«L’Italia un ponte con Washington»

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BRUXELLES «Dobbiamo parlare anche noi la lingua transattiva degli Stati Uniti». Ma per farlo «l’Europa deve essere unita, perché è chiaro che siamo più forti quando siamo uniti, sostenendoci l’un l’altro davanti alle difficoltà». Kaja Kallas, l’Alta rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha sintetizzato così la discussione che ieri – tra il rinnovo delle sanzioni contro la Russia e la sospensione di alcune di quelle contro la Siria – ha tenuto impegnati i ministri degli Esteri dei 27 Stati Ue.

IL VERTICE

Riuniti per la prima volta a Bruxelles da quanto Donald Trump ha prestato giuramento ed è tornato alla Casa Bianca con un sfilza di minacce e ultimatum che hanno messo nel mirino l’Europa. Lo storico alleato transatlantico è finito sulla graticola: dalla tagliola dei dazi commerciali fino al 20% all’invito alle imprese a stabilirsi oltreoceano pena ritorsioni, fino alle rivendicazioni territoriali sulla Groenlandia, che seppur con uno status indipendente appartiene al Regno di Danimarca. La prima presidenza Trump ha creato una discreta dose di anticorpi a Bruxelles, ma la prudenza rimane altissima, così come il tentativo di non drammatizzare troppo: «Un ministro ci ha invitato a non prendere alla lettera, parola per parola, ciò che dice Trump», ha riferito Kallas. Chi ha mostrato di non temere un ciclone sulle relazioni tra Ue e Usa è stato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, l’unico tra i capi della diplomazia dei grandi Paesi europei ad aver già avuto una telefonata con l’omologo americano Marco Rubio, stando all’agenda del dipartimento di Stato Usa, al pari dei colleghi del fronte nord-orientale (cioè Polonia, Lettonia, Lituania, Danimarca e Ungheria). «È fondamentale che l’Ue consideri gli Usa come il suo alleato principale indipendentemente da sia chi il presidente», ha affermato Tajani a margine dell’incontro brussellese, offrendo agli altri ministri i buoni uffici di Roma nel dialogo «costruttivo» con Washington: «L’Italia può svolgere un ruolo molto positivo, può essere un primo ponte tra Unione europea e Stati Uniti, «come fece Silvio Berlusconi con George W. Bush». Il recente passato dimostra che «nei confronti dell’Italia l’amministrazione Trump non ha avuto un atteggiamento aggressivo», e «se il buongiorno si vede dal mattino, credo che siano margini per un buon dialogo con gli Stati Uniti». Rubio, «benché non sia il titolare del dossier dei dazi, è senz’altro una voce influente» nella nuova amministrazione repubblicana, un interlocutore di riferimento – ha affermato Tajani -, con cui tornare a discutere: «Le guerre commerciali non convengono a nessuno, portano danni a tutti, in modo particolare a un Paese come il nostro il cui export vale circa il 40% del Pil». La strategia suggerita ai partner Ue è parlare con una «voce comune, con l’obiettivo di trovare un accordo»: «Di fronte ad una pressione americana dobbiamo reagire con un sussulto di orgoglio. Servono meno burocrazia e più azione». E anche qualche nuovo volto tra gli alleati. Ad esempio in Germania, dove una possibile vittoria del leader cristiano-democratico Friedrich Merz nel voto anticipato del 23 febbraio, per Tajani porterebbe «un cambiamento di linea sulle politiche climatiche, sulla burocrazia. E un atteggiamento più pragmatico simile a quello dell’Italia». Prevale la carta del negoziato, insomma, ma senza sottovalutare «la nostra forza, l’Ue è una potenza economica», ha avvertito a fine giornata Kaja Kallas, tergiversando in conferenza stampa su una domanda quanto alla reazione europea rispetto alle mire espansionistiche di Trump verso la Groenlandia, tema finito sul tavolo del Consiglio Affari esteri dopo la telefonata di fuoco tra il tycoon e la premier danese Mette Frederiksen. In un’intervista con la Welt am Sonntag, Robert Brieger, capo del comitato militare dell’Ue – organo che riunisce i capi di Stato maggiore della Difesa -, aveva ipotizzato una presenza di soldati Ue sull’isola, dove al momento sono stazionate solo forze statunitensi. La mossa «manderebbe un segnale forte» e «contribuirebbe alla stabilità nella regione».

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