Almasri: da difesa Buscetta a vittime Cutro, chi è l’avvocato che ha denunciato Meloni – Approfondimenti

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Crotonese, 78 anni, Luigi Li Gotti, l’avvocato che ha denunciato la premier Giorgia Meloni per il caso Almasri, è noto per essere stato il difensore di alcuni dei principali pentiti italiani di mafia, tra cui Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno, Giovanni Brusca, Francesco Marino Mannoia e Gaspare Mutolo.

Sono molti i processi di primo piano da lui seguiti negli anni. Avvocato di parte civile nel processo per la strage di Piazza Fontana, Li Gotti ha anche assistito i familiari di due uomini della scorta di Aldo Moro, il maresciallo Oreste Leonardi e l’appuntato Domenico Ricci, assassinati dalle Br nella strage di via Fani del 16 marzo 1978. Ha inoltre rappresentato la famiglia del commissario Luigi Calabresi in un lungo iter processuale. Il legale ha partecipato anche al processo per i fatti della Diaz a Genova e ai processi di strage di Capaci, via D’Amelio e degli Uffizi. Più recentemente, ha assistito i familiari delle vittime del naufragio di Cutro, in Calabria.

 

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Li Gotti ha ricoperto anche diversi incarichi politici. Dopo una militanza a destra che lo ha portato negli anni ’70 in consiglio comunale a Crotone, nel 2002 è entrato nell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, assumendo l’incarico di responsabile del Dipartimento Giustizia. Dal 18 maggio del 2006 alla caduta del secondo governo Prodi è stato sottosegretario alla Giustizia. Alle elezioni politiche del 2008 è stato eletto senatore nelle file dell’Italia dei Valori in Emilia-Romagna.

“Adesso su questa vicenda mi aspetto chiarezza, quello che non c’è stato finora. Nel mio esposto ho ipotizzato i reati di favoreggiamento e peculato, ma ora sarà la magistratura a indagare e fare accertamenti”. Lo afferma all’Adnkronos l’avvocato Luigi Li Gotti, che in relazione al caso Almasri ha presentato l’esposto alla procura di Roma che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati della premier Giorgia Meloni, dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano.

“L’iscrizione è un atto dovuto per legge, la procura non ha potuto iscrivere contro ignoti perché la denuncia è nominativa, ma è un atto consequenziale, scontato”, aggiunge Li Gotti.

 

 

“Con le sue parole che tirano in ballo più che a sproposito il presidente Romano Prodi, la premier Meloni conferma due cose: di non conoscere l’abc del rispetto istituzionale e di avere evidentemente maturato una strana ossessione nei confronti di Prodi”. Così Sandra Zampa del Pd.

“Bastano due dati a smentirla: la carriera politica di Li Gotti è cominciata con il Movimento sociale italiano ed è proseguita in Alleanza nazionale. Li Gotti ha certamente frequentato per un tempo assai più lungo ambienti vicini a Meloni che al centro sinistra. Ha poi aderito ad Italia dei valori e dal segretario di quel partito è stato indicato come sottosegretario del secondo governo Prodi. Ma tra Li Gotti e Romano Prodi non vi è stata nessuna amicizia o conoscenza particolare, tanto è vero che non hanno più avuto rapporti dal 2008. Anche stavolta Meloni, con le sue ossessioni, ha sbagliato bersaglio”.

 

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Dopo la bufera politica in parlamento il caso della scarcerazione e del rimpatrio del capo della polizia giudiziaria libica Njeem Osama Elmasry (Almasri) approda anche nelle aule giudiziarie. E’ la presidente del consiglio Giorgia Meloni a dare notizia di un avviso di garanzia nei confronti suoi, del sottosegretario Alfredo Mantovano, dei ministri della Giustizia Carlo Nordio e Matteo Piantedosi dopo la denuncia sulla presentata alla procura capitolina dall’avvocato Luigi Li Gotti. Una nuova tappa della complicata vicenda iniziata il 19 gennaio scorso quando Almasri viene arrestato dalla polizia a Torino, in base a una segnalazione dell’Interpol, in esecuzione di un mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale dell’Aja.

