Dalla ruspa del 2019 al bando per il cohousing appena pubblicato dal Comune: lo sgombero del centro sociale, i costi e i tempi lievitati, gli alloggi diminuiti e gli spazi aperti al territorio spariti, le parole della politica e la rabbia di chi ancora oggi porta “Xm24 nel cuore”.
28 Gennaio 2025 – 16:04
Pochi giorni fa il Comune di Bologna ha pubblicato l’avviso per l’assegnazione degli appartamenti in cohousing ricavati nella struttura di via Fioravanti che per anni, fino allo sgombero avvenuto nel 2019, era stata la sede del centro sociale Xm24. Proprio il progetto di “abitare collaborativo” rappresentò la motivazione con cui l’amministrazione a guida Pd, proprietaria dell’immobile, in ultima battuta spinse sull’acceleratore della necessità di rientrare in possesso dello stabile. Cinque anni e mezzo dopo, non proprio un lampo, il progetto è oggi in dirittura di arrivo ed è stato pubblicamente presentato insieme al bando dalla vicesindaca con delega alla Casa, Emily Clancy. “Diciamo che il 2025 è davvero l’anno in cui vediamo già i primi risultati importanti del Piano per l’abitare”, ha dichiarato Clancy, affermando in un’altra occasione che “abbiamo trasformato un magazzino mercatale tutelato dalla Sovrintendenza in appartamenti per uso residenziale”. E sul capitolo Xm24: “Credo che per chi ha vissuto, animato e frequentato l’Xm24 quel capitolo è finito con lo sgombero di quell’esperienza, che è stata ricca e importante per la città. Pensando però al genius loci”, ha detto la vicesindaca, “se in un spazio che ha prodotto tanto c’è oggi una risorsa abitativa, che darà un’opportunità a una città che vive una crisi abitativa, questo sicuramente è un futuro migliore di altre ipotesi che ci sarebbero potute essere. Ma non metterei in correlazione le due cose: sono due esperienze molto diverse, storie e momenti diversi della città”. Momenti diversi, molto diversi. Tanto che nel 2019 la stessa Clancy, all’epoca consigliera comunale di opposizione per Coalizione civica, esprimendo contrarietà al paventato sgombero, diceva: “Il cohousing è una scusa per coprire una volontà politica. Quella manciata di appartamenti si poteva fare da un’altra parte”.
Era il 22 luglio e quel giorno a Palazzo D’Accursio si approvavano due delibere, cioè una variazione di bilancio e il contestuale adeguamento al Piano dei lavori pubblici, necessarie a dare il via libera all’intervento abitativo in via Fioravanti 24 e quindi, di fatto, allo sgombero. “Il tempo sta finendo perché abbiamo in progetto di realizzare lì un cohousing”, aveva dichiarato poche settimane prima l’allora sindaco dem Virginio Merola. Lo stesso Merola per il quale era il tema delle migliaia di alloggi sfitti in città, recentemente messo nero su bianco perfino da un’indagine svolta dall’attuale amministrazione, era “solo un mito”. Ma del resto quella del cohousing era solo l’ultima, in ordine di tempo, delle motivazioni snocciolate dall’amministrazione per sgomberare il centro sociale: prima c’era stata la Casa della cultura, prima ancora una sede per associazioni e in origine perfino la spettacolare idea, sempre targata Merola, di una caserma dei Carabinieri.
La lunga e partecipatissima mobilitazione che nacque in città per difendere Xm24, purtroppo, non bastò a evitare lo sgombero che sarebbe poi arrivato il 6 agosto di quello stesso anno. La democratica amministrazione bolognese pensò bene, per non farsi mancare niente, di lanciare contro le mura del centro sociale anche una ruspa, in perfetto stile Salvini. Fu una giornata di resistenza e di infinite trattative, che portarono a un accordo tra le/gli attiviste/i e l’attuale sindaco Matteo Lepore, ai tempi assessore alla Cultura, per la successiva assegnazione di un nuovo spazio. Quella prospettiva non si concretizzò e dall’esperienza di Xm24 fiorirono diverse occupazioni, a cominciare dall’ex caserma Sani, puntualmente sgomberate. E’ un pezzo della storia dei movimenti di questa città e quello lasciato dall’Xm24 è un vuoto che tuttora impoverisce il panorama sociale, politico e culturale di Bologna.
