati che le fondamenta dell’Europa sono nella manifattura. Siamo nati dalla CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Non sono un nostalgico, ma le nostre radici ci devono ricordare la nostra identità e i nostri valori.

Ci siamo evoluti grazie anche alla moneta unica a sottolineare che, ancora una volta, l’economia è il collante del progresso.

Non dimentichiamocelo perché oggi l’ideologismo green, per dirlo in modo chiaro, sta affossando la manifattura che è il cuore produttivo dell’Europa.

I provvedimenti miopi che la Commissione Ue ha portato avanti costringono anche le imprese e le filiere più virtuose ad extra costi insostenibili, a partire da quello dell’energia.

L’energia oggi è la risorsa con il costo più alto e fuori controllo, ma non è la sola criticità.

Si definiscono target di riduzione delle emissioni senza pensare alla loro fattibilità e alla maturità tecnologica dei settori a cui si impone solo un traguardo da raggiungere.

Poco o nulla importa se non è possibile farlo. O a che prezzo.

 

La risposta all’ideologismo c’è ed è il pragmatismo che noi imprenditori utilizziamo nelle nostre aziende.

La prima regola della macroeconomia è che il prezzo si forma dove la domanda incontra l’offerta.

Bene, noi possiamo produrre le auto elettriche più belle del mondo, ma se non c’è la domanda creeremo solo danni irreparabili per l’industria automobilistica.

Il pragmatismo ci insegna ad aspettare i tempi della formazione della domanda. La politica può favorire il mercato, non lo può imporre.

Dobbiamo rendere graduale la transizione e accompagnare le filiere sostenendo l’attuazione delle misure economiche e sociali.

Se oggi dovessimo chiedere agli imprenditori lombardi dove investiranno nei prossimi anni alla luce dell’attuale contesto economico e politico internazionale, sono convinto che almeno l’80% ci risponderebbe: “Mi sento costretto a guardare fuori dall’Europa per rimanere competitivo”. Ecco, è proprio la risposta che non vorremmo mai sentirci dare.

Per supportarci, è quindi necessario che la nuova Commissione ascolti il mondo economico e tenga conto delle dinamiche di mercato e delle condizioni mondiali mutate, riveda certe posizioni per un’economia più sostenibile, dove sono garantite le migliori condizioni occupazionali e sociali.

Chiediamo quindi ai nostri Europarlamentari misure incisive per la salvaguardia delle filiere manifatturiere.

Sia ben chiaro: non stiamo chiedendo misure protezionistiche strutturali, ma provvedimenti straordinari di politica commerciale per mantenere la nostra competitività rispetto ai mercati asiatici e americani.

Dobbiamo anche proteggere le nostre materie prime strategiche ad elevato rischio di approvvigionamento.

Esse influenzano direttamente una vasta gamma di settori produttivi, in particolare quelli legati all’industria tecnologica ed elettronica, all’automotive, alla chimica, alla metallurgia e alla plastica o al settore farmaceutico.

E ancora, voglio ricordare l’ormai noto CBAM che è nato con una finalità corretta, ma si sta rivelando troppo burocratico e facilmente aggirabile. È giusto porre fine al fenomeno del free-riding della CO2 attraverso mezzi agili, ma che siano chiari e soprattutto applicabili.

Non possiamo più rimandare, come ben ci ricorda il nostro presidente Orsini.

Emanuele, grazie per essere sceso personalmente in campo denunciando, anche sui canali social, che la situazione è diventata insostenibile per chiunque utilizzi energia per creare valore, qualunque sia il settore o la dimensione dell’impresa.

***

 

Guardiamo con positività al sostegno dato dal nostro governo alle imprese energivore attraverso misure mirate, come il meccanismo dell’energy release.

Ma non basta!

 

Il rincaro delle bollette ha ulteriormente complicato il quadro e continua a mettere a dura prova le imprese e le famiglie.

Stiamo parlando di un impatto che Confindustria ha stimato in oltre 10 miliardi di euro.

