Immobiliare News | Crowdfunding per le imprese e uno sguardo sull’equity crowdfunding immobiliare

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Il crowdfunding come strumento di finanza alternativa

Il crowdfunding, vale a dire la raccolta di fondi presso il pubblico per supportare iniziative di varia natura, costituisce ad oggi uno strumento diffuso di finanza alternativa a sostegno degli imprenditori, che possono quindi beneficiare di un canale per reperire risorse ulteriore rispetto al ricorso al credito bancario.
Ad oggi il crowdfunding per le imprese è disciplinato dal Regolamento Europeo 2020/1503, attuato in Italia nel 2023. La raccolta dei capitali avviene tramite piattaforme online, gestite da soggetti autorizzati dalla Consob, e può avvenire in varie forme quali, ad esempio, l’ingresso nel capitale della società che sviluppa il progetto (equity crowdfunding) o il prestito di somme che maturano un rendimento sotto forma di interessi (lending crowdfunding).
Le iniziative imprenditoriali che usufruiscono di tale strumento sono le più disparate e sono sempre più diffuse le applicazioni, ad esempio, nei settori immobiliare ed energy.

Equity crowdfunding e clausole a tutela degli investitori

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Tramite le operazioni di equity crowdfunding, i soggetti diffusi tra il pubblico finanziano una iniziativa divenendo titolari, mediante la sottoscrizione di un aumento di capitale per il tramite della piattaforma di crowdfunding, di partecipazioni della società che realizza il progetto. Conferiscono, quindi, capitale di rischio con una modalità che può dirsi a tutti gli effetti una ‘mini quotazione’.
In origine per definizione preclusa alle società a responsabilità limitata, l’offerta di quote di S.r.l. al pubblico è stata prima resa possibile dal D.L. 179/2012 – c.d. Startup Act – per le sole startup innovative e in seguito, con successivi interventi normativi, per le S.r.l. PMI innovative, poi per tutte le S.r.l. PMI e infine, con l’attuazione del Regolamento Europeo 2020/1503, per tutte le S.r.l. Tale ultimo intervento non è però coordinato con lo Startup Act, che prevede ancora che solo le S.r.l. PMI possono suddividere il proprio capitale in categorie di quote fornite di diritti diversi, ed è proprio la possibilità di prevedere quote di diverse categorie che costituisce la caratteristica delle operazioni di equity crowdfunding (fermo restando in ogni caso che la maggioranza delle S.r.l. italiane sono PMI e che il mancato coordinamento normativo costituisce un problema più di teoria che di pratica).
Gli statuti delle società che ricorrono all’equity crowdfunding, suddividendo quindi il capitale in diverse categorie di azioni o quote, prevedono specifiche clausole finalizzate a disciplinare i rapporti tra i founder e gli investitori e a tutelarne i diversi interessi.
Mentre la maggior parte dei diritti di amministrazione-gestione della società viene attribuita alla categoria di quote di titolarità dei founder, la disciplina statutaria delle categorie di quote degli investitori tende, da un lato, a massimizzare il ritorno dell’investimento, costituito dal rendimento dello stesso nel corso della realizzazione del progetto imprenditoriale e dal buon esito dell’exit, dall’altro, a limitare la partecipazione alla gestione della società da parte di soggetti che non ne sono interessati, potendo comportare anche l’esclusione del diritto di voto in assemblea.
Fra i meccanismi più utilizzati a tutela del ritorno economico degli investitori vi è, ad esempio, la previsione di una distribuzione preferenziale di proventi al verificarsi dei c.d. eventi di riparto, definiti nello statuto, individuabili in una determinata serie di eventi che generano un ritorno finanziario per i soci fra i quali vi è, soprattutto, la realizzazione dell’exit mediante la cessione della maggioranza del capitale sociale.

Partecipazioni auto estinguibili ed equity crowdfunding immobiliare 

In coordinamento con le clausole di liquidazione preferenziale, nelle operazioni di equity crowdfunding si sta diffondendo l’utilizzo delle partecipazioni auto estinguibili, vale a dire di azioni o di quote, disciplinate in statuto come una specifica categoria e sottoscrivibili tramite la piattaforma di crowdfunding, le quali, una volta conseguito il rendimento preferenziale per effetto del verificarsi di uno o più eventi di riparto, si estinguono automaticamente senza necessità di manifestazioni di volontà né da parte dei titolari delle partecipazioni né della società.
Il ricorso a tale tipo di categorie di partecipazioni ben si adatta alle operazioni di sviluppo, gestione e valorizzazione di complessi immobiliari ed è proprio in questo ambito, in particolare, che gli imprenditori e i professionisti che li assistono ne stanno valutando il potenziale. Vengono quindi disciplinate negli statuti in modo che, da una parte, gli investitori possano realizzare la remunerazione del proprio investimento uscendo dalla società in modo automatico, ad esempio in occasione della vendita del complesso immobiliare, senza dovere azionare opzioni put e prendere parte al conseguente processo di dismissione delle partecipazioni, dall’altra, i founder, realizzati gli obiettivi del progetto immobiliare, possano gestire la liquidazione della società senza dovere più tenere conto degli interessi degli investitori, già remunerati, oppure, nel caso, proseguire in autonomia l’ulteriore attività della società.
Un altro vantaggio connesso all’impiego delle partecipazioni auto estinguibili consiste nella possibilità di non prevedere alcuna liquidazione – secondo i parametri della equa valorizzazione – delle stesse, in occasione della loro estinzione. Ciò sul presupposto che il realizzo economico di tali partecipazioni sia identificato nel conseguimento del rendimento prefissato. Si segnala, per inciso, che l’autoestinzione delle partecipazioni può essere connessa non necessariamente al verificarsi di un evento, ma al decorso di un determinato periodo. In tal caso, la legittimità di non prevedere l’equa valorizzazione delle partecipazioni al momento dell’estinzione è fondata sull’accettazione del rischio, al momento della loro sottoscrizione, di realizzare il ritorno del proprio investimento unicamente mediante il conseguimento di utili o altri introiti finanziari derivanti da eventi di riparto nell’arco del periodo prestabilito.

Un aspetto rilevante da tenere presente al momento di disciplinare in statuto la categoria delle partecipazioni auto estinguibili è dato dalle conseguenze che l’autoestinzione potrebbe avere sul capitale della società. Per evitare infatti di dovere ridurre il capitale, con conseguente attesa del decorso del termine di novanta giorni attribuito ai creditori per l’opposizione alla riduzione, è opportuno, per le società per azioni, prevedere che le azioni siano prive di valore nominale espresso e, per le società a responsabilità limitata, o suddividere il capitale in un numero predeterminato di partecipazioni standardizzate di uguale misura e senza indicazione del valore nominale espresso (esattamente come le S.p.A.) oppure non vincolare il valore delle partecipazioni dei soci al valore nominale. In tal modo, al verificarsi dell’estinzione delle partecipazioni, il capitale rimane invariato, con conseguente accrescimento della percentuale di partecipazione dei soci rimanenti.
Nel caso in cui vi sia comunque l’esigenza di attribuire alle partecipazioni un valore nominale espresso, per evitare di ridurre il capitale è bene prevedere già in statuto l’incremento automatico del valore nominale delle azioni o delle quote al verificarsi dell’annullamento delle partecipazioni auto estinguibili.
Quelli sopra riportati sono solo alcuni esempi di previsioni statutarie su misura di cui, con l’ausilio del notaio e degli altri professionisti coinvolti, le società e i propri investitori possono beneficiare nell’ambito di operazioni di equity crowdfunding, con particolare riferimento al settore immobiliare. 



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