L’ombra dei dazi di Trump, ma i rincari dell’energia spaventano di più

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L’ombra lunga dei dazi che Trump continua a minacciare nei confronti dell’Europa sono senz’altro nubi inquietanti nel cielo delle imprese italiane, anche se qualche ottimista potrebbe contare sulla simpatia dichiarata dal presidente statunitense per il nostro premier per sperare in un improbabile trattamento di favore. Ma c’è qualcosa, e lo dice l‘Ufficio Studi della Cgia Mestre, che spaventa ancora di più le imprese patrie. Ed è il caro energia.

Infatti, l’impennata dei costi energetici rischia di arrecare un danno economico pesante e spalmato sull’intero sistema imprenditoriale italiano. In soldoni, se quest’anno il prezzo medio del gas dovesse attestarsi sui 50 euro al MWh, come ipotizza l’Ufficio studi della CGIA, si stima “un aggravio rispetto l’anno scorso di 14 miliardi di euro. Inoltre, è importante considerare che il combinato disposto di queste due problematiche (dazi americani sull’export e aumento del costo dell’energia, ndr) potrebbe addirittura condurre l’economia italiana verso una fase di stagflazione“. Va da sé che, se tutto ciò si realizzasse, il nostro Paese sarebbe in una situazione veramente difficile.

I dazi. Le imprese italiane che esportano in USA sono 44mila, un numero che tutto sommato potrebbe sembrare ridotto. Tuttavia, come ricordano dalla Cgia, gli Usa sono ” il secondo mercato di sbocco per le esportazioni italiane, con un valore annuale prossimo ai 70 miliardi di euro, pari al 10,7% dell’intero export nazionale”. Esportiamo macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici/farmaceutici, alimentari/bevande, tessile, abbigliamento e
calzature. Queste voci rappresentano “circa i due terzi delle vendite totali nel mercato statunitense”. Tornando al fatto che gli operatori commerciali italiani attivi negli Stati Uniti sono relativamente pochi, anche se si dovrebbero aggiungere ” le imprese dell’indotto non contabilizzate nelle statistiche Istat”, resta inteso che fino a quando i dazi non saranno ufficialmente introdotti, nessuno è in grado di stimare quanto le vendite nazionali negli Stati Uniti potranno venirne penalizzate.

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Accanto e con maggior peso rispetto alla preoccupazione dei dazi trumpiani, avanza quella delle bollette. Se l’introduzione dei dazi comporterebbe una contrazione delle esportazioni, le conseguenze economiche all’aumento delle bollette potrebbero risultare ancora più gravose, considerando che il costo del gas e dell’energia elettrica sono in aumento. Immaginarsi cosa potrebbe voler dire l’intersecarsi delle due criticità. Per Cgia Mestre, fatti i dovuti scongiuri, potrebbe voler dire anche l’aprirsi di una nuova crisi

Bollette. Con l’aiuto dell’Ufficio Studi della Cgia, ecco i conti. Per l’anno corrente, secondo i ricercatori, “si stima che il costo complessivo delle bollette possa gravare sul sistema imprenditoriale italiano per ulteriori 13,7 miliardi di euro rispetto al 2024, corrispondente a un incremento del 19,2%. La spesa totale prevista raggiungerebbe quindi gli 85,2 miliardi: di questi 65,3 miliardi per l’energia elettrica e 19,9 miliardi per il gas”. Stime prodotte dall’Ufficio studi della CGIA che si basa “sull’ipotesi di un prezzo medio dell’energia elettrica nel 2025 fissato a 150 euro per MWh e del gas a 50 euro per MWh; mantenendo così un rapporto di tre a uno tra le due tariffe come osservato nei bienni precedenti. Per quanto concerne i consumi energetici si fa riferimento ai dati del 2023 con l’assunzione che essi rimangano costanti nei successivi due anni”. All’analisi della natura dei nuovi 13, 7 miliardi stimati per quest’anno, informano i ricercatori, “quasi 9,8 miliardi (+17,6% rispetto al 2024) riguarderebbero l’energia elettrica mentre i restanti 3,9 miliardi (+24,7%) il gas”.

Le ricadute. Fra i tanti problemi, uno dirimente è che esiste la possibilità, come nei primi anni post-Covid, di trovarsi di fronte a un’onda anomala di crescita dei prezzi del gas e dell’energia, tanto da generare pericolose spinte inflazionistiche. La conseguenza di un simile scenario potrebbe essere un crollo generalizzato dei consumi interni. Ovvero, come li definisce l’Ufficio Studi Cgia, “del pilastro portante su cui si basa la nostra economia”. Un’economia che nel frattempo ha dovuto affrontare, nel corso del biennio 2022-2023, una crisi energetica che ha dato il via all’erosione sostanziale del potere d’acquisto dei salari dipendenti e degli assegni pensionistici. Scenario aggravato dal contemporaneo aggravamento dei tassi di interesse, il che ha frenato sia gli investimenti che la (prospettata) crescita del PIL. Tirando le fila, il concomitante avvento di una crisi economica rinfocolata, dell’effettiva introduzione di dazi e di un possibile tsunami inflazionistico ancora una volta legato ai rincari energetici, potrebbe fare avverare una tempesta perfetta che si chiama “stagflazione”; ovvero, crescita zero e inflazione alle stelle.





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