Il libico viene fermato in un albergo del capoluogo piemontese dove si trovava per assistere alla partita della Juventus. Due giorni dopo il ministro della Giustizia Carlo Nordio fa sapere che “è pervenuta la richiesta della Corte penale internazionale di arresto” e che, “considerato il complesso carteggio”, sta “valutando la trasmissione formale della richiesta della Cpi al procuratore generale di Roma”. Solo poche ore dopo arriva la notizia della scarcerazione, per un errore procedurale, disposta nei confronti dell’uomo, espulso su provvedimento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e riportato dall’Italia in Libia con un volo di Stato.

Scoppia la bufera politica. Se Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, bolla la liberazione come “scandalosa”, le opposizioni chiedono conto al governo. E in seguito, nel corso di una conferenza stampa di tutte le forze di opposizione la segretaria del Pd, Elly Schlein, il capogruppo M5S, Riccardo Ricciardi, i leader di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, Riccardo Magi di più Europa, Matteo Richetti di Azione e Maria Elena Boschi di Iv chiedono alla premier Giorgia Meloni di riferire in aula.

Intanto interviene la Corte penale internazionale e fa sapere che “senza preavviso o consultazione con la Corte, Alamsri è stato rilasciato e riportato in Libia”. “La Corte sta cercando, e non ha ancora ottenuto, una verifica da parte delle autorità sui passi che sono stati compiuti”, sottolinea in una nota nella quale si ricorda “il dovere di tutti gli Stati parte di cooperare pienamente con la Cpi nelle sue indagini e azioni penali”.

E’ il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rispondendo il 23 gennaio al question time al Senato, a fornire le prime spiegazioni sul caso: “Il 21 gennaio, la Corte d’Appello di Roma, nell’ambito delle prerogative di vaglio dei provvedimenti di limitazione della libertà personale, ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’arresto del cittadino libico, valutato come irrituale in quanto non previsto dalla legge, disponendone l’immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa”.

Almasri è stato poi ”rilasciato” nella serata del 21 gennaio per ”poi essere rimpatriato a Tripoli, per ragioni di urgenza e sicurezza, vista la pericolosità del soggetto”, afferma Piantedosi. Ma la versione del titolare del Viminale non basta alle opposizioni che insistono perché sia la premier Giorgia Meloni in persona a riferire.

La presidente del consiglio, sabato scorso durante un punto stampa a Gedda, interviene sul caso sottolineando: “E’ stato liberato sulla disposizione della Corte d’Appello di Roma, non sulla disposizione del governo: quindi non è una scelta del governo”. E a proposito del volo di Stato che ha riportato Almasri in Libia “segnalo che non è un’innovazione. In moltissimi casi di detenuti da rimpatriare, soggetti pericolosi, non si usano voli di linea anche per la sicurezza di chi viaggia sui voli di linea: è una prassi consolidata e non inventata da questo governo, utilizzata anche dai governi precedenti sui quali non è mai stato posto un problema”, puntualizza la premier.

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Parole a cui replica a stretto giro l’Associazione nazionale magistrati precisando che “Almasri è stato liberato lo scorso 21 gennaio per inerzia del ministro della Giustizia che avrebbe potuto – perché notiziato dalla polizia giudiziaria il 19 gennaio e dalla Corte d’appello di Roma il 20 gennaio – e dovuto, per rispetto degli obblighi internazionali, chiederne la custodia cautelare in vista della consegna alla Corte penale internazionale che aveva spiccato, nei suoi confronti, mandato di cattura per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mitiga (Libia)”.

Dopo il pressing dei gruppi parlamentari, è prevista per domani, alle 16.15 alla Camera e alle 18.15 al Senato, l’informativa congiunta di Matteo Piantedosi e di Carlo Nordio sulla vicenda. Informativa in un clima che si preannuncia rovente dopo la notizia degli avvisi di garanzia.

 

 



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