Considerate che le imprese italiane nel 2024 hanno consumato circa 120 Terawattora e di questi gran parte in Lombardia dove hanno sede tante grandi aziende energivore.

Ma non è solo una questione volumi. È, soprattutto, questione di prezzi insostenibili.

Nel 2024 pagavamo mediamente l’energia 108 euro a mwh. Nel 2025 abbiamo già raggiunto picchi di prezzo superiori a 150 euro al mwh con un aumento che supera il 50% rispetto alla media dell’anno precedente.

Praticamente si è vanificata ogni azione per sostenere il potere di acquisto e la competitività delle imprese, aprendo la strada a fenomeni speculativi.

In poche parole, pochi si sono arricchiti e in tanti si sono impoveriti.

 

Nel frattempo, l’energia elettrica continua a costarci il 38% in più rispetto alla Germania e il 72% in più della Spagna. Fino ad arrivare all’87% in più rispetto alla Francia.

Ci arrivano tante rassicurazioni, ma non dormiamo sonni tranquilli neppure pensando al gas. Le scorte saranno anche a buoni livelli, ma come Europa abbiamo un costo assai più alto degli Stati Uniti che lo vendono a caro prezzo.

Il confronto è impietoso: 7,4 euro/mwh negli Usa, 34,4 in Europa. Oltre 36,3 euro in Italia.

Ancora peggio è il fatto che il costo dei quasi 50 miliardi di gas statunitense che approdano in Europa hanno un costo industriale, incluso il trasporto, di circa 20 €/MWh e, pur trattandosi di una misura di aiuto agli europei da parte degli Stati Uniti, viene rigassificata e venduta ai 50 €/MWh del prezzo di riferimento sulla piazza di Amsterdam. Prevale quindi più la parte di chi fa business sulle transazioni finanziarie legate all’energia rispetto a chi l’energia la consuma per produrre beni o erogare servizi.

Del resto, questo è il risultato di una strategia energetica europea che non è mai decollata perché all’interno dell’Europa prevalgono gli interessi nazionali rispetto ad una visione Comune.

La situazione, inoltre, è ancora più complessa data la composizione dei mix energetici dei diversi Paesi.

  • La Germania conta ancora per il 27% su carbone e lignite, per un altro 27% sull’eolico e per il 12% sul gas Inoltre, le aziende tedesche hanno avuto importanti misure di protezione sia in termini di compensazione dei costi indiretti della CO2 per circa 600 milioni di euro.
  • La Francia utilizza il nucleare per il 64%, di cui un buon 20% viene importato dall’Italia. Inoltre, fino al termine del 2025 gli energivori francesi beneficeranno della misura ARENH, ovvero avranno disponibilità di energia nucleare al costo industriale di produzione di 46,6 €/MWh.
  • La Spagna, ha un mix energetico ben distribuito tra le varie Con rammarico per noi italiani, dobbiamo constatare che in Spagna il mercato delle rinnovabili funziona e non è difficile siglare PPA al di sotto dei 40 €/MWh.

L’Italia è invece ancora sbilanciata sulla produzione di energia elettrica dal gas che rappresenta il 45% del totale.

Siamo i primi in Europa per percentuale di energia idroelettrica, ma il solare è invece fermo ad un 9%.

Con riferimento all’energia idroelettrica, che rappresenta circa il 23% dell’elettricità immessa in rete in Italia, bisogna riflettere attentamente in relazione al dibattito sul rinnovo senza gara per le concessioni.

Se da una parte potrebbe essere accettabile, a fronte di investimenti di riqualificazione, dall’altra sarebbe necessario che questa estensione di un monopolio legale avvenisse a fronte del rilascio di un quantitativo di energia al settore industriale in una logica di tutela della capacità produttiva esistente.

È fondamentale che il nostro Paese investa nelle energie rinnovabili e snellisca la burocrazia per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e contenere i costi dell’energia.

