L’Europa punta sull’energia pulita per competere con Usa e Cina

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«L’Europa ha tutto ciò di cui ha bisogno per avere successo nella corsa al vertice», ha detto Ursula von der Leyen presentando la Competitiveness compass. E questa Bussola della competitività, nell’ottica della presidente della Commissione Ue, punta dritta verso l’indipendenza energetica e la transizione verde. Le due cose vanno insieme, perché tra le principali «debolezze» citate nel discorso di ieri che vanno «corrette per riacquistare competitività» c’è il fatto che l’Europa è ancora dipendente per oltre la metà del proprio fabbisogno da energia importata da fuori i confini Ue (58,3%, contro il 20% della Cina e lo 0% degli Usa), e perché nel nostro continente non mancano sole, vento e fiumi per produrre energia da impianti fotovoltaici, eolici e idroelettrici. Ecco dove punta la bussola, per la presidente della Commissione Ue: «La transizione verso un’economia a zero emissioni è essenziale per la prosperità. Voglio essere molto chiara: l’Unione europea mantiene gli obiettivi del Green deal, senza alcun dubbio. È una forza unica che abbiamo. E dobbiamo garantire la prevedibilità per gli investitori e le imprese del settore delle tecnologie pulite. L’industria delle tecnologie pulite è alla ricerca di opportunità. L’Europa è aperta agli affari. Siamo già leader mondiali nelle tecnologie pulite come le turbine eoliche, gli elettrolizzatori e i carburanti a basso contenuto di carbonio. Più di un quinto delle tecnologie pulite del mondo sono sviluppate proprio qui in Europa. Dobbiamo quindi lavorare sodo per rimanere al primo posto. Pertanto, i primi arrivati saranno premiati con la certezza degli investimenti, con la preferenza negli appalti pubblici e con la semplificazione degli aiuti di Stato in settori mirati».

Non a caso, insieme alla Bussola della competitività, la Commissione Ue ha pubblicato la Relazione annuale sul mercato unico e la competitività 2025, che analizza i punti di forza e di debolezza dell’economia comunitaria. Il rapporto segue l’evoluzione di 22 indicatori di prestazione chiave, come l’integrazione nel mercato unico, le misure per ricerca e sviluppo, i prezzi dell’elettricità. E se questi indicatori sono fondamentali per valutare la competitività dell’Ue e per individuare le aree che richiedono un’attenzione particolare, la decarbonizzazione dell’industria e la riduzione delle dipendenze dall’estero per l’energia sono cruciali, per vincere la sfida con competitor agguerriti come Usa e Cina. E non a caso, andando ancor più nello specifico, diverse pagine del rapporto (in particolare quelle della sezione 3.3 dedicate all’energia, quelle della sezione 3.4 dedicate all’economia circolare e quelle della sezione 4 intitolata «Aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze») insistono proprio sulla necessità di assicurarci e decarbonizzare la produzione di energia per aumentare la competitività dell’Ue. «L’Europa vanta una solida esperienza nell’innovazione delle tecnologie pulite e dell’energia – si legge nel rapporto – ma non offre ancora condizioni quadro sufficienti per immettere sul mercato prodotti innovativi e consentire alle imprese di progredire, il che a sua volta può contribuire ad aumentare l’efficienza energetica e a potenziare la fornitura di elettricità. Il mercato globale delle principali tecnologie pulite prodotte in serie è destinato a triplicare entro il 2035, raggiungendo un valore annuo di circa 1.900 miliardi di euro, offrendo alle imprese dell’Ue vaste opportunità da cogliere. La rapida attuazione della legge sull’industria a zero emissioni (Net-Zero Industry Act, Nzia) aiuterà l’Ue a costruire una forte capacità produttiva nazionale per queste tecnologie, fondamentali per soddisfare le esigenze della società in termini di energia più economica e più pulita».

La strada indicata dalla bussola presentata da von der Leyen piace all’associazione di settore Eurelectric, che assicura: «L’industria elettrica è pronta a fornire ai consumatori energia pulita e a prezzi accessibili. Ricorda inoltre l’importanza di mantenere un forte business case per gli investitori, al fine di garantire una continua diffusione della generazione a zero emissioni che, in ultima analisi, farà scendere i costi. Dobbiamo continuare a finanziare la produzione di energia e i progetti infrastrutturali che sono al centro della nostra transizione energetica». E la spinta sulla produzione di energia pulita per aumentare la competitività piace, ovviamente, alle associazioni ambientaliste che, come fa Legambiente, sottolineano il fatto che è arrivato il momento di passare dalla teoria alla pratica, anche a livello nazionale, per lasciarci alle spalle il vecchio, e per noi non conveniente, sistema produttivo fossile e inquinante.

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