E il cohousing? Nel 2019 il Comune aveva annunciato 13 alloggi privati e due per ospitalità temporanea, per un totale di 43 persone potenzialmente inseribili all’interno dell’immobile, più locali e spazi esterni di uso collettivo e altri locali “aperti al territorio”. Furono stanziati due milioni di euro e si parlò di lavori, affidati ad Acer, rapidissimi: “Potremmo addirittura chiudere entro la fine del 2021”, dichiarò a fine 2019 l’allora vicepresidente dell’azienda casa, Marco Bertuzzi, oggi diventato presidente (succedendo ad Alessandro Alberani, quello che aveva mandato la ruspa: Lepore aveva pure criticato quella mossa salvo poi, da sindaco, affidare allo stesso Alberani l’ennesimo incarico stavolta all’Interporto; ma questa è un’altra storia, a tratti mistica).
In realtà dalla fine del 2021 ne è passata di acqua sotto i ponti e il bando per l’assegnazione degli alloggi è stato pubblicato solo pochi giorni fa, a cinque anni e mezzo dallo sgombero dell’Xm24. I milioni spesi, invece, sono saliti a cinque. In compenso, si fa per dire, sono diminuiti gli appartamenti (dieci per il cohousing e uno riservato all’Erp) e le persone che potranno abitarci (33), così come non c’è più traccia dei locali “aperti al territorio”.
L’avviso è rivolto a persone singole o a nuclei familiari, fino a quattro componenti, intenzionati a “fare parte di una comunità attiva sui temi della transizione ecologica giusta, dell’autoconsumo energetico e della sostenibilità ambientale”. Si aggiunge uno spazio comune su due livelli di circa 135 metri quadrati e un piano interrato con cantine e ulteriori locali in condivisione, con lavanderia e depositi. Due alloggi sono riservati a persone con ridotta o impedita capacità motoria o a persone con più di 70 anni. Le abitazioni verranno affittate a canone concordato, con un costo medio mensile di circa 420 euro (oltre ai costi di conduzione). Il Comune metterà a disposizione per ogni nucleo un prestito senza interessi di 3.000 euro per le prime spese di arredo e generali. Per partecipare al bando serve un Isee compreso tra 9.360 e 35.000 euro ma, oltre ad altri criteri economici e anagrafici, i candidati dovranno anche dimostrare di avere alcune “caratteristiche di affinità” al progetto: trascorsi di volontariato-attivismo o di lavoro in campo ambientale o sociale oppure esperienze pregresse in condomini solidali o cohousing. Per partecipare all’avviso c’è tempo fino al 3 marzo. A seguire sarà selezionato un primo gruppo di 21 nuclei, che verranno coinvolti in un percorso partecipativo e di formazione che, tramite incontri e laboratori che si concluderanno entro luglio, porterà all’assegnazione dei dieci alloggi.
Come detto, però, per arrivare a questo punto ci sono voluti molti più anni e, man mano, molti più milioni rispetto a quanto annunciato. “La Sovrintendenza ha autorizzato i lavori di ristrutturazione a fine novembre 2020, eravamo in piena emergenza Covid e i lavori nella fase iniziale sono andati davvero molto a rilento“, ha affermato Clancy, aggiungendo che poi sono arrivati ovunque “i grandi rialzi dei costi delle materie prime e dei servizi per l’edilizia”. Il quadro economico dell’intervento “è stato così rivisto al rialzo e si è attestato definitivamente a 4,9 milioni. Un costo veramente molto rilevante”, ha detto la vicesindaca, aggiungendo sui tempi che “sicuramente quattro anni sono molti”. Però, ha proseguito Clancy, “invito a considerare il contesto: abbiamo trasformato un magazzino mercatale tutelato dalla Sovrintendenza in appartamenti per uso residenziale, che raggiungono la qualifica energetica NZeb, in uno dei momenti economici peggiori della storia recente”. Sarà. Ma resta un forte dubbio: non è che tempi e costi sono esplosi anche perchè il Comune ha voluto ricavare alloggi in uno stabile di tutt’altra natura e per di più tramite lavori che inevitabilmente hanno dovuto rispettare i vincoli legati alla tutela?
