nessuna chiusura di stabilimenti. Spiragli per Comunanza

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Nessuno stabilimento italiano deve chiudere, quindi nemmeno Comunanza. E’ quanto ha chiesto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel corso dell’incontro a Roma con l’azienda che nelle scorse settimane ha annunciato un piano di durissimi tagli e la fine delle due fabbriche di Comunanza e Siena. “Lo ribadisco ancora una volta – ha detto il titolare del dicastero – tutti gli stabilimenti dovranno rimanere produttivi”. Proprio per questo “il sito di Comunanza, uno dei principali poli italiani
dell’elettrodomestico – ha espressamente citato Urso – dovrà continuare a essere motore produttivo e occupazionale del territorio marchigiano: siamo impegnati a valorizzare un’eccellenza del sistema Paese”. Dall’azienda sembra emersa una cauta apertura in questo senso, secondo quanto riferiscono i sindacati. 

Stop alla procedura di licenziamento

“Beko rinuncia ad aprire la procedura di chiusura e licenziamento”, hanno riferito i sindacati al termine del tavolo convocato al Mimit. ”La disponibilità di Beko a iniziare un
confronto su un nuovo piano industriale, senza aprire la paventata procedura di chiusura e di licenziamento, costituisce il presupposto minimo per iniziare una trattativa”, scrivono Fiom, Fim, Uilm e Uglm in una nota congiunta. Tuttavia, fanno presente, ”le disponibilità aziendali sono ancora estremamente generiche”.

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Beko riferiscono i sindacati “ha fatto intravedere la possibilità di non chiudere Comunanza e di prevedere un percorso di tre anni per Siena, dove comunque ribadisce la volontà di cessare la produzione”.

Il ruolo del Golden Power per evitare le chiusure

Urso ha anche chiesto all’azienda di presentare un piano per l’Italia con almeno 300 milioni di investimento e ha sottolineato il ruolo che sta avendo in questa difficilissima crisi il golden power: “Solo grazie all’uso avveduto del Golden Power è stato possibile scongiurare quanto già accaduto in Polonia, dove due stabilimenti sono stati chiusi, o nel Regno Unito, con la cessazione dell’attività. Se non l’avessimo fatto, oggi non saremmo riuniti a questo tavolo per trovare una soluzione sostenibile, mentre gli stabilimenti continuano a produrre con i medesimi livelli occupazionali”.

L’incertezza riguarda quello che succederà a fine anno quando Beko ha annunciato l’intenzione di chiudere gli stabilimenti di Comunanza e Siena e quasi dimezzare la forza lavoro con 1.900 esuberi che toccherebbero anche lo stabilimento di Fabriano oltre alla chiusura di Comunanza.

Beko si è detta anche pronta a investire 300 milioni di euro in Italia come chiesto dal governo; di questa somma un terzo andrà in attività di ricerca e sviluppo. “L’azienda – prosegue la nota di Keko – ha confermato che in Italia saranno basati importanti centri di ricerca e sviluppo, quali il centro globale del design industriale di Beko ed il centro globale per la categoria cooking”, il settore dove lavora lo stabilimento di Fabriano. È stato inoltre riconfermato che in Italia saranno basati i centri decisionali europei chiave per le funzioni strategiche, tra cui risorse umane, marketing, supply chain e Information Technology. Le attività di assistenza ai consumatori, il centro europeo per le parti di ricambio e centro di ricondizionamento degli elettrodomestici usati continueranno a operare dall’Italia.

Beko pronta a investire in Italia, ma conferma tagli

Al termine dell’incontro l’azienda ha diffuso una nota in cui “ha ribadito la necessità di continuare nel percorso di efficientamento delle strutture italiane al fine di poter ridurre ulteriormente i costi fissi secondo il piano presentato”. Come a dire che i tagli restano. La disponibilità arriva solo sul modo impegnandosi a valutare “una volta emersa chiarezza sulla disponibilità degli strumenti di accompagnamento per i lavoratori e in base alla capacità dell’azienda di poter ridurre il livello di costi fissi”.

Il governo da parte sua non chiude la porta sul fronte degli incentivi. “Abbiamo necessità di approfondire i temi emersi: investimenti, occupazione e agibilità del sito produttivo di Siena – ha sottolineato Urso in una nota – Nei prossimi giorni, convocheremo un incontro tra la proprietà, Mimit e Invitalia, per analizzare gli aspetti relativi agli incentivi e ai sostegni necessari a supportare gli investimenti annunciati da Beko, che mi auguro possano essere supportati anche dalle Regioni interessate”.

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Il presidio dei lavoratori sotto il ministero delle Imprese

Proprio per le tante preoccupazioni sul fronte del alvoro, erano quasi 500 i lavoratori di Beko riuniti in presidio davanti alla sede del ministero delle Imprese e del Made in Italy. C’erano delegazioni da Comunanza e Fabriano, così come dagli altri siti produttivi: Siena, Cassinetta e Caserta. Molti altri lavoratori, poi, hanno aderito allo sciopero di otto ore, sempre in tutti i siti Beko, proclamato dalle organizzazioni di categoria Fiom, Fim e Uilm. 

“Il posto di lavoro non si tocca, lo difenderemo fino alla lotta”, “Beko non si chiude, vogliamo lavorare” alcuni dei cori urlati davanti alla sede del ministero, che espone anche numerosi cartelli di protesta. “L’Italia svenduta agli stranieri” si legge in uno di questi. Presenti i delegati dei sindacati di categoria dei vari territori coinvolti, oltre ai  rappresentanti nazionali, sempre di categoria, di Fim, Fiom e Uilm

Di seguito le voci dei sindacati che partecipano all’incontro al ministero delle Imprese



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