È importante che accanto alle aree idonee siano identificati dei meccanismi che rimuovano condotte speculative con riferimento all’utilizzo dei terreni. Eventualmente, mettendo a disposizione in primis ai settori industriali le aree e le pertinenze pubbliche inutilizzate.

Anche qui in Lombardia, dove auspichiamo che ci sia la dovuta attenzione per gli investimenti già sostenuti dalle imprese e che si cerchi di mantenere una uniformità tra le regioni al fine di evitare complicazioni burocratiche e sovrapposizioni normative.

Quindi, cosa possiamo fare?

 

Dobbiamo essere concreti e veloci con azioni che Confindustria ha proposto nel breve e nel medio-lungo periodo.

Da subito, serve il disaccoppiamento del prezzo delle fonti rinnovabili da quello delle fonti fossili.

Il prezzo dell’elettricità in Italia è ancora troppo legato alla quotazione europea del gas e pertanto è sempre più urgente allentare questo stretto legame, che è di natura regolamentare, per lasciare che il prezzo elettrico sia basato anche sui costi minori della generazione da fonti rinnovabili.

Confindustria ha proposto l’avvio del disaccoppiamento attraverso il rafforzamento del mercato secondario dei contratti di lungo termine aventi a oggetto la cessione di energia rinnovabile.

La proposta riporterebbe il prezzo dell’energia per le imprese nell’orbita dei 65 €/MWh, ossia il livello di prezzo di generazione efficiente delle rinnovabili di grande scala.

È inoltre necessario dare attuazione a quanto previsto dall’art 2. del DL 181/2023 ed implementare la misura di “Gas Release”.

Il provvedimento è bloccato in quanto i titolari dei titoli minerari non mettono a disposizione le riserve certe – quindi estraibili – per circa 38 miliardi di metri cubi presenti nelle nostre riserve. Altri 30 sarebbero disponibili nell’alto Adriatico.

Dobbiamo cambiare rapidamente la norma e “sostenere” le imprese, chiedendo che il GSE sostituisca la “produzione nazionale” con un approvvigionamento di gas di importazione dedicato alle imprese gasivore. Ad esempio, con uno swap finanziario al PSV (Punto di Scambio Virtuale).

Non basta poi produrre energia. Occorre anche distribuirla.

Ecco perché chiediamo che venga sbloccato l’Iter autorizzativo per reti e interconnessioni.

Se guardiamo al medio-lungo termine, dobbiamo puntare su una combinazione di fonti energetiche diverse con un approccio integrato che tenga conto anche dell’opzione nucleare.

L’opportunità dei reattori di quarta generazione offre garanzie di sicurezza e potrebbe fornire una fonte di energia stabile e a zero emissioni.

Per cui facciamo un plauso al Ministro Picchetto Frattin che sta portando avanti questa opzione.

Naturalmente ci vorrà anche un salto culturale di tutti i cittadini che andranno adeguatamente rassicurati e informati grazie alla comunità scientifica.

***

La nuova Commissione Europea è chiamata ora ad un compito fondamentale: istituire un nuovo patto per l’industria, passando dal Green Deal al Clean Industrial Deal che verrà presentato a fine febbraio dai nuovi commissari europei.

Auspichiamo che questo patto recepisca molte delle soluzioni indicate dall’Agenda Draghi.

Il rapporto ha ben definito la strada da seguire. Tutto il lavoro fatto non può restare solo un esercizio accademico o un foglio da sventolare nel nome dell’Europa.

Servono risorse.

Secondo l’ultimo studio dalla BCE di dicembre, l’Europa dovrà investire fino a 1.2OO miliardi di euro all’anno per sostenere la transizione verde in linea con l’obiettivo dettato dall’agenda europea sul clima. Ovvero, 770 miliardi come in passato, più 500 aggiuntivi su base annua.

Prima ancora di mettere mano al portafogli, l’Ue deve capire che non c’è futuro economico senza una politica che ponga al centro l’innovazione tecnologica e la manifattura.