Il progetto di abitare collaborativo in Bolognina, comunque, ora è quasi pronto e seguirà il percorso aperto in città dal cohousing Porto 15, attivo già da anni: quell’esperienza “è andata bene ed è stata anche utile per darci alcune regole di assestamento e capire come tararci”, ha dichiarato Clancy. Vale la pena ricordare, però, che la comunità di Porto 15 già a fine 2018 si era espressa contro lo sgombero di Xm24 prendendo le distanze dall’uso del cohousing per giustificare quella prospettiva: “Crediamo fermamente nell’importanza di proseguire la strada indicata dal nostro progetto, anche a parziale risposta alla richiesta di politiche abitative urbane, ma pensiamo che questo non debba avvenire a discapito delle poche realtà autogestite che fanno bella la nostra città. Giusto adiacente a Porto 15 c’è un immobile di proprietà Asp in stato di decadenza e abbandono e a noi piacerebbe molto avere delle giovani coppie come vicini di casa. La nostra esperienza non può essere utilizzata per giustificare manovre politiche e l’idea che Porto15 sia replicato sulle macerie di un posto che ha dato luce alle più belle esperienze di socialità della città ci disgusta. Per rispetto dello spirito di questo progetto crediamo di non dover essere mai associati alla parola sgombero, di Xm come di nessun’altra realtà autogestita, in questa città o altrove. La nostra esperienza non è compatibile con la messa in concorrenza del diritto alla casa con quello alla cultura, né con la distruzione degli spazi sociali realmente inclusivi che esistono a Bologna, anzi ambisce ad essere esempio di welfare trasversale e a potenziare tutto questo assieme”.
Proprio oggi, intanto, il progetto di via Fioravanti e il relativo bando saranno presentati in un incontro pubblico organizzato dal Comune alla Casa di quartiere Katia Bertasi, con la partecipazione della vicesindaca Clancy. Contestualmente è stato annunciato un presidio di protesta, così motivato: “Il cohousing è ancora una cagata pazzesca. A più di cinque anni dallo sgombero di Xm24, mentre le diseguaglianze dilaniano la Bolognina e il turismo del food devasta la città, l’amministrazione comunale si appresta a presentare la sbandierata panacea di tutti mali del quartiere: un mirabolante cohousing da ben 11 alloggi, luogo dove costruire una comunità solidale e forte che parli di transizione giusta. Una comunità che, a detta dell’allora Immaginifico assessore e oggi sindaco Lepore, poteva essere costruita solo ricorrendo alle ruspe con cui hanno sgomberato i quasi 20 anni di autogestione dello Spazio Pubblico Autogestito Xm24, per rinsaldare il vecchio con il nuovo, distruggendo per normalizzare. Una comunità di 33, dotata di 33 lavanderie e spazi comuni, che sostituisce e nelle loro speranze dovrebbe far dimenticare, le decine di collettivi, laboratori e iniziative gratuite frequentate da migliaia di persone e sgomberate dalla celere e dai carabinieri all’alba del 6 agosto 2019 sotto gli occhi della vicesindaca Clancy, allora solidale a parole. Una comunità di serie A, di persone e lavanderie selezionate per i loro meriti attivistici, meritevole di un investimento di più di cinque milioni di euro mentre la stessa amministrazione strozza l’associazionismo ospite nelle proprietà comunali e Acer abbandona e svende il proprio patrimonio a fronte dell’emergenza abitativa. Noi non ci dimentichiamo che l’enorme e spontanea, favolosa, indomita, imprevedibile, solidale comunità che faceva vivere in Xm24 i principi dell’antifascismo, antirazzismo e antisessismo vive e resiste oggi in quartiere e in città. Per questo ci ritroveremo martedì alle 17 sotto la tettoia Nervi ancora una volta a svelare la politica autoritaria e ipocrita di un’amministrazione che ingegnerizzando lavanderie e comunità vuole addomesticare la partecipazione. Con Xm24 nel cuore, contro il Nulla che avanza!”.
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