Porto Vecchio, quali idee per centrare l’obiettivo? Il ruolo chiave dell’Università

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28.01.2025 – 07.01 – Il futuro del Porto Vecchio passa attraverso la sfida demografica. E onde affrontarla una soluzione potrebbe essere incentivare l’Università di Trieste e il suo (in crescita) bacino di giovani studenti. In altre parole potrebbero essere gli studenti universitari il catalizzatore della trasformazione in Porto Vecchio. È quanto emerso, in sintesi, da un convegno dell’associazione Luoghi Comuni, intitolato ‘Porto Vecchio, idee per centrare l’obiettivo‘, tenutosi lunedì 27 gennaio, nella cornice della Piccola Fenice. Ampia e vivace la presentazione, a fronte di un altrettanto ampio numero di relatori, divisi tra la tecnica e la politica, quest’ultima rappresentata in special modo dalla Regione e dal Comune.
La prima parte, intitolata ‘Il ruolo di indirizzo dell’ente pubblico nel project financing‘, è stata introdotta dal dott. Walter Toniati, in passato dirigente pubblico, il quale ha analizzato con piglio di giurista sfide e pericoli del partenariato pubblico e privato.
La finanza di progetto “vede un intervento privato maggioritario rispetto alla parte pubblica che deve invece fissare gli obiettivi e verificarne il conseguimento” ha spiegato Toniati. “Gioca un ruolo fondamentale il negoziatore col privato che mira a raggiungere il valore contendibile, cioè la zona intermedia, al di sotto della quale la parte pubblica perde profitto”.

Moderati dal consigliere regionale Roberto Cosolini si sono poi alternati ai microfoni l’assessore al Project Financing Everest Bertoli e la vice Presidente del Consiglio Comunale Laura Famulari. Bertoli ha sottolineato più volte che il Comune “ha fissato limiti precisi al privato”. Soprattutto “tra le clausole del contratto sono previste tempistiche certe”, anzi “se il programma non verrà rispettato, il patrimonio immobiliare non verrà trasferito dal Comune al privato”. Inoltre “il Comune avrebbe potuto limitarsi ad un’asta dei 27 magazzini, ma si è preferito adottare un mix di interventi onde portare quello che manca a Trieste” ovvero “una grande spa, case studenti, istituzioni scientifiche come l’OGS e hotel di qualità”.
Famulari ha invece ricordato come sia fondamentale “valorizzare gli edifici in chiave culturale e scientifica”, specie considerando che “un confronto non c’è stato”. Infatti “il target è trasversale, occorre dare voce, restituire a tutta la città un’esigenza che si ente forte verso questo luogo”.
“Spero che dalla gara del Porto Vecchio vi sia una possibilità di far conoscere a urbi et orbi questa chance, a livello internazionale” ha concluso Famulari.

“Alcuni nodi da sciogliere” s’intitolava invece la seconda parte; e il nodo gordiano forse più intricato è quello immobiliare, strettamente correlato a una popolazione in calo.
Alessio Fornasin, Docente di Demografia all’Università di Udine, ha evidenziato come il precoce invecchiamento della popolazione triestina, in anticipo a confronto con altre città italiane, la pone ora in vantaggio. Guardando al futuro tra vent’anni, nel 2043, il calo demografico sarà “pesante per il paese, forte per il Friuli Venezia Giulia, ma contenuto per Trieste”. Infatti a Trieste “la popolazione rimarrà stabile, ma con un indice di vecchiaia più alto”. In questo contesto “le migrazioni sono un fenomeno aleatorio”, sebbene “Trieste in FVG abbia una percentuale di migranti più bassa di Udine e Pordenone”. E se in Italia “ogni 100 stranieri 50 chiedono e ottengono la cittadinanza, solo 25 la chiedono a Trieste”, pertanto “c’è qui una maggiore fluidità, un maggiore movimento”.

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Michele Balbi, imprenditore e Equity Partner di Ernst & Young, ha recuperato il tema del ri uso del Porto Vecchio, osservando che potrebbe essere “uno sfogo per attirare aziende a cui serve una sede consona”. Inoltre “serve creare un ecosistema che attiri i giovani talenti, fornendo spazi per gli uffici”. Però serve “un ecosistema che sia veloce, divertente, disponibile; un’infrastruttura in grado di accogliere questi giovani talenti, questi migranti digitali”. Un ambiente, in definitiva, innovativo.

Antonio De Paolo, imprenditore immobiliare, si è dichiarato convinto che nel Porto debba esserci una componente residenziale: “L’Università giocherà un ruolo fondamentale nel successo o meno del mix”. Dopotutto “Le università che funzionano hanno sempre un Campus di successo che consente ai ventenni di staccarsi da casa”. De Paolo ha anche rivolto un appello a Bertoli affinché la diga “venga inserita nel pacchetto del Porto Vecchio, affidata al privato”. Tuttavia si trascura, in questo caso, come la diga foranea del Porto Vecchio sia una struttura frangiflutti fondamentale per la sicurezza portuale, oltre ad essere il primo bastione in caso di violenti mareggiate. Difficile pensare di costruirvi qualcosa al di fuori di uno stabilimento balneare, come già avvenuto in passato.

La terza parte ha voluto offrire spazio al mondo accademico e in generale dell’istruzione, con un intervento del Rettore dell’Università di Trieste Roberto Di Lenarda.
Citando gli ultimi dati Di Lenarda ha ricordato che l’Università cresce “5 volte più della media delle Università italiane, con un +33%”; gli studenti inoltre “provengono per il 45% fuori Regione”. Eppure, dopo essersi laureati, “si fermano in misura minima sul nostro territorio”. Occorre allora essere “attrattivi verso persone ad alto valore aggiunto, offrendo prezzi accessibili per gli affitti, in un mercato immobiliare stravolto; e lavorando sul tema salariale”.
L’Università “vorrebbe portare nel Porto Vecchio la marina, la tecnologia legata al mare”; e inoltre “inserire un Digital Innovation Hub, con attività di ricerca e formazione legate all’intelligenza artificiale”.
Infatti “2mila-3mila studenti potrebbero essere la trasformazione decisiva, ma mancano le energie di attivazione”.

È infine spettato a un dialogo a tre, tra il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, Roberto Cosolini e Fabrizio Brancoli, vice Direttore del Gruppo NEM con delega a Il Piccolo, il compito di ‘tirare le somme’ del convegno. Brancoli, quale moderatore, ha riflettuto su come il Porto Vecchio esprima “un futuro vicino, ma nel contempo distante”. Fedriga ha enfatizzato “la visione della Silicon Valley“, ovvero di un Porto Vecchio “con capacità di confronto e dialogo in aree comuni”, favorendo l’incontro (anche sociale) tra professioni diverse, ma affini. L’esempio classico è il ricercatore che incontra un investitore o un giovane a capo di una start up. Inoltre “Il Porto Vecchio onde essere attrattivo dev’essere legato ai big player, specie per le start up”. Un esempio? Fincantieri.
Cosolini ha invece ricordato che “il privato ha tutto gli strumento professionali onde entrare in Porto”; pertanto “servono iniezioni di professionalità nel pubblico”, all’insegna “di un difficile equilibrio”.

[z.s.]





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