E, al tempo stesso, dare anche l’opportunità ai giovani di mettere le loro energie, l’entusiasmo e le visioni in progetti che valorizzino il fare, di ogni forma e materiale.

***

 

Dobbiamo tornare a vedere i nostri giovani innamorarsi della fabbrica, del saper fare, dell’eccellenza e della qualità. Anche attraverso le nuove tecnologie che loro più di noi sanno declinare in ambito industriale.

Noi, con la storia delle nostre aziende e delle tante imprese familiari, esprimiamo valori come passione, attaccamento, dedizione. E ancora, incarniamo i concetti della sfida, dell’innovazione, dell’internazionalizzazione.

Eppure, la “fabbrica” sta uscendo dai radar dei ragazzi e delle ragazze.

 

Anche per questo paghiamo lo scotto della distanza tra domanda ed offerta di lavoro.

È un fatto anche che dalle scuole alle università, dai media alle istituzioni, troppo spesso molte industrie sono ancora dipinte come “brutte, sporche e cattive”. Probabilmente perché chi parla così di queste imprese non ci è mai entrato e le considera come delle attività in declino.

Relegare le industrie al passato senza mettere in luce l’innovazione pervasiva è un paradosso che non accettiamo.

Resta il fatto che sta a noi rispondere attivamente ai bisogni delle nuove generazioni perché senza ingaggio e affezione non c’è competenza che tenga.

In Italia abbiamo una caratteristica che ci rende unici: veniamo da una cultura classica che ha gettato le basi dei valori della nostra società, ma abbiamo anche quella inventiva e capacità tecnica di trasformare le idee in progetti che il mondo ammira.

Possiamo vedere in un nuovo umanesimo tecnologico la continuità col nostro passato.

Le nostre aziende sono inoltre delle vere palestre sociali, dei luoghi di aggregazione che, nel mettere al centro il lavoro e la condivisione degli obiettivi, diventano realtà multiculturali e inclusive.

È anche una questione di continuità del business perché siamo di fronte non a un inverno demografico, ma ad un inferno demografico.

Dobbiamo lavorare per attrarre talenti dall’estero e integrarli nel nostro tessuto produttivo.

È proprio il contrario di quello che vediamo un po’ in tutta Europa, con la Germania a fare da triste vetrina a nazionalismi che vedono nell’esclusione la risposta immediata ad un forte malcontento sociale.

Sono invece convinto che serva favorire l’integrazione dei giovani immigrati, promuovendo politiche di inclusione sociale e lavorativa.

E ancora, dobbiamo investire sulla formazione, fuori e dentro le nostre imprese.

Pensiamo, per esempio, all’importanza degli ITS che rispondono direttamente alle esigenze del mercato del lavoro, formando professionisti altamente qualificati in settori tecnologici e innovativi.

Anche questo vuol dire rafforzare il sistema educativo per renderlo più flessibile e in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro.

Significa promuovere l’apprendimento permanente, facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro sviluppando strumenti efficaci per mettere in contatto le imprese con i giovani in cerca di occupazione.

E ancora, investire nella ricerca e nell’innovazione, trovare un impulso evolutivo nella digitalizzazione.

***

Care colleghe, cari colleghi,

 

chiudo questo mio intervento ringraziandovi ancora per la fiducia che mi avete dato e rinnovo il mio impegno all’ascolto per portare avanti con determinazione le istanze, le idee e i progetti di Confindustria Lombardia.

 

Una caratteristica di questa Confindustria risiede proprio nella capacità di collaborare e di essere un punto di riferimento per tutti coloro che desiderano contribuire alla crescita e al progresso sociale ed economico del nostro territorio.

 

Ecco perché anche la collaborazione con la Regione Lombardia e con il suo presidente Attilio Fontana sarà piena e propositiva. Abbiamo un potenziale davvero straordinario e in parte ancora inespresso.

 

Insieme possiamo e dobbiamo liberarlo per il bene del nostro Paese, delle nostre persone e delle future generazioni.

 

Grazie“.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link